Guardate! La torreggiante scienza dagli occhi aguzzi, come da eccelsi picchi domina il mondo moderno, e promulga una serie di comandi assoluti.
(Walt Whitman)
Case farmaceutiche, centri di ricerca, colossi del web - Google, Amazon, Microsoft, Facebook - e qualche governo "forte", attori apparentemente slegati gli uni dagli altri, con un interesse comune, il DNA. Al di là dei benefici che scaturiranno dalle relative (e promettenti) scoperte scientifiche, il DNA costituisce un grande business che, in breve, passerà dai laboratori alle "cabine di regia" della finanza. Entro il 2022, muoverà un giro d'affari di oltre 340 milioni di dollari, destinati a diventare molti più.
La doppia elica del DNA.
Ci piaccia o no, i nostri dati genetici diventeranno oggetto di commercio. La ricchezza dell'economia digitale scaturirà dal potere di "profilazione" degli utenti, grazie al quale le informazioni sul loro stato di salute e la predisposizione a sviluppare determinate malattie saranno dati appetibili (e, in qualche caso, forse discriminanti) per eventuali datori di lavoro, compagnie assicurative e aziende farmaceutiche. Per ciò che attiene al nostro paese, il 28 novembre scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge europea 2017, in virtù della quale i dati personali degli italiani potranno essere utilizzati e divulgati senza consenso, a scopo di ricerca scientifica - il tutto a favore degli interessi delle multinazionali.
Un giorno non troppo lontano, accanto al nome di ogni utente web potrebbero esserci le sue caratteristiche genetiche. E in base a queste, dei suggerimenti personalizzati sull'acquisto di farmaci e prodotti.
Come contropartita a questa sorta di intrusione, beneficeremo della medicina di precisione basata sulla possibilità di avere farmaci ad personam, e si arriverà probabilmente a sconfiggere malattie che si consideravano incurabili. Ovviamente resta da vedere chi potrà permetterseli questi farmaci, considerate le cattive acque in cui versano i sistemi sanitari di molti paesi.
I giganti del web (n.d.r. gli stessi che hanno investito cifre a nove zeri nell'intelligenza artificiale) hanno a che fare con tutto questo in primo luogo perché il business che ruota attorno al genoma umano è molto ampio, e il fiuto per gli affari (unitamente all'abilità nell'evadere le tasse) a loro non manca di certo. Inoltre, tutta la "faccenda" prevede comparti tecnologici strutturati, da quello dell'archiviazione (che pare ostico e avverrà verosimilmente attraverso il cloud), a quello di programmi complessi in grado di predire il rischio di una malattia sulla base di una variante genetica, utilizzati da laboratori di ricerca, cliniche e università, e molto altro. Tutto ciò non sarà a titolo gratuito, naturalmente.
In ultima analisi, è grazie alla loro pervasività che reperiranno i clienti. O meglio, i clienti - cioè noi - li hanno già, basterà soltanto dare loro l'imbeccata attraverso banner pubblicitari che si apriranno sui nostri screen (per i quali gli inserzionisti pagheranno) sulla base dei dati di cui dispongono. Intanto hanno iniziato, quatti-quatti, a raccogliere dati genomici.
Quanto a ciò che muove le aziende farmaceutiche, la ragione non ha certo bisogno di essere spiegata. Per i centri di ricerca, invece, andrebbe fatta una distinzione tra quelli di studio fine a se stesso, pubblici o privati, e quelli sovvenzionati dai governi per scopi specifici, tenendo presente che il confine del distinguo potrebbe essere sfumato.
Il DNA, alias acido deossiribonucleico, si trova all'interno di ogni cellula del corpo umano e costituisce, di fatto, la base fondamentale della vita. Ha la forma di una doppia elica ed è composto da cromosomi che contengono il bagaglio di informazioni genetiche trasmesse da un individuo all'altro, altrimenti dette caratteristiche ereditarie.
Sarà per queste caratteristiche che, nel 2016, dal Parco Genos di Perdasdefogu furono rubate 25.000 provette contenenti il DNA dei centenari sardi che abitano una delle cinque zone del pianeta in cui si vive più a lungo? Probabilmente sì. Sulle accuse di furto aggravato, peculato, abuso d'ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e violazione di dati relativi alla privacy, sono state indagate molte persone fra le quali i sindaci di vari Comuni sardi.
Il materiale biologico contenuto in quelle provette era destinato allo studio di una delle popolazioni più longeve del mondo e delle loro malattie ereditarie. Invece inciampò in un atto di compravendita, prima, e nei reati di cui sopra, poi.
L'iniziativa di raccogliere quel materiale fu intrapresa nel 2000 da Renato Soru con l'avvio del progetto Shardna. Nel 2009 Shardna fu venduto insieme al prezioso "pacchetto" all'ex ospedale San Raffaele di Milano per 3 milioni di euro e, successivamente al crac della fondazione di don Verzè, finì all'asta. Fu acquistato, nel 2016, dalla società inglese biotech Tiziana Life Sciences (amministrata da un italiano), per soli 258.000 euro. Dopo qualche mese, parte del materiale sparì per essere poi ritrovato nelle celle frigorifere del reparto di oculistica di un ospedale di Cagliari, spostato per ordine di un ex ricercatore del Cnr, anch'egli indagato, che in tempi non sospetti lavorava per Soru.
Qualcosa di simile è successa anche in America. Una delle aziende private più attive del settore, nata nel 2006, la 23andMe - il nome deriva dalle 23 paia di cromosomi presenti nelle cellule del corpo umano -, è stimata valere un miliardo di dollari, ed essere proprietaria di una delle banche di dati genetici più grande al mondo. La sua fondatrice, moglie (ora ex) del cofondatore di Google, proprio grazie a Google ha venduto e continua a vendere centinaia di migliaia di kit per test genetici.
Come funziona e cosa si può scoprire attraverso un test genetico? Basta un po' di saliva in una provetta e, poi, l'attesa dei risultati di laboratorio. Si può individuare il rischio di ammalarsi di qualcosa, la predisposizione alla calvizie o all'obesità, oppure il proprio albero genealogico.
La collocazione del DNA in una cellula eucariote.
Quell'azienda, però, non si limitò a eseguire i test, bensì vendette i dati raccolti in forma aggregata (cioè senza poter risalire al singolo individuo) a case farmaceutiche per lo studio e lo sviluppo di farmaci mirati. La FDA - Food and Drug Administration, l'agenzia governativa statunitense che regolamenta i prodotti per la salute, compresi i farmaci, e gli alimenti - le mise inizialmente i bastoni tra le ruote, per poi arrivare nel tempo a concederle il permesso di test genetici relativi al possibile sviluppo di dieci malattie, comprese Alzheimer e Parkinson. Il divieto di indagine riguardo alcuni tipi di cancro, invece, permane a tutt'oggi, insieme a quello dell'indicazione di quelli che potrebbero essere i farmaci migliori per curare una determinata patologia, in base al profilo genetico.
All'individuazione farmaco-patologia-profilo genetico, ovvero quale principio attivo sia più efficace in un individuo rispetto a un altro in presenza della stessa malattia, la 23andMe è arrivata grazie a un algoritmo e al lavoro di un biologo computazionale. Il modello è ancora in fase di studio ma promette bene; non per niente l'azienda, negli anni che verranno, dovrà fare i conti con una pressante concorrenza.
E ora, effetti speciali! La discussa manovra dell'editing del DNA.
Si tratta del metodo Crispr-Cas9, scoperto per caso da una microbiologa francese che studiava i batteri dello yogurt. Parliamo di una riscrittura del DNA in grado di operare una vera e propria modifica delle caratteristiche genetiche attraverso un "taglia e cuci", applicabile alla biomedicina (per sostituire un gene difettoso), al campo agro-alimentare o a quello industriale (per la creazione di biocombustibili, per esempio).
Questo metodo è stato applicato per la prima volta su un essere umano, un uomo ammalato di tumore al polmone, nel 2016, in Cina. A grandi linee è successo questo: gli sono state prelevate cellule del sistema immunitario e, a queste, è stato tolto un gene che neutralizza la loro capacità di distruggere quelle tumorali; in seguito, le cellule modificate sono state moltiplicate e iniettate al paziente. Pare che l'uomo sia ancora vivo, ma quali siano le sue attuali condizioni, non è dato sapere. Sembra che il "taglia e cuci" non abbia prodotto alcuna mutazione - effetto collaterale temuto, ingestibile nonché irreversibile. Qualche settimana fa, l'editing del DNA è stato praticato in California su un uomo affetto da una rara malattia metabolica, chiamata sindrome di Hunter.
Cina e Stati Uniti, negli ultimissimi anni, hanno dato vita a una competizione serrata in materia genomica. Se è vero che, forse, un giorno il mondo intero beneficerà delle loro scoperte, è anche vero che questa faccenda fa pensare parecchio perché questi due paesi non si sono mai posti troppe questioni etiche pur di raggiungere i loro obbiettivi.
Per quanto attiene alla biomedicina, la straordinarietà del "tagli e cuci" risiederebbe nell'incredibile opportunità terapeutica a prescindere dai farmaci e i costi non parrebbero nemmeno proibitivi.
Ma cosa accadrebbe se questo metodo, sull'uomo, fosse esteso ad altri campi di applicazione? Cosa si potrebbe arrivare a cambiare (o a potenziare) in noi? La memoria? Il quoziente intellettivo? La muscolatura?
In Cina è già in atto un progetto che studia il genoma di persone con Q.I. elevato. Negli Stati Uniti, quello che analizza (a fini militari) il DNA di individui con elevati indici di reattività all'imprevisto e di velocità di analisi. Non sembra anche a voi di ritornare a quei vecchi e aberranti progetti di eugenetica che sembravano ormai dimenticati? Quelli interessati a dar vita a un élite di super uomini?
Sitografia
http://www.corriere.it/salute/
http://www.quotidianosanita.it/
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