Il cavalier cortese
Alla fine de Le Morte D'Arthur di Thomas Malory, una vasta opera che racconta l'ascesa e la caduta di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, vediamo la morte del più grande cavaliere di tutti i tempi, Sir Lancillotto. Il suo compagno Sir Hector lo piange, dandoci un ritratto del perfetto cavaliere:
"Ah, Lancillotto" disse lui "eri il capo di tutti i cavalieri cristiani! Non avevi pari tra i cavalieri della Terra. Ed eri il più cortese tra tutti i cavalieri che abbiano mai portato uno scudo! Eri anche il più vero amico della tua amata che abbia mai cavalcato un destriero; eri il più sincero amante, tra noi peccatori, che abbia mai amato una donna ed eri l'uomo più gentile che abbia mai colpito con una spada".
Lancillotto e Ginevra in una rappresentazione fotografica del XIX secolo.
Lancillotto non fu mai sconfitto in battaglia, era il più bravo tra tutti, ma questo da solo non fu ciò che lo rese il miglior cavaliere del mondo. È elogiato per la sua "cortesia" che non corrisponde solo al moderno valore della gentilezza, ma a un intero modo d'essere, al suo proporsi verso gli altri, alla sua cordialità e generosità, alla sua moderazione in tutte le cose. Il perfetto cavaliere non è mai adirato senza giusta causa, mai irrazionale o fuori controllo. Un paradosso è parte di questa visione - Lancillotto è l'uomo più gentile che abbia mai usato una spada - in quanto sono ideali cavallereschi la violenza controllata e appropriata, la forza necessaria per la difesa del regno e la protezione degli indifesi. E, alla fine, troviamo il più grande ingrediente nella cavalleria di Lancillotto, il suo vero e saldo amore per la sua Signora: la regina Ginevra.
Combattere per amore
Il cavaliere del Medio Evo nacque come un semplice guerriero, un uomo armato che andava in battaglia a cavallo, combattendo con lancia e spada. Ma non appena la letteratura delle storie d'amore medievali cominciò a fiorire nel XII secolo, una sofisticata cultura di comportamento cortese nelle relazioni tra uomini e donne iniziò a cambiare l'immagine idealizzata del cavaliere.
Il lungo poema Brut di Wace (circa 1155) introdusse la nobiltà di lingua francese al leggendario Re Artù, la cui corte era la più grande di tutte. Nei regni dei re Enrico II (1154-89) e Riccardo Cuor di Leone (1189-99), si celebrarono guerrieri che avevano corti sontuose. Nei Lays di Maria di Francia (dodici brevi storie d'amore in rima) vengono offerte al proprio pubblico magiche storie d'amore vinto e perso da cavalieri e nobildonne. Nel frattempo, l'ecclesiastico di corte Andreas Capellanus scrisse il suo satirico The Art of Honest Loving (circa 1185) per Maria di Champagne, figlia della regina Eleonora di Aquitania, in cui insistette nell'affermare che l'amore era un aspetto essenziale della vita aristocratica. Essere un grande cavaliere non significava più solamente essere grande sul campo di battaglia: era necessario essere anche un perfetto uomo di corte - sportivo, musicista, poeta - e saper partecipare ai sofisticati giochi dell'amor cortese.
L'ideale di cavalleria di Malory ha l'amore al suo centro: "Le tue liti devono essere per la tua Signora" egli dice. "E tale amore lo definisco amore virtuoso". Ogni cavaliere deve essere pronto a combattere per l'amore della propria amata, con le proprie vittorie ne guadagna l'amore e ne difende l'onore. Egli le è assolutamente fedele e ne eseguirà ogni comando, qualunque cosa accada, che lo invii in una missione impossibile, che lo bandisca dalla propria compagnia, o che lo accusi di qualche terribile crimine, in una disperata richiesta d'aiuto. Qui entra in scena la tragedia. L'amore di Lancillotto per Ginevra non potrà mai avere un lieto fine, perché lei è la sposa di Re Artù. Ciò rappresenta il modello dell'amor cortese: una dedizione che lega gli amanti fino alla loro morte, ma che non sfocerà mai in un'unione felice. La devozione di Lancillotto verso Ginevra è pericolosa e alla fine distruggerà la corte: pettegolezzi e calunniatori faranno scoprire la loro relazione al Re e Artù sarà costretto a rivolgere le armi contro il suo miglior cavaliere.
Amanti destinati al fallimento: il ruolo della morte e della tragedia
Romeo e Giulietta, la coppia di amanti tragici più famosa di tutti i tempi.
Il tragico, idealizzato amore di Lancillotto e Ginevra non può culminare nel matrimonio; al contrario finisce con la morte. La tragedia degli amanti è un modello creato nel Medio Evo e ripetuto nel corso del tempo. Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, Romeo e Giulietta: ogni coppia è legata da un amore impossibile, gli amanti sono condannati dalle circostanze. Nel capolavoro di Chaucer Troilus e Criseyde (circa 1385), il principe Troilus scrive una lettera alla perduta e amata Criseyde che l'ha tradito, supplicandola di ritornare. Nella sua poesia egli la chiama "colei che può disporre di me in vita e in morte". Le giura che morirà se non potrà rivedere la sua bellezza, le parla del suo pianto e del suo dolore e le chiede, se non lo ama più, di lasciarlo morire. Prima di questo ideale medievale, gli eroi classici si innamoravano e morivano, ma mai in precedenza l'amore era celebrato come lo scopo della vita e una causa per la quale valeva morire.
Perché l'amore è così strettamente collegato alla morte nella letteratura? La risposta è semplice. Tutti gli amori finiscono, sia perché gli amanti si dividono sia perché essi muoiono. Perciò l'amore per essere perfetto - sempre che sia perfetto e non si esaurisca nella freddezza o non finisca nel tradimento - allora deve concludersi con la morte. Nel suo poema visionario The Book of the Duchess (circa 1369), Chaucer fa un confronto con brillante sottigliezza. Il suo narratore sognante ci dice che ha sofferto di insonnia per otto anni - ci sarebbe stato un medico che avrebbe potuto curarlo, ma è morto. Alla fine riesce ad addormentarsi e ha un sogno in cui entra in una foresta e incontra un Cavaliere Nero che piange per la separazione dalla sua bella dama. Il Sognatore persuade il Cavaliere Nero a raccontargli l'intera storia del loro corteggiamento, del loro amore, e a descrivere la bellezza e la grazia della sua amata, e la felicità vissuta insieme. Solo alla fine del sogno il Sognatore comprende ciò che il Cavaliere Nero sta tentando di dirgli, cioè che la sua Signora è morta.
Il Cavaliere Nero simboleggia il Duca di Lancaster, John di Gaunt, zio del re Riccardo II e uno degli uomini più potenti del regno, la cui prima moglie Blanche di Lancaster morì ventenne e fu lungamente pianta. The Book of the Duchess deve essere piaciuto molto al Duca, in quanto Chaucer successivamente fece carriera nel servizio reale. Il poema esprime un elogio del marito verso la bellezza e le virtù di Blanche, il suo dolce racconto di un matrimonio perfetto e il suo sincero dolore per l'amore perduto. Ma Chaucer aggiunge qualcosa in più, un sottile confronto destinato al suo aristocratico pubblico di corte affinché ne possa discutere. Alla fine del poema, il Cavaliere Nero deve cessare il proprio pianto e lasciare la foresta per ritornare a corte - proprio come il vero John di Gaunt dovette di nuovo sposarsi. La sua perdita è tragica, poiché il suo amore era perfetto, ma deve riprendersi. E come raffronto abbiamo la figura del Sognatore, la cui sofferenza è durata anni: cosa c'è di sbagliato i lui? La risposta si trova nel confuso interrogatorio del Sognatore nei confronti del Cavaliere Nero, nella mancata comprensione che Blanche è morta: "Non ti amava?" gli domandò. "O avevi fatto qualcosa di sbagliato, per cui ti aveva lasciato?". Il dolore distorce la nostra percezione del mondo; lo vediamo ovunque nelle sofferenze degli altri e questo è ciò che accade al Sognatore. La sua amata non ricambiava il suo amore o l'aveva lasciato. Per quella perdita, a differenza del puro e idealizzato dolore del Cavaliere Nero, non c'è rimedio e non ci può essere ripresa.
In tutti i tempi, i lettori hanno tratto piacere dal leggere della tristezza. Gli scritti che celebrano il dolore ci assicurano che non siamo soli e che anche il nostro dolore può essere ricordato. In Chevrefoil di Maria di Francia, Tristano dice alla sua amata Isotta che "Né io senza di te, né tu senza di me potremmo vivere" e muoiono insieme, ricordati per sempre.
Imparare ad amare: corteggiamento e matrimonio
La letteratura medievale non illustrò l'amore solamente nella sua forma tragica. Le convenzioni dell'amor cortese non erano naturalmente intese a incoraggiare gli amanti ad abbracciare la morte; piuttosto prescrivevano norme di condotta per gli uomini e le donne dell'aristocrazia, la "vecchia danza", come la chiamava Chaucer, con la quale il corteggiamento poteva condurre al matrimonio. Per la nobiltà, quasi tutti i matrimoni erano combinati dalle famiglie delle coppie, spesso quando la moglie e il marito erano poco più che bambini. Ma la Chiesa insistette sul fatto che il sacramento del matrimonio fosse valido unicamente in presenza del pieno e volontario consenso dei nubendi. Così possiamo vedere un altro scopo di questa letteratura, piena di amore a prima vista, amore inteso come riconoscimento della bellezza e dello status sempre combinati con le virtù e la lealtà. Questa letteratura mostra al suo pubblico una versione estetica della realtà economica, rendendo belle le transazioni dei matrimoni aristocratici combinati.
Il matrimonio tra Luigi VII ed Eleonora di Aquitania, come molti altri nell'aristocrazia medievale, fu combinato. I grandi possedimenti terrieri della Duchessa di Aquitania la portarono a divenire prima Regina di Francia e poi Regina d'Inghilterra.
Tuttavia, c'è solo un numero limitato di lezioni di vita che possono essere apprese da questa letteratura che venera sopra tutto il resto l'amore nella sua forma perfetta, mentre lascia spazio agli amanti di immaginare questa perfezione anche in loro modi personali. In Guigemar di Maria di Francia, un'utile donna di compagnia conforta l'eroe che è stato colpito dall'amore (N.d.T per la sua Signora):
Rimaneva sveglio tutta la notte, soffrendo e singhiozzando; ricordava costantemente le parole di lei e i suoi sguardi, i suoi occhi limpidi e la bella bocca, cosicché il dolore lo colpiva al cuore... "Mio Signore" gli disse lei, "sei innamorato: stai attento a nasconderlo troppo! Puoi amare in maniera tale che il tuo amore sarà ben presentato. Chiunque desideri amare la mia Signora deve pensare il meglio di lei. Tale amore sarà ammirevole, se sarete fedeli. Entrambi siete belli."
I due amanti sono nobili, belli, cortesi e virtuosi: lui è un grande cavaliere e lei è una dama perfetta. Questo è l'ideale dell'amore medievale che culmina nel matrimonio. Ma la cosa interessante in questa storia d'amore a lieto fine è che non riguarda per niente il desiderio individuale. L'ideale è fatto per essere adattabile, malleabile; può andare bene per chiunque sia appropriato. Quando l'eroe si riunisce alla sua Signora perduta non riesce a riconoscerla, osservando che "Tutte le donne sembrano uguali". L'amor cortese è un ideale di devozione alla più bella e cortese dama. In ogni storia d'amore ci sarà un nuovo cavaliere che è il più grande di tutti e che amerà e sarà amato da una nuova dama che è la più bella.
Notizie sull'autore
Laura Ashe è Professore Associato al Worcester College, a Oxford. I suoi interessi sono la letteratura medievale e la storia culturale, con particolare specializzazione nelle letterature multi-linguistiche della Gran Bretagna, nella Cavalleria e nelle Crociate, nella regalità, nei romanzi d'amore e nella storiografia, nella santità e nell'agiografia, così come nel pensiero e negli scritti votivi, e nella protoletteratura dell'interiorità. I suoi libri includono Fiction and History in England, 1066-1200; l'antologia Early Fiction in England: From Geoffrey of Monmouth to Chaucer; una biografia di Riccardo II e più recentemente The Oxford English Literary History vol. 1: 1000-1350. Conquest and Transformation.
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Il testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0 International, © Laura Ashe. Traduzione italiana © 2018, Gianluca Turconi.
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