Un problema da non sottovalutare nella cinematografia moderna è l'eccesso di trailer prima dell'uscita del film. Naturalmente le case di distribuzione desiderano ottenere i maggiori guadagni possibili, e qualsiasi cosa si venda (anche i film) punta per definizione al denaro. Questo, di conseguenza, in un mondo in cui di prodotti audiovisivi ne possiamo vedere quintali e gratuitamente, ha portato a una "corsa agli armamenti" nell'arte del trailer. Quante volte abbiamo pensato: "dal trailer sembrava molto meglio?" Ed è naturale che sia così, poiché occorre convincere lo spettatore televisivo che il "nuovo film" in uscita sia tanto bello da rendere indispensabile il distacco dalla poltrona casalinga e il raggiungimento del cinema.
La locandina del film.
Se questo trionfo pubblicitario poi non sempre è positivo nell'effettiva visione del film (poiché se prometti sempre al pubblico il meglio, con il tempo il pubblico non si fiderà più di simili pantagrueliche promesse), è pur vero che di film di qualità comunque ne continuano a uscire, soddisfacendo talvolta anche lo spettatore più colmo di aspettative.
A mio parere, però, nell'ambito della fantascienza è (era) da parecchi anni che non si vede qualcosa di autenticamente valido, che soddisfi anche un pubblico esigente. Mettendo da parte per un momento la nuova esplosione di Star Wars che, per quanto possa essere gradevole, rimane un prodotto con soli intenti commerciali, la "fantascienza di qualità" sembra aver abbandonato gli schermi cinematografici. Anche quelli decantati come capolavori moderni non sembrano all'altezza del glorioso passato che ha fatto grande questo genere, e penso a Ex Machina o Interstellar. Mentre il primo fu una piccola e gradevole sorpresa, che partiva da poche aspettative e le soddisfaceva, il secondo invece era stato presentato come il nuovo 2001 - Odissea nello spazio (maledetti trailer! Ecco perché ne parlavo all'inizio), per rivelarsi invece l'ennesimo film "alla Nolan" (traboccante di promesse, colmo di strani intrecci narrativi, per poi risolversi nell'ennesimo polpettone di effetti speciali e in una sceneggiatura inutilmente pomposa, anche quando i personaggi chiacchierano di cereali o affetti).
Insomma, a questo punto mi chiederete: a cosa serve questo enorme preambolo?
Perché poi è arrivato "Arrival" e finalmente - finalmente - una volta tanto si è saputo bilanciare i trailer e le aspettative con l'effettiva qualità del film (non rivelandone, inoltre, molto sulla trama).
Come si è detto in lungo e in largo, questo film è ispirato al racconto "Storia della tua vita", incluso nell'antologia di racconti "Storie della tua vita" di Ted Chiang, e racconta di un contatto della nostra civiltà con quella extraterrestre in un'ottica molto più umana, "realistica" e personale. Stavolta non c'è spazio per i cataclismi fini a se stessi, per i colpi di scena sanguinolenti o per la banalità; stavolta la trama di fantascienza è perfettamente fusa con la storia della protagonista (un'ottima Amy Adams), e punta a emozionare, a far provare un brivido che ambisce a qualcosa di più rispetto al semplice stupore visivo.
E la trama ha anche i suoi interessanti intrecci temporali (in effetti, il montaggio stesso del film è funzionale alla narrazione e al suo andamento circolare, vedere per credere); ha i suoi punti complessi, in cui bisogna accettarla così com'è (del resto, quando si parla di intrecci fanta-cronologici bisogna sempre chiudere un occhio, poiché non c'è niente di assoluto), ma queste cose si scoprono all'interno del film (non nel trailer), e sorprendono soprattutto perché sono un mezzo tramite cui veicolare l'emozione e non, come in Interstellar, un tentativo continuo di confondere lo spettatore per fargli dire: "quanto è complicato!" Trama, dunque, che ha una sua ragione narrativa, e che guarda soltanto a se stessa, senza cercare disperatamente a ogni passo di accostarsi a Kubrick che, se è stato definito il migliore, forse è meglio non disturbarlo sull'Olimpo.
In conclusione, vi dico che a mio parere "Arrival" è un film che un amante della fantascienza non può perdersi, perché dopo tanti anni siamo davanti a un'opera ad alto budget che punta sulla trama e sull'emozione, e non sulle luci colorate, sulle esplosioni o sui contorcimenti quadridimensionali.
P.S. Sì, c'è un piccolo difetto anche in "Arrival". Alla fine, nel rapporto affettivo tra i due protagonisti, ci sono alcuni brevi scambi di battute estremamente smielati che, purtroppo, (sempre a mio parere) vanno a sminuire un poco una sceneggiatura che per il restante 98% è ottima.
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