Carri armati nella Prima Guerra Mondiale - Piccoli Titani

di Simone Pelizza

La comparsa delle "navi da terra", i carri armati, sconvolse l'arte della guerra nel corso della Prima Guerra Mondiale. Analizziamo il primo scontro tra mezzi corazzati avvenuto sul fronte occidentale, in prossimità di Villers Bretonneux tra unità britanniche e tedesche, la progettazione e le curiosità dell'invenzione di quest'arma moderna.

La situazione sul fronte occidentale

Carro armato britannico Mark I (male) - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia

Carro armato britannico Mark I (male).

Il 21 Marzo 1918 l'Esercito tedesco lanciò una massiccia offensiva sul Fronte Occidentale, a Oriente, la Russia, sconvolta dalla Rivoluzione, si era appena arresa. Ciò aveva permesso il trasferimento di migliaia di soldati tedeschi nelle Fiandre e nel Belgio occupato, in vista dell'ultimo decisivo attacco contro le linee di difesa franco-inglesi. L'Alto Comando tedesco, guidato dal Feldmaresciallo Paul von Hindenburg e dal generale Erich Ludendorff, era conscio del fatto che la partita doveva essere chiusa al più presto, poiché sia la Germania sia l'Austria-Ungheria, ovvero gli Imperi Centrali, erano sull'orlo del collasso economico-sociale, strangolati dal micidiale blocco navale imposto loro dalla Marina britannica; bisognava vincere la guerra nel più breve tempo possibile, approfittando della situazione favorevole venutasi a creare nelle ultime settimane.

Questo sentimento "conclusivo" era condiviso anche dai nemici dell'Intesa. Il lungo e sanguinoso conflitto aveva stremato Francia e Gran Bretagna. Anche a Londra e Parigi si riteneva indispensabile una fine rapida e vittoriosa della guerra, pena gravi problemi interni non dissimili da quelli che travagliavano Berlino e Vienna. C'era però un grosso ostacolo da superare: la sconfitta della Russia costringeva gli sfiniti Alleati sulla difensiva, contro un avversario molto più forte dal punto di vista umano e materiale. Solo l'intervento concreto e deciso degli Stati Uniti, con la loro grande potenza industriale, poteva volgere gli eventi in favore dell'Intesa. Tuttavia gli americani, pur in guerra contro la Germania dall'Aprile 1917, erano ancora intenti nei preparativi per la loro reale entrata in campo, prevista per l'estate 1918. Fino ad allora, inglesi e francesi dovevano cavarsela da soli. Insomma, nella primavera 1918 la Germania partiva avvantaggiata nello sprint finale del conflitto. Francia e Gran Bretagna dovevano assolutamente cercare di resistere, ma le loro condizioni erano estremamente difficili.

Il piano dell'Alto Comando tedesco prevedeva un attacco massiccio nelle basse colline delle Fiandre, a nord di Amiens. L'obiettivo era sfondare il fronte e marciare spediti in direzione dei porti sulla Manica; la loro occupazione avrebbe messo definitivamente in crisi gli Alleati dell'Intesa, decretando la vittoria tedesca. Era impossibile che le esauste truppe franco-britanniche potessero reggere un simile assalto, potente nelle risorse e deciso nello slancio. Alla resa dei conti, però, questo calcolo si rivelò clamorosamente errato. Quando l'offensiva partì, il 21 Marzo, i tedeschi riuscirono sì a far retrocedere gli avversari di ben 80 chilometri, ma non poterono raggiungere completamente i loro obbiettivi iniziali. La BEF (British Expeditionary Force), a prezzo di pesanti perdite, riuscì infatti a mantenere il controllo di Amiens, nonché di quasi tutti i principali nodi stradali e ferroviari. L'attacco tedesco rischiava subito di impantanarsi. Furibondo per come si erano messe le cose, Ludendorff, su suggerimento del generale von der Marwitz, decise di muovere all'assalto delle piccole cittadine di Cachy e Villers Bretonneux. Si trattava di una manovra diversiva, senza alcun obiettivo importante, salvo quello di confondere gli Alleati e disperdere le loro forze. Tuttavia, l'abile generale tedesco non mise in conto la possibilità che tale semplice azione locale potesse trasformarsi in una ghiotta possibilità di forzatura del fronte. Questo nuovo, gravissimo errore di valutazione avrebbe portato al fallimento dell'intera offensiva e alla sconfitta definitiva della Germania. Sì, perché Villers Bretonneux era un importante nodo stradale: vista la difficile situazione, per gli Alleati ogni punto era vitale, da difendere a ogni costo. La battaglia per questa piccola cittadina nel Nord della Francia sarebbe stata, quindi, dura e sanguinosa. E avrebbe fatto epoca, perché Villers Bretonneux divenne sorprendentemente teatro del primo scontro tra carri armati della Storia.

Le "navi da terra": i carri armati nella Prima Guerra Mondiale

Nel 1915 la guerra sul Fronte Occidentale era divenuta di posizione. Migliaia di soldati, indipendentemente dalla nazionalità, morivano nelle trincee, senza riuscire a portare alcun attacco definitivo contro il nemico. Era una strage inumana e costante.

La Marina britannica fu la prima a cercare metodi e mezzi per rompere tale stallo catastrofico. Il primo Lord dell'Ammiragliato, Winston Churchill, chiamò a raccolta i migliori tecnici militari e civili del suo paese, ed espose loro la necessità di trovare soluzioni per spezzare la guerra di posizione e battere i tedeschi. Tra questi tecnici vi era anche Ernest Swinton, brillante colonnello del Genio che aveva già prestato servizio durante la guerra anglo-boera (1899-1902). Dopo attente riflessioni, egli giunse alla conclusione, assolutamente rivoluzionaria, che solo veicoli corazzati da combattimento, propulsi da una motrice, potevano travolgere le trincee nemiche e riaprire il fronte. Nonostante dubbi e diffidenze, Swinton riuscì ad attirare l'attenzione di Churchill e dell'Ammiragliato sulla sua singolare intuizione.

Cominciarono studi, progetti ed esperimenti. Il 6 Gennaio 1916 mosse i suoi primi passi il primo mezzo corazzato cingolato della Storia: il Big Mother, veicolo romboidale dotato di un cannone da 57 mm. e/o di una mitragliatrice, protetto da lamiere spesse 10 mm. In pochi mesi, superati con successo i test iniziali, ne furono prodotti più di 100 esemplari. Nel Settembre 1916 i carri armati (o "navi da terra", in quanto realizzati e prodotti dalla Marina seguendo precisi criteri navali) furono impiegati per la prima volta sul campo di battaglia durante l'offensiva della Somme. Privi di cooperazione, però, furono facilmente sopraffatti dal fuoco nemico; nonostante l'insuccesso finale, riuscirono comunque a sfondare alcuni punti delle trincee tedesche, superando senza problemi reticolati e sbarramenti. La nuova arma si assicurò così una certa fiducia tra i vertici militari.

Fu istituito un Quartier Generale del Corpo dei Carri Armati, comandato dal Tenente Colonnello Hugh Elles e dal maggiore J.F.C. Fuller. Entrambi erano accesi sostenitori dei carri armati. Dopo mesi di duro lavoro, Fuller riuscì a ideare valide tattiche di combattimento per i nuovi mezzi; Elles, invece, creò una corazza più spessa (12-16 mm.), capace di sopportare i proiettili dell'artiglieria nemica. Nella primavera 1917 videro la luce due nuovi modelli corazzati: il Mark I e il Mark IV. Alcuni mesi più tardi, venne varato il Whippet, blindato più leggero rispetto ai precedenti ma dotato della stessa corazza del Mark IV, velocissimo (poteva raggiungere i 13 Km/h - per l'epoca, una velocità straordinaria). Tutti i veicoli erano dotati di un cannone da 75 mm. e di almeno quattro mitragliatrici.

Carro armato francese Schneider CA1 M16 Mark I (male) - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia

Carro armato francese Schneider CA1 - M16.

Nell'autunno 1917 Fuller lanciò una mini-offensiva di carri armati sul fronte, vicino alla città di Cambrai: questa volta, i mezzi agivano in gruppo e dovevano seguire precise direttive. I risultati dell'operazione furono sbalorditivi. I carri armati travolsero le difese tedesche, e raggiunsero in un paio d'ore quasi tutti i loro obiettivi nei dintorni della città. Il mancato sostegno della fanteria, tuttavia, impedì agli inglesi di sfruttare pienamente il successo ottenuto. Ma ormai la strada verso la guerra corazzata era aperta. Agli inizi del cruciale 1918, anche i francesi disponevano di carri armati (uno su tutti, il leggero Schneider CA1 anche detto M16).

E i tedeschi? La battaglia di Cambrai fu uno shock per loro. Lo smacco subito, però, non convinse l'Alto Comando dell'importanza delle nuove armi. Ludendorff rimase sospettoso e ostile verso i veicoli corazzati a motore, da tempo studiati anche in Germania. Nonostante lo scetticismo, autorizzò comunque la costruzione di 100 veicoli da combattimento: erano gli A7V, pesanti e con armi poco efficienti (il cannone principale era solo di 57 mm.), ma veloci quanto i Whippet e dalla corazza impenetrabile (30 mm. di spessore). Prodotti a tempo di record nel Dicembre 1917, restarono inattivi per settimane; la sfiducia dei vertici militari nei loro confronti era totale. Tuttavia, nell'Aprile 1918, Ludendorff decise incredibilmente di impiegarli nella manovra diversiva su Cachy e Villers Bretonneux. Al punto in cui si era giunti, ogni mezzo poteva essere utile per vincere la contesa; ma il supremo comandante tedesco continuava a guardare con disprezzo le nuove armi. Questa sua incapacità di comprendere le vere qualità dei mezzi corazzati lo avrebbe condotto alla sconfitta.

La battaglia di Villers Bretonneux (24 Aprile 1918)

Il 17 Aprile, l'artiglieria tedesca cominciò un pesante bombardamento su Villers Bretonneux, specialmente sul Bois d'Aquenne, una foresta ad ovest della cittadina ove erano concentrati i principali contingenti britannici a difesa della zona. Il cannoneggiamento proseguì in maniera costante per sette giorni, provocando numerosi feriti tra gli inglesi. Alle 7.00 del mattino del 24 Aprile, quattro divisioni di fanteria, coperte da speciali proiettili fumogeni e sostenute da 13 A7V , attaccarono con decisione i dintorni di Villers Bretonneux e le difese della vicina Cachy. L'apparizione dei carri armati tedeschi portò scompiglio e panico tra i difensori: gli inglesi, infatti, non pensavano che anche il nemico potesse disporre di propri veicoli corazzati (in precedenza, l'Alto Comando Tedesco aveva effettuato sul fronte solo alcune piccole operazioni test, usando pochi Mark IV catturati agli inglesi). In breve, molti soldati britannici furono falciati senza pietà dalle mitragliatrici dei veicoli nemici, mentre la fanteria tedesca neutralizzava i superstiti. Alle 10.00, appena tre ore dopo l'inizio dell'attacco, Villers Bretonneux era stata occupata quasi completamente e gli A7V, seguiti dalla fanteria, avevano sfondato le linee inglesi di circa 10 Km., arrivando a minacciare Cachy anche da sud.

Carro armato francese Renault FT-17 - Immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, fonte Wikimedia Commons - utente Ian Dunster

Carro armato francese Renault FT-17.

Giunta notizia dell'assalto nemico, le compagnie britanniche presenti nel Bois d'Aquenne cercarono di riorganizzarsi e di passare al contrattacco. Nella foresta era presente un piccolo distaccamento corazzato, composto da tre Mark IV e comandato dal Capitano J.C. Brown. Una delle unità era guidata dal Luogotenente Frank Mitchell. Brown ordinò a Mitchell di supportare la fanteria, intenta a consolidare le proprie posizioni di fronte al nemico. Mitchell partì con il suo veicolo in direzione di Cachy, accompagnato anche dagli altri due carri armati. Dopo tre quarti d'ora di marcia, i tre mezzi corazzati raggiunsero finalmente il settore dei combattimenti. All'improvviso, un A7V tagliò la strada al veicolo di Mitchell; questi non credette ai propri occhi: un carro armato tedesco! Passata la sorpresa, il Luogotenente informò della notizia anche gli altri tank e si gettò all'inseguimento del mezzo nemico. Per la prima volta, due veicoli corazzati si affrontavano in campo aperto, l'uno contro l'altro.

L'A7V, guidato dal colonnello Biltz, si accorse degli inseguitori e attaccò con violenza il Mark IV di Mitchell, aprendo il fuoco con il suo cannone da 57 mm. Il colpo andò a vuoto, e gli inglesi risposero subito; ma anche loro mancarono il bersaglio. Iniziò una lunga serie di manovre e contromanovre, con un fitto e vicendevole scambio di colpi, ma nessuno dei due equipaggi riusciva a mettere fuori combattimento l'avversario. Al termine di un duello serrato e avvincente, Mitchell riuscì a centrare mortalmente il carro armato avversario. Biltz e i suoi uomini abbandonarono l'A7V ormai inutilizzabile e si unirono alla loro fanteria. Vinto il suo primo scontro, il Mark IV di Mitchell si scagliò contro altri due tank nemici, sopraggiunti nel mezzo della battaglia. Forse spaventati dal fato del veicolo di Biltz, i due A7V si ritirarono dalla scena a rotta di collo: uno di loro, però, fu fermato da un proiettile dell'artiglieria britannica, che mandò in frantumi buona parte della sua corazza. Ancora vincitore, Mitchell andò in aiuto degli altri due Mark IV, impegnati contro la fanteria nemica; in breve, i tedeschi furono messi in fuga.

Nel frattempo, un aereo da ricognizione informò la guarnigione di Cachy che numerosi contingenti nemici stavano avanzando verso di loro, appoggiati da svariati carri armati. A Cachy si trovava un piccolo drappello di Whippet, comandato dal Capitano T.R. Price. Egli prese subito l'iniziativa e partì immediatamente in direzione delle truppe d'assalto tedesche; strada facendo si congiunse con Mitchell e i suoi veicoli. I Whippet e i Mark IV attaccarono insieme la fanteria nemica, seminando morte e terrore. Pur perdendo alcune unità, Price e Mitchell inflissero pesanti perdite ai tedeschi e li costrinsero rapidamente alla ritirata. Nell'inseguimento, Mitchell si imbatté nuovamente in un A7V: dopo un breve scambio di colpi, il veicolo tedesco si ritirò in buon ordine. Due o tre ore più tardi, il carro armato di Mitchell concluse la sua corsa: un colpo d'artiglieria, infatti, distrusse completamente i suoi cingoli. L'instancabile equipaggio del Mark IV scese allora dal proprio mezzo, ormai inutilizzabile, e si unì ai difensori di una vicina trincea. La prima battaglia tra mezzi corazzati della Storia era giunta al termine.

Nel pomeriggio del 24 Aprile, era chiaro che gli inglesi erano riusciti a respingere il primo assalto meccanizzato tedesco della Prima Guerra Mondiale. Ciò era merito non solo del coraggio di Mitchell e Price, ma anche dell'abilità dell'artiglieria britannica, che continuò a bombardare incessantemente gli assalitori anche quando la situazione pareva gravemente compromessa. Diversi A7V furono messi fuori combattimento o in fuga proprio dalle batterie avversarie. Quindi, sebbene i tedeschi fossero riusciti a conquistare Villers Bretonneux, la linea del fronte presso Cachy aveva retto bene l'urto. All'alba del 25 Aprile, due brigate australiane, appoggiate dall'Aviazione e dal fuoco dell'artiglieria, lanciarono un attacco a sorpresa, rimpadronendosi di Villers Bretonneux: l'ennesima mossa tedesca in direzione di Amiens era fallita.

Ludendorff non diede troppo peso all'evento; la sua attenzione si era già concentrata su altre zone del fronte. L'Alto Comando tedesco continuò a muovere uomini e mezzi su e giù lungo le linee franco-britanniche, lanciando inutili e sanguinose manovre diversive ovunque, sperando che gli Alleati disperdessero le proprie forze e consentissero quindi una nuova rottura del fronte, come avvenuto in Marzo. Tale rottura del fronte non avvenne mai; i tedeschi sprecarono preziose risorse umane e materiali, decretando così la propria sconfitta. Ai primi di Maggio, infatti, l'offensiva verso Amiens e i porti della Manica si era completamente impantanata. In estate, gli Stati Uniti affiancarono concretamente Francia e Gran Bretagna sul fronte occidentale, e l'Intesa poté considerare vinta la guerra, pur tra ulteriori difficoltà e sofferenze.

In realtà, il fallimento dell'esercito tedesco era dovuto all'incapacità dei suoi comandanti di concentrare gli sforzi dell'offensiva su un singolo punto: ciò avrebbe davvero consentito uno sfondamento deciso del fronte. Se a Villers Bretonneux fossero stati impiegati più uomini e A7V, probabilmente gli inglesi sarebbero crollati, e la strada verso Amiens si sarebbe aperta senza troppi problemi alle stanche e provate truppe guglielmine. La tendenza a giocare d'azzardo e l'incapacità di comprendere le vere potenzialità dei carri armati, del proprio comandante supremo pesarono nettamente nella sconfitta finale della Germania.

Le lezioni dello scontro

Carro armato tedesco A7V - Immagine rilasciata sotto licenza  Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Germania, fonte Wikimedia Commons - Bundesarchiv, Bild 183-P1013-316 / CC-BY-SA

Carro armato tedesco A7V.

Ma quali furono le lezioni della battaglia di Villers Bretonneux per i due contendenti? Quali linee dettò tale scontro per gli sviluppi successivi dei mezzi corazzati?

Le lezioni dello scontro furono molto importanti, ma vennero comprese appieno solo dagli ufficiali e dagli equipaggi dei carri armati. Gli alti comandi e gli stati maggiori considerarono Villers Bretonneux un combattimento secondario, uno dei tanti fili della situazione bellica in corso. Invece, esso fu basilare, fondamentale per il Futuro.

Al di là di Ludendorff e dei principali generali, parecchi militari tedeschi si resero finalmente conto dell'importanza dei carri armati. Ma ormai era troppo tardi per rovesciare le sorti del conflitto: l'industria del Reich era praticamente al collasso e non poteva tenere il passo con quella francese o inglese, men che meno con quella americana. Si iniziò allora lo sviluppo di armi anticarro speciali, con calibri fra 13 e 37 mm.; queste armi, pur palliativi all'assenza di veicoli corazzati, ottennero degli ottimi risultati nei test e nell'impiego concreto sul fronte. Cominciarono anche studi seri e approfonditi sui carri armati e sulle loro diverse applicazioni in battaglia. La consapevolezza dei propri errori portò la Germania, nell'arco di vent'anni, a possedere la più potente forza di carri armati del mondo. Uno strumento imponente e terribile, che il nuovo regime nazista avrebbe sfruttato nella maniera più completa e spietata nel suo folle desiderio di predominio europeo e mondiale.

Come spesso accade, i vincitori imparano molto meno dei vinti.

Dopo Villers Bretonneux, Fuller e il Quartier generale del Corpo Corazzato si impegnarono attivamente nella ricerca di migliorie e perfezionamenti per i propri veicoli corazzati. Da questi sforzi nacque il Mark V, il carro armato più avanzato dell'epoca. Dotato di 2 cannoni da 57 mm. e di ben 4 mitragliatrici, più veloce e più resistente dei suoi predecessori, il Mark V fu il protagonista indiscusso della Battaglia di Amiens dell'8 Agosto 1918, quando le truppe anglo-franco-americane, con una sorprendente e vigorosa offensiva, ruppero il fronte e misero in rotta l'intero esercito tedesco. I nuovi carri armati travolsero le posizioni nemiche, aprendo una breccia lunga 40 Km. e profonda 14; tutto questo, nell'arco di poche ore. L'offensiva corazzata nei pressi di Amiens, condotta non solo dai Mark V ma anche dai Whippet e dai nuovissimi Renault FT francesi, segnò l'inizio della fine per gli Imperi Centrali.

Tuttavia, al termine del conflitto, i carri armati furono praticamente messi in soffitta, nonostante le proteste e le resistenze di Fuller e di Elles: negli anni Venti, gli esperimenti corazzati in Inghilterra furono scarsi, anche se importantissimi. Lo Stato maggiore britannico, così come quello francese, giudicava negativamente i mezzi corazzati, nella convinzione che ormai si fosse davanti a un periodo di "pace perpetua", un'illusione destinata a essere pagata a caro prezzo. Inoltre, pesò anche l'ostilità dei comandanti di fanteria e di cavalleria, desiderosi di mantenere i propri privilegi. Così, Gran Bretagna e Francia registrarono sì nuovi progressi nello sviluppo di dinamiche forze corazzate, ma a un ritmo inferiore rispetto alle equivalenti ricerche tedesche. In più, i comandanti rimasero attaccati a concezioni strategiche e tattiche antiquate, completamente superate, inadatte di fronte alle grandi possibilità dei nuovi veicoli. I generali inglesi e francesi commisero errori simili a quelli di Ludendorff e pagarono anch'essi un prezzo pesantissimo: nella primavera 1940 le forze Alleate sarebbero andate incontro a uno dei disastri più grandi della Storia militare moderna, proprio negli stessi luoghi che le avevano viste vincitrici nell'estate 1918.

Una piccola curiosità finale: Mitchell, l'eroe di Villers Bretonneux, sopravvisse alla guerra e scrisse, alla metà degli anni Venti, un libro sulle sue esperienze belliche. Egli inviò, insieme ai membri del suo ex equipaggio, anche una richiesta formale all'Ammiragliato per ricevere un premio in denaro: il loro Mark IV , infatti, aveva abbattuto un A7V a Villers Bretonneux; la Royal Navy, da cui dipendeva formalmente il Corpo Corazzato, dava una ricompensa agli equipaggi delle navi che avevano affondato vascelli nemici. Ma il War Office rifiutò il reclamo di Mitchell&co., giudicando un carro armato come "un'arma di terra", che non aveva nulla a che fare con le operazioni marittime. Eh sì, l'era delle prime "navi da terra" era proprio finita...

Simone Pelizza
samurai@libero.it

Fonti e letture consigliate

J.H. Roberts, When Monsters collide, sul magazine Military Illustrated, numero 154, Marzo 2001;

Kenneth Macksey, Tank versus Tank, Salem House Publishers, USA 1988 (edito in Italia da Fratelli Melita Editori con il titolo Carri Armati: gli scontri decisivi);

B.H. Liddel Hart, La Prima Guerra Mondiale, BUR 1999 (titolo originale inglese: The Real War 1914-1918)

(Articolo conservato dopo la chiusura del Progetto di Documentazione Storica e Militare)

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