La vita del generale De Gaulle, seconda parte: la questione siriana e l'operazione Torch degli Alleati in Nord Africa

di Gianluca Turconi

Dopo l'armistizio della Francia con la Germania nella seconda guerra mondiale, Charles De Gaulle dovette affrontare le difficoltà di riorganizzare le forze militari della Francia Libera e i rapporti complicati, a volte sfociati nello scontro armato, con i molti territori d'oltremare francesi, non occupati direttamente dalle truppe tedesche.

Il maresciallo Leclerc durante la Seconda Guerra Mondiale, immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Rama

All'estrema sinistra nell'immagine, Philippe François Marie, conte di Hauteclocque, meglio conosciuto col suo pseudonimo di guerra, maresciallo Jacques-Philippe Leclerc, a colloquio con alcuni soldati. Le truppe della Francia Libera furono piene di uomini dalla grande personalità e coraggio come Leclerc e condussero durante la guerra diverse operazioni di commandos davvero eccezionali, ma nel quadro d'insieme del conflitto ebbero un peso poco rilevante.

Dal fallito intervento a Dakar fino ai primi giorni del 1941, le truppe della Francia Libera furono limitate a sparuti commandos agli ordini di Leclerc, Ornano, Legentilhomme e altri. Autonomamente avevano avuto successo solo in raid isolati contro il Sahara italiano, penetrandovi attraverso il Ciad, e in azioni di guerriglia in Eritrea, oltre al lavoro di scorta dei convogli nell'Atlantico, dove la situazione critica degli Alleati richiedeva ogni uomo abile disponibile. In buona sostanza, l'apporto dei Francesi nella guerra non poteva dirsi superiore a quello di altre nazioni occupate quali l'Olanda, la Norvegia o la Polonia. Anzi, le imprese degli aviatori polacchi durante la battaglia d'Inghilterra avevano assunto il tono della leggenda, mettendo in secondo piano le altre nazioni cobelligeranti.

Se si fosse mantenuto tale status quo era probabile, se non certo, che De Gaulle non avrebbe conservato alcuna possibilità di esercitare un ruolo di primo piano nella Francia del dopoguerra. L'occasione della rivincita si presentò nel 1941, con l'intervento inglese nel mandato francese della Siria e del Libano. La colonia, ufficialmente appartenente alla Repubblica di Vichy che si aggrappava tenacemente al suo stato di paese non intervenuto nella guerra, era stata utilizzata come strada di passaggio dai Tedeschi per rifornire i ribelli dell'Iraq. I Britannici, una volta schiacciata la ribellione armata di Rashid Ali, dovevano risolvere anche la presenza di quella spina nel fianco costituita appunto dai territori siro-libanesi.

L'inevitabilità dell'invasione era lapalissiana, si doveva prendere possesso di quelle terre per non correre rischi con il petrolio iracheno, di vitale importanza per la campagna di Libia e per la guerra in generale. Un nuovo attacco inglese contro territori francesi non poteva che inasprire i già tesi rapporti con Vichy e con la Francia tutta. Andando contro i consigli degli uomini a lui più vicini, De Gaulle si adoperò per mandare un corpo di spedizione della Francia Libera al fianco delle truppe britanniche. Ciò fu fatto anche per guadagnarsi una legittimazione politica che ancora il governo inglese gli rifiutava. A Londra, seppure lo si trattava come rappresentante della Francia, non si riconosceva il suo establishment come il governo in esilio della nazione transalpina, ritenendo che si dovesse fare riferimento ancora a Vichy. Nacque così anche una guerra civile francese: i seguaci di De Gaulle contro quelli di Petain, la Francia Libera contro la Francia di Vichy. Sul piano logistico l'apporto francese di uomini alla missione in Siria fu molto contenuto, nell'ordine di 5000-6000, caricando l'intero peso dell'attacco sulle spalle britanniche. Non si poteva sperare di agire con un'azione di persuasione come si era già tentato di fare a Dakar, visti i risultati. Si doveva usare la forza ed era chiaro che le truppe di Vichy, al cui comando si trovava il generale Dentz, non avrebbero opposto una resistenza puramente simbolica. E così fu. Solo la superiorità numerica dei Britannici e il blocco navale dei rifornimenti dalla madrepatria permise di avere ragione della resistenza.

Ancora più significativa fu la crudeltà degli scontri tra Francesi, sempre all'ultimo sangue. Cessate le ostilità, De Gaulle sperava di aumentare il suo seguito facendo proseliti tra le truppe sconfitte, senza aver fatto i conti con l'amor patrio dei propri connazionali. Solo il 15% dei prigionieri si avvalse, attraverso l'istituto della libera opzione posto in essere dai Britannici, della facoltà di aderire alla Francia Libera. Il resto ritornò come prigioniero di guerra alle proprie case, ritenendo che almeno per il momento fosse preferibile una pace sotto il controllo tedesco piuttosto che una guerra gollista.

Un nuovo capitolo dello scontro fratricida si ebbe con l'operazione "Torch", lo sbarco anglo-americano nel Nord Africa. L'entrata in guerra degli Stati Uniti non portò giovamento alcuno a De Gaulle, in quanto il presidente Roosvelt diffidava ancora di quel generale ribelle. Passando sopra le diffidenze personali, rimaneva comunque da stabilire chi avrebbe preso il potere nelle colonie più importanti della Francia, data per scontata la vittoria alleata. De Gaulle veniva visto come portabandiera della libertà, ma solo nella Francia occupata, dove i suoi discorsi fatti attraverso Radio Londra infiammavano i cuori di chi doveva sopportare il nemico in casa. Nei territori d'oltremare i sentimenti erano opposti. Di De Gaulle si ricordavano solo le aggressioni contro Dakar e la Siria e null'altro. Perciò non si può certo dire che fosse una sorpresa la ricerca di un candidato alternativo al comando. Sorprendente fu invece il nome che fu scelto dagli Alleati per ricoprire quella carica: Henri Honorè Giraud. Generale di lungo corso, fu fatto prigioniero durante la disfatta del 1940 e dopo una rocambolesca fuga dalla Germania si era ritirato a vita privata. Si pensò fosse la figura adatta per guadagnare il favore dei rappresentanti ufficiali del governo in Africa del Nord.

Questa, almeno, era l'idea che circolava nell'ambito del Comando Generale Alleato. Si arrivò a ipotizzare di trasferire sotto il suo comando tre intere divisioni americane, in modo che le città che avessero aperto a esse le porte si arrendessero a forze comandate da un francese. Questo punto sarebbe stato frutto di innumerevoli incomprensioni ed equivoci che avrebbero portato addirittura a mettere in pericolo la riuscita dello sbarco.

Squadrone di Spitfire britannici spostati a Gibilterra per appoggiare l'invasione del Nord Africa francese, immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Gibmetal77

Squadrone di Spitfire britannici spostati a Gibilterra per appoggiare l'invasione del Nord Africa francese. La preponderanza di truppe anglo-americane nell'Operazione Torch avrebbe causato gravi problemi nelle relazioni con la Francia Libera e lo stesso De Gaulle.

Il giorno 7 Novembre 1942 era tutto pronto per procedere al dispiegamento dei 113.000 uomini radunati per la conquista in successione di Marocco, Algeria e Tunisia affinché si tagliasse la strada della ritirata a Rommel, già in difficoltà nella Libia italiana. Nel pomeriggio, Giraud arrivò a Gibilterra reclamando il comando supremo delle forze d'invasione, confondendo la sua parte piuttosto marginale con quella del protagonista. Le resistenze del generale americano Patton e dell'inglese Mack condussero alla rottura con Giraud che si chiamò fuori dall'operazione. Gli Alleati si trovarono senza l'uomo su cui avevano confidato per penetrare a fondo in Africa senza troppe difficoltà, ancora prima di toccare terra.

I Francesi resistettero fieramente all'invasione seguendo le direttive del Maresciallo Petain che sosteneva l'inviolabilità del suolo francese per chiunque, tedesco o americano che fosse.

Nello stesso tempo, a Londra, De Gaulle fu avvisato che era in atto lo sbarco. Tenuto all'oscuro delle operazioni dopo il primo giorno, molti si aspettarono che, a causa del suo carattere notoriamente poco accondiscendete, cadesse in una crisi d'ira. Al contrario, si assunse l'obbligo di informare i Francesi della madrepatria, attraverso un comunicato radio, che gli Americani si erano attivati per ricacciare Hitler in Germania e che gli Alleati non avrebbero sparato un colpo in più se fossero stati accolti in pace. Difficilmente l'appello avrebbe sortito effetto se non fosse entrato in gioco un terzo uomo: l'ammiraglio François Darlan. Fortuitamente presente ad Algeri al momento della presa della città da parte degli Americani, si convinse a dichiarare un cessate il fuoco "in nome del maresciallo Petain". Guardandosi bene dal riferire che il maresciallo in realtà era all'oscuro del suo ordine e che anzi una volta venutone a conoscenza lo avrebbe disconosciuto, la presa di potere da parte di Darlan creò una situazione a dir poco grottesca. La Francia finì divisa in quattro parti: i territori occupati dai Tedeschi sotto amministrazione diretta dei nazisti, il resto dello stato metropolitano sotto l'autorità di Vichy, l'Africa Equatoriale e la Siria che obbedivano a De Gaulle e infine Marocco e Algeria come prefettura d'oltremare agli ordini di Darlan.

Le ultime due fazioni citate, che a rigore di logica avrebbero dovuto essere dalla stessa parte, arrivarono ai ferri corti per la riorganizzazione dei territori appena liberati, un'inesauribile fonte di ricchezza per chiunque li avesse controllati. Si rischiò quasi lo scontro armato nel momento in cui avvenne l'omicidio di Darlan. L'esecutore materiale dell'assassinio fu tale Bonnier de la Chapelle, ventunenne, che non fu mai collegato ufficialmente ad alcun mandante. Si sospettò a lungo dello stesso De Gaulle, ma ben maggiore interesse ne ricavò sicuramente Giraud che con la morte di Darlan ritornò sulla scena, riprendendosi quel potere che aveva sdegnosamente rifiutato a Gibilterra, il giorno dello sbarco. Da un reato così truce come quello perpetrato ai danni dell'Ammiraglio emerse il turpe gioco che si stava svolgendo alle spalle della lotta pubblica. De Gaulle non nascose mai la sua ambizione personale, ma in nessun caso durante la Seconda Guerra Mondiale prepose i suoi interessi privati al bene della Francia o, al limite, operò affinché coincidessero.

La perdita di tutti i territori d'oltremare in Africa diede una scossa al governo di Vichy. Petain fu sul punto di lasciare la capitale per unirsi agli insorti d'Algeria. Una mossa così audace apparteneva sì al bagaglio emozionale del maresciallo che l'avrebbe pure messa in atto se avesse avuto trent'anni di meno e non si prospettasse un intervento diretto dell'esercito tedesco nella Repubblica di Vichy. La sua mancanza d'audacia lo costrinse a condividere il destino di quel governo che stava lentamente degenerando verso la piena criminalità, adeguandosi suo malgrado agli interessi nazisti. Il popolo vide per la prima volta quale fosse l'essenza di Petain: un ottuagenario che aveva reso enormi servizi alla sua patria, ma che oramai viveva fuori dalla realtà. La nazione cercò un nuovo leader in cui identificarsi e lo rintracciò nell'unica persona che dall'inizio aveva lottato contro l'ambiguità del collaborazionismo: Charles De Gaulle.

L'ammiraglio Darlan in abiti civili nel 1942, immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Oaktree b

L'ammiraglio Darlan in abiti civili nel 1942.

Le prime travolgenti vittorie alleate, dovute all'intervento in grande stile dell'esercito americano, stavano dissipando le nubi di tempesta che si erano addensate minacciose sull'Europa nel momento di massimo fulgore di Hitler. Ora la Wehrmacht languiva nelle steppe russe, bloccata al suolo dal terribile Generale Inverno. In Gran Bretagna già aveva avuto inizio il dispiegamento delle forze per il D-Day, lo sbarco in Normandia, e sia a Roosvelt sia a Churchill, il 1943 parve il momento migliore per organizzare una conferenza internazionale tra gli Alleati, nella quale mettere per iscritto le linee guida della guerra futura o almeno provarci.

Si dimostrò assai complicata la convocazione degli invitati.

Britannici e Americani procedettero per più di due settimane da soli, ma nel momento di rendere pubbliche le risoluzioni definitive, non poterono ignorare l'esistenza dell'alleato francese. Dopo la morte di Darlan, De Gaulle e Giraud avevano creato due distinti Comitati di Liberazione, uno ad Algeri e l'altro a Londra, che agivano autonomamente e spesso in contrasto tra loro. Un unico fronte francese con cui parlamentare era reputato di fondamentale importanza dagli Anglo-americani che ritennero giunto il momento di una conciliazione tra i due contendenti proprio durante la conferenza di Casablanca. Giraud accettò di buon grado l'invito, mentre De Gaulle rifiutò stizzosamente. Il generale ricordò a Churchill che il congresso delle nazioni si stava tenendo in territorio francese, ma con la protezione di soldati stranieri. Era un modo per nulla velato per rinfacciargli di essere stato tenuto all'oscuro dell'operazione Torch fino all'ultimo minuto.

Lo statista inglese, scarso di moderazione nel contrattare con il corrispettivo francese, minacciò di andarsi a cercare un nuovo interlocutore se non si fosse fatto vedere in Marocco. De Gaulle, vista messa in pericolo la sua posizione, si piegò all'invito più o meno cortese e sotto scorta della RAF giunse nella città marocchina negli ultimi giorni della conferenza. Forzato a intraprendere un viaggio di cui non voleva saperne, il generale restò fermo sulle sue posizioni. Rifiutò di firmare qualunque compromesso di sorta con Giraud e l'unica concessione che fece fu farsi fotografare insieme all'altro francese. Da parte sua, Giraud permise che un inviato del Comitato di Londra entrasse a pieno titolo come rappresentante nel Comitato di Algeri, segnando a sua insaputa un punto a favore dell'avversario che avrebbe ben presto preso il sopravvento.

Questo minimo accordo raggiunto fu vitale per le sorti della Francia nel dopoguerra, ma ancora non era sufficiente per soddisfare i tre maggiori alleati. Gran Bretagna, Stati Uniti e Russia si sarebbero incontrati ancora a Teheran dal 28 Novembre al 2 Dicembre 1943. Stalin, forte dei successi russi nella campagna invernale sul fronte orientale, fece la parte del leone. Si discussero gli assetti futuri del mondo liberato dal nazismo e l'alleato sovietico non comprese i motivi che spinsero Churchill a premere per una ricostituzione della Francia al rango di grande potenza. I Russi arrivarono ad accettare la partecipazione della Cina a quello che poi sarebbe divenuto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in quanto il paese asiatico forniva grande appoggio all'Unione Sovietica, bloccando l'espansionismo giapponese nel Pacifico, però riconobbero Petain come legittimo governante francese. Di conseguenza, collaborando Vichy con la Germania, era impensabile restituire l'impero coloniale francese al termine del conflitto. Churchill, invece, a differenza di Roosvelt che ancora non aveva capito la natura di Stalin, voleva una Francia forte a sufficienza per contrastare il dominio sovietico in Europa: un'alleata e non una sottomessa. Solo l'evoluzione della guerra e lo sbarco in Normandia con la conseguente liberazione francese condotta dagli Anglo-americani avrebbe impedito la realizzazione dei propositi stalinisti.

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