A Serbian Film: una metafora sulla guerra

a cura di Andrea Moretti

Salve a tutti, ed eccoci nuovamente connessi con la rubrica mensile di Letture Fantastiche.

Locandina di A Serbian Film - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

Locandina di A Serbian Film.

In questi giorni di guerra, fra crisi energetiche e tensioni internazionali, la paura e lo stupore sono tanti.

Vista la situazione, facile che la mente di chi è più navigato torni agli avvenimenti bellici degli anni Novanta: un conflitto esploso nel cuore della ex Jugoslavia che aveva anch'esso richiamato in modo terribile gli eventi della Seconda guerra mondiale.

Ne parla la sociologa Consuelo Corradi nel suo volume Sociologia della violenza.

In un capitolo, la sociologa affronta questo conflitto in modo specifico, menzionando fatti inediti che i media, all'epoca, non riportarono neppure lontanamente.

Agghiacciante, fra i molti crimini perpetrati, l'installazione di campi di stupro da parte dei serbi: dove le donne seviziate venivano considerate alla stregua di incubatori umani per la creazione di serbi purosangue [nota 1].

In questo articolo vedremo come l'arte abbia fatto la sua parte nella riflessione sulle guerre, servendosi, a volte, di un linguaggio molto estremo: come nel caso della pellicola A Serbian Film.

Molte guerre nel mondo

Ogni giorno, nel mondo, esplodono decine di conflitti.

Fra Africa e Medio Oriente, di civili che soffrono ce ne sono molti più di quanti non si tenda a considerarne.

Purtuttavia, è chiaro come le vicende che più ci atterriscono siano quelle che ci toccano più da vicino: in sostanza, le tragedie che esplodono a due passi da noi.

Vicende la cui eco ci travolge e dilania irrimediabilmente la nostra cultura; oppure, in modo più prosaico, quelle che portano conseguenze gravi alla nostra economia e minacce terribili per il nostro futuro.

La tragedia dei popoli richiamata nell'arte

Dopo Tito, l'indipendenza dei tanti stati della Jugoslavia ha portato, come sappiamo, a un conflitto sanguinoso, il quale ha devastato come una furia la cultura di questi paesi.

Il vuoto politico lasciato dalla dissoluzione dell'URSS è stato un male che è maturato in modo terribile e sotterraneo.

Ancora oggi l'arte e la cultura di questi posti ne porta le ferite.

Possiamo scovare questi elementi nella performance art dell'artista di origini serbe Marina Abramovic: nei richiami all'orrore jugoslavo della drammaturga inglese Sarah Kane.

Qui la guerra viene concepita con un simbolismo di stupri, sevizie e addirittura cannibalismo.

Sarah Kane lottò contro la depressione per tutta la vita, suicidandosi all'età di 28 anni.

A Serbian Film

Purtuttavia, performance art e teatro truculento di Sarah Kane non sono i soli tentativi di richiamare gli orrori in Jugoslavia nel mondo dell'arte.

Altro importante esempio, sicuramente il più estremo mai realizzato, è quello del capolavoro sui generis A Serbian Film.

Ciò che caratterizza questi lavori, rievocativi di un periodo storico buio ma nemmeno troppo lontano, è il registro stilistico mostruoso e granguignolesco in cui si muovono.

A Serbian Film può essere considerato come uno dei film più estremi mai realizzati.

La trama

Senza anticiparvi troppo, la trama parte in quarta con la storia di un ex pornostar disoccupato: Milosh.

Le difficoltà economiche lo portano ad accettare la proposta di un grigio e misterioso produttore: Vukmir.

Le condizioni da accettare, tuttavia, sono che Milosh non conosca alcun dettaglio circa la sceneggiatura.

Una violenza giustificata

Ciò che distingue A Serbian Film da ogni altro film estremo è la percezione, costante in tutta la pellicola, del profondo retroterra storico e culturale a cui attinge tutta la violenza mostrata.

Il protagonista si muove in un'odissea di orrori, dove la mostruosità di alcune scene non si limita a scandalizzare; ma trova una giustificazione, quasi diremmo esistenziale, nel terrificante comparto narrativo su cui si impernia la pellicola.

Una giustificazione intrinseca alla storia del Paese da cui proviene il film.

Un'atmosfera sudicia

Il film è dunque un avvicendarsi di perversioni che ammiccano al mondo degli snuff movies, menzionandolo esplicitamente.

Sebbene il linguaggio dello splatter sia stato sdoganato da autori come Tarantino, Miike ed Eli Roth, il gore frammisto alla pornografia costituisce una frontiera ancora da abbattere.

È questo il motivo per cui il film ha faticato a trovare un vero distributore: risulta molto più famoso nei forum che non nelle sale cinematografiche.

L'atmosfera sudicia e sordida è capace di repellere lo spettatore più avvezzo a certi lavori.

Un'enciclopedia di perversioni degna del miglior Marchese de Sade.

Le scene

Ci sono almeno due sequenze in cui sarà difficile non provare un sussulto poderoso allo stomaco.

Tutto questo senza che vi sfugga la potente metafora sociale e politica suggerita dall'autore: il potere che ti fotte in tutti i sensi.

Messaggio reso più forte nel buio e nichilista sipario della scena finale.

Un linguaggio così estremo forse non convincerà tutti; ma si tratta di un lavoro con un messaggio profondo, reso in maniera davvero eccezionale. Parlando dell'aspetto tecnico, la produzione è impeccabile.

Il suono aspro della lingua serba rende l'esperienza di visione ancora più sudicia.

Ovviamente, non siamo responsabili di eventuali conati di vomito, in caso vi foste convinti a guardarlo; ma ci vantiamo di esserlo per le riflessioni che probabilmente seguiranno.

Sperando di avervi incuriosito, noi vi salutiamo e vi diamo appuntamento al prossimo articolo.

Note

[1] Consuelo Corradi, Sociologia della violenza, pp. 51-53, Meltemi, Roma, 2009.

Torna a inizio pagina


RSS - FAQ - Privacy

Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.