La Campagna di Francia e la ritirata di Dunkerque

di Gianluca Turconi

Nella Seconda Guerra Mondiale poche campagne militari avrebbero potuto avere esiti differenti, sotto l'aspetto tattico e strategico, quanto quella di Francia. Lo sfondamento delle truppe corazzate tedesche a Sedan, il difficile mantenimento dell'alleanza tra Gran Bretagna e Francia, l'epica ritirata via mare delle truppe anglo-francesi a Dunkerque possono essere considerati degli ottimi punti di digressione per un'opera di storia alternativa. Analizzimo i fatti storici e le possibili variazioni sul tema.

La guerra è persa!

La brillante programmazione del piano che aveva portato i tedeschi allo sfondamento di Sedan non prevedeva inizialmente una conversione verso nord ovest in direzione del Canale della Manica e di Calais. Almeno, nessuno dei generali tradizionalisti che erano al comando dell'esercito francese avrebbe mai potuto anche lontanamente immaginare che fosse possibile una manovra del genere. Per militari educati alla guerra di posizione, un movimento di centinaia di chilometri nel breve volgere di pochi giorni era semplicemente inconcepibile. Mancava la coscienza dell'importanza delle truppe corazzate nella guerra moderna. Mentre i francesi le consideravano ancora come supporto della fanteria, i tedeschi avevano già invertito l'ordine delle due armi e le truppe a piedi seguivano diligentemente le aperture create con la forza dai carri armati. La situazione che si era venuta a determinare nei primi dieci giorni di guerra aperta sul fronte occidentale non era molto dissimile da quel che era accaduto nel primo conflitto mondiale.

Soldati inglesi su una nave da trasporto a Dunkerque - immagine in pubblico dominio - fonte Wikipedia

Soldati inglesi su una nave da trasporto a Dunkerque - immagine in pubblico dominio - Fonte Wikipedia.

I tedeschi anche allora aveva minacciato d'accerchiamento le truppe alleate del Nord, ma con sapiente mossa tattica, il generale Joffre aveva percepito il pericolo e lo aveva evitato con una ritirata generale che sul momento era stata vista come una terribile disfatta, ma che si sarebbe rivelata la soluzione risolutiva della guerra, perché aveva salvato interi corpi d'armata dall'accerchiamento e dalla distruzione. Nel 1940 una nuova ritirata avrebbe avuto lo stesso effetto e forse anche le conseguenze di quei primi tragici anni di guerra sarebbero state completamente diverse. Purtroppo, ai Francesi mancava un genio militare al livello di Joffre. A dire la verità, la scarsità di brillantezza era comune a tutti i ranghi militari con qualche eccezione eccellente (De Gaulle). Il problema vero e proprio non consisteva tanto nella qualità degli uomini, in ogni caso scarsa, ma più che altro nell'inadeguato sistema di comando e comunicazioni che rendeva in concreto inutile l'organizzazione a livello strategico.

La velocità dimostrata dai tedeschi non era percepita come un problema dal Quartiere Generale Francese che rispondeva a ogni mossa del nemico pretendendo che fosse proprio l'avversario ad adeguarsi alla lentezza dei soldati di Parigi e non viceversa. Nessuno degli ufficiali d'alto grado riusciva a percepire che la seconda guerra mondiale non era una battaglia di trincea. Ad aggravare l'insipiente condotta dei propri comandanti giunse anche l'estremo scoraggiamento delle truppe francesi che dopo essere state indottrinate a tal punto sull'invulnerabilità della "Linea Maginot" non comprendevano come fosse possibile che il nemico stesse già correndo sul suolo francese. Ancor meno capivano i civili che, terrorizzati, fuggivano di fronte alle truppe corazzate di Hitler. Nessuno di loro era stato neppure avvisato del loro avvicinamento e perciò chi era in possesso di un qualche mezzo di trasporto che gli permettesse di fuggire in anticipo lo aveva fatto in tutta fretta; gli altri, con i loro carri o con le loro gambe, andavano a intasare le vie di ritirata dell'esercito francese in rotta. La bolgia infernale in cui si trasformarono le strette vie di provincia su cui si accalcavano sia i profughi sia i soldati era ciclicamente interessata dalle incursioni dei famosi Stukas, gli aerei da bombardamento in picchiata tedeschi che dopo la conquista della supremazia aerea da parte della Luftwaffe compivano centinaia d'incursioni di interdizione al giorno, aumentando più il panico dei danni materiali effettivi.

Di tutto ciò, il generale in capo francese Georges e il suo diretto sottoposto Gamelin non sapevano realmente nulla. Il 20 Maggio, quando la punta avanzata dell'invasione tedesca già minaccia l'estuario della Somme, il comando alleato era ancora legato al piano che prevedeva la resistenza sull'Escaut (o Schelda) dove si trovavano le divisioni inglesi e francesi del Corpo di Spedizione e dell'Armata del Nord, in appoggio all'esercito belga che ancora lottava. Non si sospettava neppure che tutto il fronte centrale della linea di difesa francese avesse ceduto di schianto permettendo ai tedeschi di creare un cuneo che col passare delle ore procedeva sempre più velocemente verso il mare, spaccando in due ogni resistenza. Se i militari rimasero incoscientemente inermi davanti alla prospettiva di una sconfitta neppure immaginabile, i politici furono colti da un'improvvisa frenesia. Il primo ministro Reynaud, pur essendo all'oscuro della reale gravità dell'accaduto, era già fin troppo sconvolto e da buon uomo di governo perse le intere giornate del 18 e 19 Maggio per trovare un capro espiatorio su cui scaricare ogni colpa. La gravosa accusa ricadde su Gamelin stesso che a mezzogiorno del 20 Maggio fu avvisato della sua avvenuta destituzione.

Il sostituto era certamente degno del compito che gli fu affidato. Il suo nome era Maxime Weygand, settantatreenne eroe della Prima Guerra Mondiale e Maresciallo di Francia. Certo, il suo valore come tattico e stratega era innegabile, ma le stesse modalità della sua nomina dovrebbero mostrarci in quale improvvisazione dovette lavorare. Solo due giorni prima si trovava a Beirut, in Libano. Richiamato d'urgenza, fu trasportato per tutto il Mediterraneo su un aereo, col rischio di essere intercettato dalle squadriglie tedesche. Dopo una deviazione su Tunisi, era nuovamente in volo verso la Francia, dove la mattina del 20 ebbe solo il tempo di presentarsi da Georges per assumere la carica. Il nuovo responsabile militare del destino della Francia non conosceva neppure il suo staff e avrebbe dovuto arginare l'avanzata nazista! Inoltre, lo stesso giorno in cui Weygand assunse i poteri, i tedeschi conquistarono Abbeville, raggiungendo la Manica. La guerra ormai era persa.

Una via d'uscita

O almeno, sarebbe stata persa se ci fosse stata un'altra persona al posto di Weygand. La sua migliore qualità era sicuramente il pragmatismo. Non disegnava nessuna offensiva sulla carta, ma preferiva una presa di contatto diretta col fronte, per comprendere quali fossero le condizioni reali dei propri soldati. Per fare ciò fu progettata un'ispezione a Dunkerque. Il nuovo comandante cominciò subito a capire quale disordine regnasse nelle comunicazioni dell'esercito francese. Infatti, il suo spostamento era stato originariamente previsto col treno, nell'erronea convinzione che vi fosse ancora un collegamento diretto con l'Armata del Nord. Weygand scoprì l'accerchiamento della maggior parte dei suoi uomini dalla mancata risposta di un capostazione in un'anonima cittadina a nord della Somme!

L'incidente ebbe almeno un aspetto positivo e cioè quello di chiarire definitivamente quanto fosse grave la posizione delle truppe alleate nel Nord della Francia. Il fronte alleato era diviso in due. La parte meridionale comprendeva tutte le divisioni ingoiate dalla Linea Maginot ancora non impiegate, ma in pratica inutilizzabili per delle manovre in campo aperto. A esse si aggiungevano i reparti in ritirata dopo la disfatta di Sedan. Un forza troppo debole per contrastare l'invasione. L'unica speranza era l'Armata del Nord che insieme al Corpo di Spedizione Britannico aveva combattuto poco e aveva subito perdite minime. Il loro accerchiamento non poteva essere altro che il preludio della sconfitta.

Per uscire dalla trappola, Weygand individuò un unico piano che era anche il più logico. Mise da parte ogni pensiero di un'offensiva verso Oriente in direzione del Belgio e progettò quello che divenne conosciuto come il "piano Weygand" cioè una manovra di avvicinamento con direzione Nord-Sud tra le due armate alleate rimaste separate. Teoricamente ineccepibile, in pratica il piano si presentava immediatamente di difficile realizzazione.

Il comando alleato era diviso da interessi interni delle varie nazioni in lotta (Gran Bretagna, Francia e Belgio) che minacciavano di far fallire l'iniziativa. Al fine di concordare un piano d'azione comune, Weygand si assunse il rischio di volare nuovamente fino alla zona accerchiata per incontrare i responsabili militari della zona nord. La missione si tramutò ben presto in un'avventura al limite della leggenda. Sotto l'attacco continuo dei bombardieri tedeschi, Weygand fu costretto ad atterrare tre volte e a ripartire altrettante per la mancanza assoluta di informazioni sul luogo preciso dove tutti i responsabili militari si sarebbero riuniti. Giunto a Calais fu informato della necessità di ritornare sui propri passi perché l'incontro era stato organizzato a Ypres! Al suo arrivo al palazzo municipale della cittadina, nessuno degli ospiti desiderati era presente. Dopo un'attesa snervante si presentarono solo Billotte, generale francese incaricato di comandare il 1° Corpo d'Armata e Leopoldo, re del Belgio e comandante in capo delle forze armate di Bruxelles. Weygand espose sommariamente la sua idea per riunificare le due sezioni alleate e scoprì con sua sorpresa che parzialmente l'operazione era già in corso per iniziativa del britannico Gort che il 20 Maggio aveva affidato alla 5a e 50a Divisione Britannica il compito di ridurre il cuneo nemico in direzione dell'Escaut. Si concordò allora un disimpegno delle truppe anglo-francesi dallo scenario orientale per consentire l'offensiva verso sud. Le forze belghe avrebbero sostenuto tale ritiro, aumentando le operazioni di rallentamento delle unità della Wehrmacht.

Il programma deciso in occasione dell'incontro di Ypres possedeva due enormi incognite: la reale capacità e volontà di resistenza dei belgi e l'obbedienza del generale britannico Gort. Re Baldovino, pur approvando di massima il piano Weygand, comunicò che difficilmente i propri soldati avrebbe accettato un ulteriore abbandono del territorio nazionale, la cui difesa era l'unica ragione per cui essi si battevano. La sua politica, non condivisa da alti esponenti del governo di Bruxelles, diventerà oggetto della grave spaccatura che avverrà nel paese al momento della capitolazione. Per quel che riguarda Gort, il sospetto di una sua insubordinazione era già nell'aria da alcuni giorni. Billotte aveva comunicato ufficialmente a Weygand la sua impressione che il Corpo di Spedizione Britannico stesse già agendo autonomamente. Sebbene teoricamente sottoposto al comando francese, Gort poteva sorvolare sugli ordini provenienti da Weygand richiamandosi alle direttive del proprio esecutivo. La sua assenza a Ypres pareva confermare in pieno l'atroce dubbio che Churchill avesse comunicato a Gort l'ordine di reimbarco.

Weygand ripartì da Ypres senza sapere quanto infondati fossero i suoi timori. Gort arrivò in città solo dopo il tramonto ed ebbe conoscenza del piano del generale francese da Billotte. Si sottomise pienamente alle direttive francesi senza opporsi minimamente, riconoscendo nella manovra l'unica possibilità di sblocco della zona di Calais e Dunkerque. Il 23 Maggio il Corpo di Spedizione perfezionò il ritiro dal territorio belga, lasciando come uniche unità di retroguardia la 5a e la 50a Divisione, già duramente colpite negli attacchi dei tre giorni precedenti. La giornata del 24 Maggio fu decisiva.

Nel periodo tra il 21 e il 23 Maggio, l'offensiva tedesca era rimasta sospesa nell'incertezza di un fallimento. Lo stesso OKH (Ober Kommand Herees, Comando Supremo delle Forze Armate tedesche) era consapevole del fatto che le divisioni corazzate che tenevano il territorio dalla frontiera tedesca fino alla Manica erano insufficienti per respingere un'offensiva in larga scala delle truppe alleate. Le truppe di fanteria d'appoggio che avrebbero dovuto occupare le terre su cui sono volati i carri armati delle Panzerdivisionen erano in ritardo a causa dell'estremo dissesto delle vie di comunicazione. Per tre lunghi giorni, il Piano Weygand avrebbe potuto avere successo. Malauguratamente, le stesse condizioni disagiate erano vissute anche dagli Alleati che pur affrettandosi non avrebbero potuto cominciare l'attacco prima del 25 Maggio e, come ricordato, il 24 l'offensiva a tenaglia era già chiaramente impossibile.

Nessun movimento delle forze francesi a Sud di Lille era stato segnalato e con un colpo di fortuna dovuto all'intercettazione di un ordine della 6a Armata tedesca, Gort venne a sapere in anticipo che i rinforzi tedeschi erano finalmente giunti e che essi progettavano una duplice offensiva verso Ovest in direzione dell'Escaut e verso Nord partendo dalla Somme. Era lampante che l'esercito belga non avrebbe mai potuto resistere alla doppia mossa tedesca, minacciando in caso di resa l'annientamento di tutta la retroguardia inglese.

"Ritirata!"

Alla stessa conclusione era giunto anche Weygand che ormai non si illudeva più di rompere l'accerchiamento. Aveva emanato una direttiva che prevedeva la creazione di una testa di ponte nel nord della Francia rifornita via mare attraverso Calais e Dunkerque. Per tutta la giornata del 25, Gort si attenne a questo secondo ordine, pur sapendo che lo sfondamento delle linee belghe era ormai questione di ore, al massimo di giorni. Aveva anche pensato alcuni giorni prima di effettuare una ritirata generale per il reimbarco in direzione di Dunkerque, ma il governo di Churchill aveva rifiutato con vigore opponendo ragioni di "opportunità". Come avrebbero potuto abbandonare gli alleati francesi al loro destino riportando le proprie truppe praticamente intatte in patria col rischio di essere accusati di codardia? Gort però, dopo giorni di attesa senza nessuna novità, si assunse la responsabilità di comunicare l'ordine che dava inizio alla ritirata verso il mare: il generale Franklin doveva ricondurre la 5a e la 50a divisione verso Ypres e di lì a Dunkerque. Il piano Weygand era definitivamente abbandonato.

Nell'ambito dello studio della storia della Campagna di Francia, quell'ordine ha sempre costituito un elemento cardine e nel medesimo tempo un punto oscuro delle operazioni alleate e conseguentemente della successiva condotta di guerra. Sia sufficiente ricordare quanto sia controversa persino la data in cui tale ordine fu effettivamente dato. Secondo gli storici francesi sarebbe la sera del 23 Maggio, data confermata anche dalla sfuriata di Weygand avvenuta il giorno successivo non appena saputo del fallimento del suo progetto. Per gli storici inglesi invece l'iniziativa di Gort fu presa solo alle 18 del 25 Maggio e a sostegno di questa affermazione vi sarebbe sia l'ufficialità acquisita dall'ordine nella riunione inter-alleata del giorno 26 sia il telegramma del Ministero della Guerra inglese dello stesso giorno che approvava la decisione del generale e successivamente lo autorizzava a procedere verso la costa "in congiunzione con le truppe francesi e belghe". Non deve apparire di secondaria importanza la disputa circa l'esatto giorno in cui fu presa la decisione, perché la differenza di data comporterebbe anche una diversa interpretazione della condotta di Gort e del governo inglese. Se in realtà Gort avesse deciso di ritirarsi il giorno 23, non si potrebbe sostenere che egli lo abbia fatto di sua iniziativa preoccupato dalle condizioni tattiche, perché allora l'esercito tedesco non aveva ancora ottenuto forze necessarie per l'assalto finale. Inoltre, se fosse confermata la tesi francese, Churchill avrebbe preso la decisione di disimpegnarsi alcuni giorni prima, con il Corpo di Spedizione ancora in Belgio. Sarebbe in pratica un disconoscimento della ferrea volontà del leader inglese di tenere fede all'alleanza con la Francia che avrebbe portato al riconoscimento successivo della Francia Libera.

La verità fattuale in questo caso è praticamente impossibile da determinare. Perciò dovrà far fede la verità storica che si basa sulla documentazione ufficiale che riconduce alla sera del 25 Maggio il provvedimento definitivo, preso in totale indipendenza dal generale britannico. Proprio la persona di Gort avrebbe in seguito attratto l'attenzione degli studiosi. Certamente non privo di coraggio personale essendosi guadagnato la Victoria Cross durante la Prima Guerra Mondiale, quest'uomo forse difettava delle qualità di comando necessarie per il compito che la Gran Bretagna pretendeva da lui. Un giudizio di questo genere sarebbe però ingeneroso nei sui confronti. Egli seppe leggere correttamente la situazione tattico-strategica nel volgere di poche ore e cercò di risolverla salvaguardando gli interessi dei propri uomini e della propria patria. Ne è conferma ciò che avvenne lunedì 27 Maggio 1940.

In quel giorno l'esercito belga capitolò. Re Baldovino decise di porre termine alle sofferenze del suo popolo. L'atto ebbe anche conseguenze sul piano politico. Il re accusò il suo governo di aver abbandonato la popolazione al proprio destino e di essere fuggito all'estero, mentre l'esecutivo rinfacciò al monarca di aver consegnato il Belgio all'invasore senza neppure tentare di continuare la lotta presso gli alleati d'oltre oceano, come invece avevano fatto la regina d'Olanda e il Granduca di Lussemburgo. Le tensioni nate in questi giorni si riproporranno intensificate al termine della guerra, quando il Belgio dovrà scegliere se confermare la fiducia a Baldovino attraverso un referendum. Prescindendo dalle problematiche politiche, il crollo del Belgio comportò ciò che Gort aveva previsto: tutto il fronte sinistro degli Alleati si sgretolò nel giro di poche ore. La sua manovra preventiva di spostare la 5a e la 50a Divisione a copertura della regione fu appena sufficiente per salvarlo dal disastro.

La gravità della crisi fu immediatamente chiara anche a Londra, da dove il 27 Maggio alle 13, verrebbe da dire finalmente, fu comunicato per telegrafo al generale Gort di preoccuparsi di "evacuare il maggior numero di uomini possibile". Intelligentemente il Comando Inglese omise di indicare se nell'evacuazione dovessero essere comprese anche le forze francesi del 16° Corpo dell'Armata del Nord che difendono la linea tra Gravelines e Bergues e il resto della 1a Armata. Neppure loro sapevano quali ordini seguire, dal momento che il Comando francese era piombato nel caos al momento della capitolazione belga con il conseguente crollo delle difese di confine. Remore del genere furono evitate per il 5° Corpo francese, perché ci pensarono i tedeschi a circondarlo all'interno di Lille, impedendogli la ritirata.

Un aiuto insperato di Hitler

Alla sera del 28 Maggio, la distruzione dell'Armata del Nord francese e del Corpo di Spedizione Britannico erano ritenute imminenti. La disposizione delle forze sul campo era la seguente: come ricordato, il 16° Corpo francese difendeva la linea destra del nuovo perimetro di difesa progettato intorno a Dunkerque e, in pratica, era l’unico abbastanza vicino al porto per essere ragionevolmente salvato. Le forze rimanenti, sia francesi sia britanniche, erano disseminate tra la città portuale e Armentiere, una piccola cittadina a poca distanza da Lille, formando un corridoio dai lati troppo lunghi per essere efficacemente difeso dagli uomini a disposizione, in particolare la 44a e la 48a Divisione Britanniche, che tenevano i fianchi dello schieramento.

Su di esse premevano la 5a e la 7a Divisione corazzata tedesca da Nord e Ovest, partecipando all'assedio di Lille e l'intera 6a Armata della Wehrmacht da Est. La supremazia di forze tedesche era schiacciante e nulla che avessero fatto gli accerchiati in quei momenti avrebbe potuto cambiare il loro destino.

Gli alleati però ignoravano che Hitler li aveva già graziati. Il 23 Maggio, quando ormai la vittoria definitiva si stava prospettando, egli aveva deciso che l'offensiva finale sarebbe avvenuta non prima del 31 Maggio. Nonostante i suoi generali avessero compreso che un simile ritardo non era più giustificabile per le mutate condizioni del nemico, nessuno aveva avuto il coraggio di farlo notare al Führer. Addirittura, il generale Rundstedt, precedendo e involontariamente assecondando la volontà di Hitler, annullò un ordine dell'OKH che distaccava l'intera 1a Armata del Gruppo A, ormai inutile, al Gruppo B per sfondare le ultime resistenze di Dunkerque. Riteneva che un paio di giorni di riposo fossero necessari alle divisioni corazzate per riprendersi dagli intensi combattimenti delle precedenti due settimane.

Gli Alleati approfittarono mirabilmente del tempo concesso loro, riuscendo in 36 ore a ritirare quattro divisioni britanniche e 2/3 della 1a Armata Francese all'interno del perimetro di Dunkerque. Ciò che a prima vista può sembrare un colpo di fortuna fu il risultato sia di un reiterato lassismo del comando tedesco sia di un insperato e, purtroppo inutile, gesto di eroismo dell'esercito francese. Il generale von Bock che dopo la capitolazione dell'esercito belga avrebbe potuto marciare indisturbato fino a Dunkerque, rimase su posizioni più sicure, concedendo anch'egli un giorno di riposo alle proprie truppe che avevano percorso quattrocento chilometri in meno di venti giorni. Così la 5a e 50a Divisione britanniche, inizialmente date per spacciate, avevano raggiunto senza troppe difficoltà la salvezza all'interno del perimetro difensivo. Invece, intorno a Lille, dove il 5° Corpo dell'Armata del Nord francese era rimasto intrappolato, i combattimenti continuarono accaniti. Gli stessi tedeschi si stupirono di tanta resistenza dei soldati francesi che in pratica erano gli stessi fuggiti a Sedan. Essi resistettero fino al 1 giugno, concedendo del tempo prezioso ai compatrioti scampati all'accerchiamento. Il loro coraggio fu riconosciuto anche dai vincitori che concessero loro l'onore delle armi.

Nel frattempo, già dalla sera del 28 Maggio l'operazione Dynamo, cioè il rimpatrio del Corpo di Spedizione britannico era cominciata. Le prospettive non erano delle migliori. Le imbarcazioni che dovevano giungere a Dunkerque, si accostavano a una città bombardata da terra e dall'aria. Le truppe corazzate di Guderian ferme a solo 8 km dalla città potevano raggiungere con i loro cannoni il centro cittadino e lambivano il porto che era anche pesantemente colpito dalla Luftwaffe. Proprio su quest'ultima erano riposte le grandi speranze di Hitler. Göring aveva promesso che l'arma aerea avrebbe potuto impedire il reimbarco delle forze alleate anche da sola. Tale promessa si rivelò infondata per una serie complessa di ragioni.

Evacuazione delle truppe inglesi e francesi sulla spiaggia di Dunkerque - immagine in pubblico dominio - fonte Wikipedia

Evacuazione delle truppe inglesi e francesi sulla spiaggia di Dunkerque - immagine in pubblico dominio - Fonte Wikipedia.

Effettivamente, l'Ammiragliato britannico, in una previsione pessimista dell'operazione, aveva calcolato di salvare solo 45.000 uomini, un decimo del totale da parte inglese. Già il primo giorno però fu possibile recuperare più di 17000 uomini, cifra che venne via via aumentata fino a raggiungere le 68000 unità giornaliere il 31 Maggio. Lo sforzo fu possibile unicamente per l'estremo sacrificio dei membri della Marina britannica. Non solo di quella militare, che perse un terzo delle 693 imbarcazioni ufficialmente impiegate, ma soprattutto di quella civile che con grande senso del dovere aveva formato ciò che Churchill stesso definì una "flotta-zanzara". Essa era formata da centinaia di imbarcazioni di ogni tipo, dai pescherecci alle imbarcazioni fluviali, dai traghetti turistici alle barche per gite lacustri; ogni più piccolo bastimento che galleggiasse fu impiegato per il trasporto militare. Non si può sapere quanti siano stati i volontari che rischiarono la propria vita in quei giorni, perché molti non si iscrissero nemmeno nelle apposite liste predisposte dall'Ammiragliato, facendo la spola tra la Gran Bretagna e la Francia senza nessuna autorizzazione, solo per salvare i propri fratelli.

A nulla sarebbe servito il lavoro via mare se la Gran Bretagna non avesse alla fine messo in campo il bene più prezioso che ancora conservava per la protezione della madre patria: l'Aviazione Metropolitana. I nuovi modelli Hurricane abbatterono più di duecento bombardieri tedeschi sopra le spiagge di Dunkerque, perdendo velivoli per poco più della metà di quella cifra. A fiaccare la promessa fatta da Göring vi era stata anche l'estrema difficoltà di provocare seri danni a una flottiglia così eterogenea e alla fanteria su un terreno terribilmente sabbioso che limitava enormemente il potenziale distruttivo del bombardamento in picchiata. Tra alterne vicende, il 31 Maggio, 165000 soldati avevano abbandonato incolumi la terra francese.

L'alleanza scricchiola

A prima vista si dovrebbe dire che già in quella data l'operazione Dynamo era stata un pieno successo. Il generale Gort, rientrato a Londra dopo essere stato sostituito da Alexander al comando degli ultimi reparti inglesi rimasti a Dunkerque, si poteva ritenere soddisfatto. Aveva pienamente raggiunto il suo obbiettivo: salvare il Corpo di Spedizione.

Proprio qui stava il problema. Degli uomini evacuati fino al 31 Maggio solo 15000 erano francesi. A difendere la ridotta di Dunkerque nel mese di giugno erano rimaste solo unità transalpine, alcune di seconda scelta, come per esempio la 68a Divisione del Genio che avrebbe protetto la ritirata fino al 3 Giugno, sacrificandosi contro forze superiori in un rapporto di tre a uno. Weygand aveva protestato veementemente contro ciò che egli riteneva una deliberata violazione degli accordi d'alleanza e in concreto un abbandono delle operazioni di guerra in comune. L'ordine di distruggere tutto il materiale bellico che non poteva essere trasportato era ottemperato dagli inglesi in modo sistematico, anche quando tale materiale, specialmente i camion da trasporto, poteva essere ancora utilizzato dagli alleati francesi. A giustificazione degli inglesi, rimane però il completo caos che pervadeva ancora le divisioni francesi. Non esistevano dei chiari ordini di imbarco, addirittura il Comando Francese sognava ancora di poter contrattaccare in direzione di Calais per aprire una nuova zona di fuga alle truppe accerchiate.

Il 2 Giugno, partiti gli ultimi inglesi, l'Ammiragliato avrebbe voluto interrompere qualunque operazione nelle acque di Dunkerque e fu necessario un ordine diretto di Churchill affinché la flotta inglese compisse un'ennesima volta il tragitto in direzione della costa francese. L'appoggio aereo fu però negato, perché la RAF aveva subito perdite pesanti già per difendere il Corpo di Spedizione e non poteva andare oltre. Per i francesi l'imbarco fu così una vera sfida alla fortuna. Gli Stukas finalmente liberi dal pericolo dei caccia britannici, bombardano qualunque cosa si muovesse sul mare. 26000 francesi riuscirono miracolosamente a dirigersi verso la Gran Bretagna.

Nonostante le reticenze iniziali, l'Ammiragliato non se la sentì di abbandonare quasi tutti i difensori francesi di Dunkerque e decise di tentare per un'ultima volta la traversata nella notte tra il 3 e il 4 Giugno. In quelle ore non ci furono ordini o gradi che potessero dare la precedenza a un individuo. La priorità era una sola: salvare la propria vita. Nella fretta di rendere impraticabile il porto, la Royal Navy aveva già parzialmente ostruito l'imboccatura affondando due traghetti. Nello stretto collo di bottiglia si ammassarono tutte le navi che dovevano uscire dalla città. I civili francesi inveivano contro i propri soldati che li abbandonavano in mano al nemico senza sapere che ben 35000 di loro avrebbero condiviso la stessa sorte, finendo prigionieri dei tedeschi. Tra di loro anche i valorosi combattenti della 68a Divisione che terminerà di combattere con meno del venti percento degli effettivi iniziali. Le aride cifre dicono che 340000 uomini sono stati salvati, tra i quali 115000 francesi, ma non raccontano l'eroismo e la disperazione di coloro che rimasero sulle banchine a guardare l'ultimo bastimento che spariva all'orizzonte.

La Francia aveva ancora 50 Divisioni, tali solo di nome, inutili per difendere il lungo fronte che si era formato. La Germania nazista aveva virtualmente vinto la Battaglia di Francia, ma la Gran Bretagna conservava praticamente intatto il proprio potenziale bellico umano e attendeva con trepidazione il futuro "di lacrime e sangue" che Churchill prevedeva.

Fonti e letture consigliate:

"La Seconda Guerra Mondiale" di Raymond Cartier;
"Le grandi battaglie della Seconda Guerra Mondiale raccontate da Winston Churchill" a cura di Giordano Bruno Guerri (Mondadori Editore);
"La Seconda Guerra Mondiale" di Winston Churchill (Mondadori Editore).

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