Lo sterminio degli indiani del Nord America

a cura di Lory Cocconcelli

«Ci fecero tante promesse, più di quante ne possa ricordare, ma non ne mantennero una;
decisero di prendersi la nostra terra e l'hanno presa»
(anziano Sioux, 1890)

Le tribù native americane, immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633

Le tribù native americane.

Quando Cristoforo Colombo toccò le coste del continente americano, pensando di aver raggiunto le Indie, denominò le popolazioni locali "indiani". L'espressione più corretta per designare i popoli indigeni delle Americhe che abitarono il continente prima della colonizzazione europea, secondo alcuni studiosi, sarebbe "nativi americani". Tuttavia, entrambi gli appellativi vengono adottati ormai indifferentemente, anche dal mondo accademico.

Origini

Le recenti scoperte di alcuni genetisti italiani hanno dimostrato che furono almeno quattro le migrazioni che portarono al primo popolamento delle Americhe. Gruppi distinti penetrarono nel continente americano dalla Beringia, dall'Alaska e dalla Siberia. E questo spiegherebbe le diversità linguistiche e culturali dei Nativi Americani (studio pubblicato in un articolo intitolato Reconciling Migration Models to the Americas with the Variation of North American Native Mitogenomes).

Il popolamento iniziale cominciò approssimativamente 15-18mila anni fa quando i primi uomini arrivarono in Nord America dall'Asia attraverso un corridoio di terra chiamato Beringia, che connetteva la Siberia orientale e l'Alaska; seguendo la costa del Pacifico, in poche migliaia di anni raggiunsero la parte meridionale del Sud America. Un secondo gruppo umano penetrò sempre dalla Beringia ma ebbe un'espansione geografica più limitata. Circa 5mila anni fa ci fu una terza espansione, in questo caso dall'Alaska, che contribuì alla formazione degli Eschimesi. Infine, vi furono flussi migratori più recenti provenienti dall'estremità orientale della Siberia.

La penetrazione dell'uomo bianco nell'America del Nord. Dalla colonizzazione europea dell'America al XIX secolo

Prima dell'arrivo dell'uomo bianco, le popolazioni native americane - più di 600 società autonome parlanti oltre 500 lingue - sebbene fossero talvolta in conflitto, intrattenevano contatti le une con le altre attraverso una vasta rete di scambi commerciali. Abituati alle diversità culturali, i nativi accolsero inizialmente con favore gli europei, trattandoli come ospiti. I bianchi, al contrario, li considerarono sempre dei selvaggi.

Il Nord America fu invaso da quegli stati europei che avevano sviluppato tecniche di navigazione avanzate e che godevano dei mezzi necessari per finanziare le spedizioni. I primi tentativi di fondare colonie fallirono, ma dal 1565 in poi, spagnoli, francesi, olandesi e inglesi presero piede nel continente. La Russia colonizzò l'Alaska durante il Settecento (ma vi rimase solo fino al 1867, quando la cedette agli Stati Uniti).

Gli europei imposero ai nativi i loro sistemi commerciali, reintrodussero il cavallo (che nel Nord America si era estinto qualche migliaio di anni addietro) e iniziarono progressivamente, con l'utilizzo della forza e dell'intimidazione, ad avanzare pretese - manodopera, territori e conversione religiosa - nei confronti delle popolazioni indigene. In quel contesto, la convivenza pacifica dei primi tempi si sfaldò.

Nel XVII secolo ebbero inizio le guerre indiane, scaturite dapprima tra alcune tribù di nativi americani e i coloni europei, e in seguito con le autorità degli Stati Uniti d'America.

Come si conclusero lo sappiamo tutti: con l'assimilazione dei popoli indigeni e la deportazione di tutte le tribù nelle riserve - stanziate in territori che ai bianchi non interessavano, o perché il clima era troppo freddo o arido oppure perché privi di risorse.

Tra le tribù che scelsero il sentiero di guerra, i Sioux, i Cheyenne, gli Apache e i Comanche opposero la resistenza più tenace.

Il fatto che alcune tribù nemiche non si allearono per combattere gli invasori concesse a questi ultimi un grande vantaggio.

Nel corso di quattro secoli, la popolazione indigena del Nord America passò da 7-10 milioni a meno di 250.000 unità. La decimazione dei nativi non avvenne soltanto con le armi, ma anche attraverso il contagio delle malattie occidentali, la perdita del loro ambiente e il mutare delle condizioni di vita. Occorre precisare che quando si parla di "genocidio dei nativi americani" si fa riferimento al calo demografico e allo sterminio sia degli indiani sia degli indios e degli amerindi del centro-sud America, avvenuto in seguito all'arrivo dell'uomo bianco. In questo caso i numeri sono molto più consistenti e si esprimono nell'ordine di decine di milioni di individui.

Trattati e delibere del Congresso americano

Mentre i primi negoziati (stipulati tra nativi e coloni) furono in sostanza dei trattati di pace, con il rafforzamento del governo statunitense le posizioni contrattuali mutarono.

In cosa consistettero le condizioni dei trattati sottoscritti con gli Stati Uniti d'America? Per lo più in cessioni di terreni da parte dei nativi che come contropartita ricevettero altri terreni, denaro, cibo per un certo numero di anni, istruzione, assistenza sanitaria, il diritto di pesca, caccia e coltivazione all'interno dei territori ceduti.

Dal 1778 al 1871, tra le nazioni indiane e il governo statunitense furono firmati oltre 370 trattati (di cui il 60% esigeva la cessione delle terre natie), senza contare quelli stipulati con il Canada.

Terminate le guerre indiane, sconfitti militarmente e confinati nelle riserve, i nativi furono sottoposti a un programma di assimilazione culturale volto a mettere fine al loro stile di vita. A tale scopo, molti giovani vennero allontanati dalle famiglie con l'intento di far dimenticare loro la propria cultura. Le condizioni nelle riserve erano disastrose, la loro economia dipendeva dagli esigui canoni d'affitto dei terreni, da lavori stagionali e dalle sovvenzioni governative.

A seguire alcuni degli atti che delinearono quella che fu la politica degli Stati Uniti nei territori del Nord America.

Nel 1830 il Presidente Jackson convinse il Congresso ad approvare l'Atto di rimozione coatta dalle terre ancestrali di quasi tutti i popoli a est del Mississippi, convogliati in seguito nelle terre dell'Ovest.

Nel 1871 il Congresso a stelle e strisce mise fine alla stipula dei trattati, ma votò a favore del mantenimento di quelli già firmati.

Negli anni '20 il governo statunitense realizzò che la questione indiana era stata mal gestita: i nativi erano ridotti in miseria, ammalati e sfiancati, e non avevano abbandonato né la loro cultura né la loro religione.

Nel 1934 vennero restituiti ai nativi alcuni dei loro territori e venne creato un fondo di sviluppo economico, ma con la seconda guerra mondiale il programma venne interrotto.

Tra il 1954 e il 1964 il Congresso tolse il sostegno federale a più di un centinaio di tribù. In risposta a questa politica di cessazione, negli anni '60 nacque il Red Power, un movimento attivista che denunciava le terribili condizioni in cui versavano gli indiani, la parte della società statunitense meno istruita, più malnutrita e malata, e con meno autorità.

Oggi, i nativi - all'incirca tre milioni di unità, stanziati in diverse zone degli Stati Uniti - si trovano ad affrontare problemi economici, sanitari e scolastici, ma una nuova generazione si sta adoperando per riportare in vita i governi tribali e per riappropriarsi di quella cultura che l'uomo bianco ha cercato di spazzare via.

Considerazioni

Malgrado le politiche di assimilazione, la cultura animista-ecocentrica dei nativi sopravvisse a quella antropocentrica dei colonizzatori. Perché? Perché l'uomo bianco sottovalutò la forza del legame tra gli indiani e la loro terra e non comprese, né si sforzò di farlo, quanto fossero radicate in loro tradizioni e religione (si pensi ad esempio al vincolo sacrale tra uomini e animali, simbolicamente espresso attraverso i totem).

Quando avrete abbattuto l'ultimo albero, quando avrete pescato l'ultimo pesce, quando avrete inquinato l'ultimo fiume... allora vi accorgerete che il denaro non si può mangiare.(Proverbio indiano)

Onore alla memoria

Per la maggior parte degli storici europei dell'epoca, gli indiani furono un ostacolo e una minaccia all'espansione pacifica dell'uomo bianco, nonché provocatori di violenze di frontiera. In realtà, quell'espansione non fu né pacifica né tantomeno "onesta" se si considerano gli accadimenti (non ultimo gli assassinii dei capi indiani trucidati a tradimento nel contesto delle trattative di pace, come il grande Mangus-Colorado, Apache, al quale fu staccata nientepopodimeno che la testa).

Chi ha reso giustizia alla memoria dei nativi? Di certo non il cinema politically correct. E' stato con la beat generation degli anni '50 e il flower power degli anni '60 che si è avuta una revisione della loro storia. Da non dimenticare, inoltre, il ruolo che hanno svolto i fumetti.

Dagli anni '70 in poi, il cinema ha cavalcato l'onda revisionista attraverso la produzione di film "anti western" come "Soldato blu", "Il piccolo grande uomo" e più tardi "Balla coi lupi", portando alla ribalta alcuni grandi e valorosi capi indiani, come Toro Seduto (Lakota), Geronimo (Apache), Cavallo Pazzo (Sioux)...

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