Lupi mannari e licantropia: basi mitiche, antropologiche, psichiatriche e mediche

a cura di Gianluca Turconi

La luna è piena e la notte silenziosa, chi conosce la verità si nasconde per proteggersi, chi la ignora sarà la prossima preda. Così la letteratura fantastica ci ha tramandato l'ineluttabile destino dei lupi mannari. Ma quale verità si cela dietro le leggende e cosa dovremmo pensare se scoprissimo, con l'appoggio di verità scientifiche incontrovertibili, che un nostro vicino, suo malgrado, è un vero licantropo?

Le origini antropologiche

Il termine lupo mannaro deriva etimologicamente dal latino lupus homenarius, cioè lupo che si comporta da uomo, mentre la parola licantropia, la capacità di mutare se stesso in un lupo, trova le proprie origini nell'etimo greco lykos, cioè lupo, e antropos, uomo. Tuttavia, l'origine dei miti e delle leggende legate agli uomini-lupo risale a epoche notevolmente antecedenti rispetto alle storie classiche di Romani e Greci. Tanto risalenti nel tempo da perdersi nell'antichità preistorica, nella tradizione orale che caratterizzò lo sciamanesimo dell'età della pietra e il mondo degli Spiriti governanti l'Universo dei quali era emanazione diretta.

Il re greco dell'Acadia, Licaone, trasformato in lupo da Zeus - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia

Il re greco dell'Acadia, Licaone, trasformato in lupo da Zeus.

Infatti, da quell'epoca, ogni civiltà umana, in qualunque continente fosse localizzata, ha ereditato miti in cui si rinvengono uomini che hanno la capacità, anzi, come meglio vedremo in seguito, l'abilità di trasformarsi in un animale, differente secondo la localizzazione geografica della comunità umana a cui appartenevano le storie e la preminenza di questo o quell'esemplare nella fauna locale. Così si ebbero uomini-leone e iena in Africa, orso nella Russia europea, tigre in Asia, condor e giaguaro in America meridionale e bisonte in quella settentrionale. Gli uomini-lupo furono preponderanti nell'Europa continentale occupata dalle popolazioni di origine indoeuropea.

Tale corrispondenza, in un'esistenza preistorica dominata dal nomadismo dei cacciatori, si può spiegare in due modi, entrambi riconducibili allo spiritismo sciamanico. Il primo sussiste nel tentativo di esorcizzare temibili concorrenti nella continua lotta per le prede - dotati di caratteristiche e qualità sovrumane per definizione, trattandosi di animali - carpendone la benevolenza o impossessandosi delle loro abilità di caccia tramite complessi rituali di ingraziamento. Lo Spirito del Lupo era quindi un'entità da rispettare e, nei casi più eclatanti, da venerare come un Dio.

La seconda spiegazione, simile seppure marcata da alcune diversità importanti, era riconoscere attraverso la trasformazione nella preda preferita (bisonte americano, ma anche europeo in epoche storicamente più antiche) il perpetrarsi dell'anima dell'animale che sosteneva l'uomo cacciatore, una sorta di rigenerazione in sé di quanto si era perduto tramite l'uccisione dell'essere che serviva da alimento. Nonché, è evidente, anche un tributo di rispetto alla potenza dei grandi erbivori, degni avversari nella lotta quotidiana.

Quest'iniziale impostazione cambiò radicalmente col mutare dell'attività umana agli albori dell'era storica. L'uomo, molto meno cacciatore e ormai allevatore e coltivatore stanziale, individuava negli animali feroci non più dei concorrenti da imitare, bensì punizioni divine, sciagure in cui si era incorsi per una propria mancanza. Il lupo mannaro, da creatura benedetta dalla benevolenza dello Spirito animale di turno, si trovò a coincidere con persone punite dalla Divinità.

E' così che appare per la prima volta la metamorfosi da uomo a lupo in Gilgamesh, epica mediorientale tra le testimonianze scritte più antiche in merito, dove la dea Ishtar trasforma per punizione un pastore, mettendolo contro la famiglia, gli amici e la stessa comunità del suo villaggio, nucleo fondamentale della nascente civiltà mesopotamica.

Alla stessa conclusione giunsero anche i Greci e i Romani, le cui civiltà nacquero in aree montagnose caratterizzate da una stretta vicinanza con la minaccia dei lupi. Comuni, nella tradizione romana, divennero le storie sui versapellis, i rovesciapelle, uomini sotto la cui cute cresceva la pelliccia dei lupi in attesa della metamorfosi finale. Non da meno furono i Greci, dove Zeus seppe imitare Ishtar quando volle punire il re dell'Acadia Licaone per aver osato sfidarlo mettendo in tavola carne umana nel tentativo di smascherare uno degli usuali travestimenti sotto il quale si celava il Dio.

Ma il peggio, per i presunti lupi mannari, doveva ancora venire con il sopraggiungere dell'Era cristiana.

Il Cristianesimo introduce il concetto di Male nella licantropia mitica

Come già accaduto con la figura del serpente e del drago, il cristianesimo vide nella commistione impura tra uomo e lupo l'espressione abominevole del Male, nella sua forma di sottomissione al Demonio in cambio di favori e vantaggi, gli stessi che in precedenza erano considerati antropologicamente in maniera benevola.

Ciò fu particolarmente evidente nella lenta opera di evangelizzazione dell'Europa settentrionale, dove il paganesimo delle popolazioni era legato a divinità della natura e dei boschi, proprio come i lupi. I Sassoni, gli Slavi, gli Scandinavi avevano ciascuno una propria versione di lupi mannari che potevano essere ancora visti favorevolmente, come i guerrieri-lupo della tradizione germanica.

In talune occasioni, il cristianesimo etichettò ancora la licantropia come punizione divina, per esempio quando secondo l'agiografia di San Patrizio d'Irlanda, il santo tramutò in lupo Veretius, re del Galles, ma essenzialmente il fenomeno venne collegato alla magia, cioè a ogni attività umana volta a ottenere poteri sovrumani senza intercessione della volontà divina.

Un lupo mannaro medievale ritratto in azione nell'opera artistica di Lucas Cranach il Vecchio - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia

Un lupo mannaro medievale ritratto in azione nell'opera artistica di Lucas Cranach il Vecchio.

Il Medio Evo fu il periodo di evoluzione da una tendenza all'altra, dall'Alto al Basso periodo di quell'era. Spesso, coloro che volevano approfittare della credulità popolare utilizzavano i miti e le leggende sui lupi mannari per avere vantaggi immediati, come le bande di fuorilegge inglesi e tedeschi che indossavano pelli di lupi per incutere il giusto timore nelle popolazioni che poi taglieggiavano. Più in generale, tuttavia, si sviluppò una letteratura simil-scientifica che studiò, catalogò e contribuì a sua volta ad alimentare il fenomeno licantropico.

Come indicato, inizialmente, la metamorfosi da uomo a lupo e viceversa fu attribuita a capacità magica, o completamente autonoma o legata alla conoscenza di erbe o azioni dai portentosi poteri. Tra queste ultime, furono fatte rientrare, di volta in volta, il bere acqua piovana raccolta nelle orme di un lupo, l'annusare essenze concentrate estratte dalle loro pelli, il pronunciare per tre volte il nome di un altro lupo mannaro dopo essersi tolti i vestiti e aver orinato intorno a essi, aver assunto dosi di aconito, una pianta velenosa dalle foglie verde scuro particolarmente diffusa nelle aree montagnose, Alpi comprese.

Il passaggio dal Medio Evo al Rinascimento, col suo potente sconvolgimento dello status quo religioso, comportò anche un ulteriore cambiamento dell'approccio delle istituzioni ecclesiastiche cristiane alla licantropia che divenne non solo un fenomeno da combattere su larga scala alla stessa stregua della stregoneria, bensì anche un vero e proprio morbo contagioso trasmesso tramite il contatto o il morso.

Su tali basi, non deve destare sorpresa che in Germania nel 1589, Peter Stubbe fosse dichiarato ufficialmente un lupo mannaro, colpevole di molti omicidi e di cannibalismo, e condannato a morte sul rogo o che in Francia, tra il 1520 e il 1630 venissero registrati oltre 30.000 casi di presunti lupi mannari, solo pochi dei quali ebbero la fortuna di essere dichiarati insani di mente e non finire la propria vita tra le fiamme.

I lupi mannari e la sessualità

Particolare interesse destano gli episodi avvenuti sull'isola inglese di Guernsey, nel Canale della Manica, nel XVI secolo, quando gli adolescenti che conducevano vite notturne promiscue contrarie ai radicati canoni sociali del tempo venivano appunto definiti lupi mannari.

Il collegamento tra sessualità e licantropia, nonché la sua connotazione negativa in un ambiente sociale fortemente influenzato dalla sessuofobia clericale, è abbastanza semplice da spiegare quando si pensi come i lupi mannari siano in massima parte identificati con uomini che hanno tutti i propri attributi mascolini (forza, aggressività, muscolatura e, naturalmente, sessualità) accentuati dalla trasformazione.

Non mancano le figure di donne affette da licantropia, ma il loro numero è notevolmente inferiore alla controparte maschile ed esse, in definitiva, si vanno a confondere con l'altrettanto famosa schiera delle streghe. Quando è una donna a subire la metamorfosi, anziché evidenziarsi i tratti bestiali nell'ambito della sessualità, è la sua capacità attrattiva, un altro tipo di magia, se vogliamo, a essere accentuata e fortemente evidenziata, tanto da divenire irresistibile per entrambi i sessi, con un forte richiamo saffico.

Luna piena e pallottole d'argento: le origini letterarie e cinematografiche

I lettori che sono stati tanto pazienti da giungere a questo punto, si staranno chiedendo che fine hanno fatto, tra tutti gli elementi indicati finora, la classica luna piena che fungerebbe da innesco alla trasformazione licantropica e le pallottole d'argento che sarebbe l'unica efficace arma contro i lupi mannari. Ebbene, questi stereotipi più che appartenere alla storia mitologica della licantropia, sono frutto dell'abile costruzione narrativa di scrittori e registri.

Una comune esecuzione tramite impiccagione di un presunto lupo mannaro durante le cacce che si svolsero in epoca medievale e rinascimentale. Si dimostrarono più efficaci delle pallottole d'argento richieste negli stereotipi cinematografici per uccidere queste creature. - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia

Una comune esecuzione tramite impiccagione di un presunto lupo mannaro durante le cacce che si svolsero in epoca medievale e rinascimentale. Si dimostrarono più efficaci delle pallottole d'argento richieste negli stereotipi cinematografici per uccidere queste creature.

Fu infatti nel pieno splendore della letteratura gotica del XIX secolo che l'autore C. Maturin scrisse il suo The Albigenses e il suo quasi contemporaneo G. W. Reynolds si cimentò in Wagner the Wher-Wolf, raccogliendo a piene mani spunti dalla tradizione nordica sui lupi mannari e aggiungendo qui e là elementi rifacentisi ai miti lunari più antichi. Ma fu il film The Wolf Man (1941) di G. Waggner a introdurre la trasformazione autunnale, quando l'aconito cresce più rigoglioso, la morbilità della licantropia trasmissibile tramite il morso e alcuni sequel della stessa pellicola, visto il discreto della stessa, collegarono definitivamente la trasformazione con la presenza della luna piena e la cura della licantropia, se di cura si può parlare, con la morte per mezzo di pallottole d'argento.

E' da notare come tra letteratura e cinematografia fantastica degli esordi sui lupi mannari ci sia una concreta differenza nella trattazione del fenomeno della metamorfosi. Mentre nelle opere letterarie è un momento secondario, quasi istantaneo, che precede la "vita da lupo" definitiva o transitoria, nella cinematografia hollywoodiana esso diventa uno dei fulcri della narrazione, sempre più importante col passare degli anni e col miglioramento degli effetti speciali che ormai sono capaci di rappresentare la deformazione degli scheletri umani con la crescita di escrescenze ossee tipiche dei lupi, la mutazione dei lineamenti della nostra razza in quelli meno convenzionali dei canidi e persino le più raccapriccianti abitudini sanguinarie e culinarie dei licantropi.

Guardatevi dal vostro vicino

E' qualche tempo che il vostro vicino di casa vi guarda in maniera strana e ciò si acuisce specialmente nei periodi di luna piena. Potreste persino giurare di averlo sentito grattare con le unghie sulla vostra porta di casa e ululare nel segreto del suo salotto.

State forse correndo troppo con la fantasia o il vostro amichevole vicino può essere un vero licantropo?

Scientificamente, potrebbe essersi concretizzata la seconda ipotesi. Infatti, quanto abbiamo finora attribuito a miti, leggende, romanzi e film ha dei fondamenti verificati in psichiatria e medicina che potrebbero essere stati, in tempi antichi, la base su cui poi si sono sviluppati i miti di età storica.

In psichiatria, la licantropia consiste nell'illusione, sfociante in ossessione, di essere un animale selvaggio, solitamente un lupo, e di comportarsi di conseguenza. Testimonianze di tale psicosi sono antiche, tanto che la prima è riconducibile agli scritti del Profeta Daniele che l'attribuisce al re babilonese della schiavitù del popolo ebreo in quel di Babilonia. A seguire, fu il medico romano Paulus Aegineta a darcene notizia nel Basso Impero. E dello stesso tenore furono diversi glosse medievali.

La ragione psichiatrica per tali comportamenti è l'esternazione di uno stress estremo in comportamenti animaleschi anche pericolosi per gli altri.

Harvey Rostenstock e Kenneth R. Vincent hanno riportato sul The American Journal of Psychiatry (1977) il caso di una donna quarantanovenne affetta da questa infermità che durante la sua vita aveva dato più volte segni di una sessualità instabile, con tradimenti ed esperienze lesbiche, seguite da episodi illusori e ossessivi di licantropia anche in assenza di dipendenze da droghe o farmaci. Dopo un crollo psicotico durante una riunione familiare, la donna era stata ricoverata e i due psichiatri avevano potuto tenerla sotto osservazione arrivando alla conclusione che la schizofrenia di cui era sicuramente affetta si esprimeva attraverso la licantropia che forniva momentaneo sollievo al conflitto interiore della paziente relativo alle proprie preferenze sessuali. Ella, infatti, nonostante fosse sposata e appartenente a una famiglia fortemente religiosa, provava pulsioni omosessuali tali da aggravare la propria psicosi al punto da farle affermare che la testa di lupo che vedeva riflessa nello specchio al posto del proprio volto fosse testimonianza del demonio presente dentro di lei.

Comunque, il vostro vicino, per sua fortuna, potrebbe anche non essere affetto da allucinazioni psicotiche, ma da sintomi medici di infezioni, intossicazioni e malattie più facilmente diagnosticabili e guaribili.

Per esempio, potrebbe soffrire di intossicazione da funghi, in particolare quelli che ancora oggi crescono nei depositi di grano poi trattati industrialmente. Oppure potrebbe essere malato di rabbia, incidentalmente trasmessa da morsi di canidi, proprio come nei miti sulla licantopia, che provoca agitazione e allucinazioni. Infine, potrebbe essere più semplicemente affetto da ipertricosi, cioè una crescita incontrollata della peluria corporea in parti solitamente sprovviste come l'area intorno agli occhi e la fronte, in misura tale da rendere il volto simile a quello di un lupo e le vostre scoperte in merito al vicino indicate all'inizio di questa sezione dei semplici frutti della vostra immaginazione, dettati dall'inconscia suggestione che la metamorfosi fisica dei licantropi a ogni luna piena sia realtà. Probabilmente sarà così, nel prossimo film sui lupi mannari che guarderete.

Fonti e letture consigliate

  • How stuff works (sezione "How Werewolves Work")
  • Harvey Rostenstock, M.D. e Kenneth R. Vincent, Ed.D, A Case of Lycanthropy, The American Journal of Psychiatry Vol. 134, No. 10. October 1977
  • "The time-life encyclopedia of things that never were" (voce "Lycanthropy"), disponibile per l'acquisto su Amazon.com

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