Copertina del romanzo "Calamity".
Con Calamity si conclude la trilogia degli Eliminatori creata da Brandon Sanderson. Come già visto nei volumi precedenti, il romanzo risente di atteggiamenti adolescenziali nei momenti meno opportuni e abuso di similitudini bizzarre, seppure in maniera minore: questo rende la lettura più godibile e apprezzabile. Un approfondimento di certi temi affrontati avrebbe dato un maggior spessore al romanzo, incentrato prevalentemente sull'azione e sull'adrenalina che le situazioni pericolose in cui i personaggi si trovano fanno provare: in questo il lavoro di Sanderson è ben riuscito.
In Calamity, dopo Steelheart e Regalia, David e i superstiti del suo gruppo devono affrontare un altro Alto Epico: Limelight, alias Jonathan Phaedrus, l'uomo che avevano conosciuto come Prof. Posseduto dall'oscurità, colui che era stato il loro capo diventa il nemico che da anni combattono. Come se non bastasse lui, devono fare i conti con un'altra forza distruttiva, Obliteration. Sia quest'ultimo che Prof si trovano a Ildithia, quella che un tempo era Atlanta e che ora è una città completamente fatta di sale, in perenne movimento e che continuamente non fa che ricostruirsi (le abitazioni durano una settimana). David non solo cercherà di scoprire il piano architettato da Regalia, la causa della caduta di Prof, ma tenterà anche di riportare indietro il suo mentore facendogli affrontare la sua paura più grande, perché è questo il segreto per impedire che gli Epici siano in balia dell'oscurità.
Come nei precedenti volumi, Brandon Sanderson mostra nuovi Epici e i loro straordinari e bizzarri poteri, oltre a immettere altri oggetti tecnologici di derivazione epica; grazie all'ingresso in scena di un nuovo personaggio, Knighthawk, verrà spiegato come tali oggetti vengono creati. Ma le sorprese non finiscono qui: sono mostrati nuovi aspetti dei poteri degli Epici già incontrati, su tutti Megan, che per aiutare i suoi compagni si addentrerà più a fondo nella loro conoscenza, correndo il rischio di farsi prendere dall'oscurità.
In questo volume conclusivo non mancano scontri spettacolari, come non mancano le risposte a lungo cercate alle domande che da anni ruotano attorno agli Epici; ma anche se si avrà soluzione a esse, le risposte avute porteranno ad altre domande. Succede con Calamity (in Steelheart sembrava che Sanderson si fosse ispirato alla serie Wild Cards di George R.R. Martin con la stella rossa apparsa in cielo, ma già in Firefight si era visto come l'autore avesse intrapreso un'altra strada), facendo venire il sospetto che anche questa serie sia legata in qualche modo al Cosmoverso (anche se stando alle dichiarazioni lette da parte dell'autore questa serie non ne dovrebbe fare parte). Stessa cosa avviene con Firefight e attraverso di lui Sanderson mette in campo le realtà alternative e gli infiniti mondi esistenti, tema molto caro alla fantascienza e ai fumetti supereroistici americani. Un maggior approfondimento di queste tematiche, magari con un approccio meno adrenalinico dall'uso immediato, avrebbe potuto dare più spessore a una storia comunque buona e coinvolgente. Il potenziale per creare qualcosa di profondo c'era, ma ne è stata sfiorata solamente la superficie: poteva essere un'opera con molte più sfaccettature e sfumature.
Basta pensare a come poteva essere affrontata la condizione di Knighthawk e di sua moglie (qui si poteva davvero creare qualcosa di profondo e struggente, mostrando l'odio per i poteri epici, ma anche il bisogno di averli e usarli per realizzare quanto più si tiene), alle molteplici possibilità di sviluppo che poteva avere l'immissione delle dimensioni parallele; è stato interessante mostrare in alcuni casi versioni alternative di altri personaggi della storia, ma si è trattato di apparizioni fugaci, usate solamente come mezzi per trarsi fuori da situazioni pericolose. Tanti elementi potevano essere messi in campo e sviluppati (le realtà alternative danno tali possibilità, è questo che le rende così affascinanti), ma si capisce che si è voluto fare una certa scelta per il tipo di prodotto da proporre; se si è osservato, i romanzi della trilogia hanno una lunghezza di circa 380 pagine e quindi non c'è molto spazio per approfondire tutto quello che viene mostrato.
Come si è detto, si è trattato di una scelta e proprio tale scelta è il limite di questa serie, dato che è stata progettata per essere young adult: le fosse stata data un'impronta più matura, ci si sarebbe trovati dinanzi a un'opera di ben altro valore. Questa, sia ben chiaro, è un'opinione strettamente personale, perché, pur con i suoi limiti, la serie risulta godibile e coinvolgente, capace anche di dare spunti di riflessione sul libero arbitrio e sulle paure personali che ogni singolo individuo ha (molto bella la parte dedicata a Prof). Eppure non si può non notare come, essendo un lavoro di stampo supereroistico, ci si sia adeguati a quanto i fumetti americani che si dedicano a tale genere (vedasi le varie testate realizzate da Marvel e DC, soprattutto la prima) stanno proponendo in questi ultimi anni: grandi scontri spettacolari che coinvolgono gruppi di supereroi, dove non si dà molto spazio all'analisi di certe tematiche. Tutto è azione, tutto è adrenalina: qualcuno potrebbe far notare che in prevalenza i fumetti supereroistici sono di tale stampo, ma sarebbe un giudizio riduttivo, perché è stato dimostrato che anche in questo campo è possibile realizzare opere profonde (basta pensare ad Alan Moore e a quanto fatto con Watchmen e a certe storie su Superman e Batman, alla storia realizzata da Miller sul Cavaliere Oscuro, al ciclo di Chris Claremont sugli X-men, a quello di Peter David su Hulk, a certe storie passate di Spider-Man).
In conclusione, la trilogia degli Eliminatori merita di essere letta? Sì, purché non si abbiano grandi aspettative: la lettura è scorrevole e piacevole e svolge pienamente il suo ruolo d'intrattenimento. Se si ricerca invece qualcosa di elaborato, si può invece rimanere delusi. Certo, spunti di riflessione ce ne sono, ma sono accennati, non vengono approfonditi come invece meriterebbero. Anche la scelta del finale, che non è tra i più originali e tra quelli che più colpiscono, può lasciare delle perplessità ma, visto il periodo reale e il puntare su letteratura fantastica che si focalizza sul mostrare il peggio dell'essere umano, è qualcosa di positivo che lascia aperta la strada alla speranza (di cui ce tanto bisogno). Il parere personale è, come già detto, che se invece di puntare su un'opera di stampo young adult si fosse puntato a un lavoro più maturo e strutturato, si sarebbe potuto ottenere qualcosa di notevole, viste le capacità dell'autore; l'impressione è che ci si trovi di fronte a un'occasione in parte mancata, in parte non colta, dove si è scelto d'intraprendere la strada più semplice e immediata (quella commerciale) invece di quella più coraggiosa ma magari meno remunerativa.
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