Quando si parla di distanze spaziali molto grandi, come quelle che intercorrono tra i pianeti del nostro sistema solare, non possiamo ragionare in termini di Km né, più in generale, in termini di unità appartenenti al cosiddetto Sistema Internazionale (più brevemente indicato come SI). Queste risulterebbero troppo piccole e, conseguentemente, inadatte a tal genere di misurazioni.
"Ci troviamo ai confini di un sistema solare sconosciuto, composto da otto pianeti caratterizzati da orbite ellittiche attorno a una nana gialla: quattro solidi a densità elevata e dimensioni contenute, quattro prevalentemente gassosi e di dimensioni maggiori; uno di questi possibile stella mancata. Sono presenti inoltre alcuni pianeti nani." (La Dorsale Atlantica di Artie Navarre - Credit immagine: European Southern Observatory ESO).
Eppure, vista la sempre maggiore importanza dell'argomento, attualmente il SI accetta come valide accanto alle proprie anche unità di misura che ufficialmente non gli appartengono, non soltanto al fine di permettere la comprensione di determinate tematiche anche a un pubblico vasto, tematiche che altrimenti potrebbero risultare ostiche per non dire incomprensibili, ma anche perché talvolta esse risultano più precise.
E' questo il caso dell'Unità Astronomica (più brevemente indicata come UA) ovvero l'unità maggiormente utilizzata per la misurazione delle succitate distanze interplanetarie.
Vale la seguente relazione 1 UA = 1,49597870691(6)×1011 m.
Dunque: 1 Unità Astronomica [UA] = 149.597.870,7 Chilometri [km].
Con una certa approssimazione, giusto per rendere l'idea con immediatezza, potremmo quindi dire che 1 UA corrisponde a circa 150 milioni di chilometri: un'unità di misura spaziale incredibilmente grande (per percorrere una UA alla velocità di 100 km/h si impiegherebbero più di 170 anni)!
Ma solo questa ci potrà permettere di dimensionare adeguatamente il nostro sistema solare in quanto essa corrisponde all'incirca alla distanza media tra la Terra e il Sole.
Prima di farlo sarà comunque necessario presentarne gli attori ovvero i pianeti che orbitano attorno al Sole, stella di cui anticiperemo una breve descrizione.
Si tratta di una nana gialla, avente quindi dimensioni relativamente piccole rispetto alla media delle stelle presenti nella nostra galassia; non è invece una stella giovane - misurandosi l'età rispetto alla sua data di nascita - in quanto esiste da almeno 4,5 miliardi di anni ed è perciò giunta più o meno a metà della sua vita. Si trova in una fase di stabilità sia dal punto di vista termico sia gravitazionale, stabilità che di riflesso si trasmette all'intero sistema solare.
Le conoscenze attuali hanno permesso di determinare l'esistenza certa di otto pianeti orbitanti attorno al Sole: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Anche il maggiore di questi, Giove, risulta avere dimensioni estremamente piccole rispetto al Sole, sia per massa sia per diametro. Il Sole ha infatti un diametro medio pari a 1,39095×109m ovvero circa 1.400.000 Km mentre il diametro equatoriale di Giove risulta di 42.984 Km, essendovi perciò tra i due diametri un rapporto di 32 a 1.
Tutti gli altri corpi celesti orbitanti attorno alla nostra stella madre (e ve ne sono moltissimi) non sono tuttavia classificabili come pianeti. Di fatto si tratta di satelliti (come la nostra Luna), comete, asteroidi e di quei corpi che non raggiungono lo status di pianeta pur assomigliandovi notevolmente: i cosiddetti 'pianeti nani' o 'oggetti transnettuniani' o 'plutoidi'.
Questa denominazione è entrata in vigore una decina di anni fa e in apparenza sembra suggerire che i pianeti nani non siano altro che pianeti molto piccoli.
In realtà non è così.
Si pensi per esempio al più noto di loro: Plutone; il suo diametro medio è di quasi 2.400 km.
Se lo paragoniamo al diametro di Mercurio, il più piccolo dei pianeti del sistema solare, esso risulterà circa la metà, rapporto di scala non molto diverso da quello esistente tra lo stesso Mercurio e la Terra o Venere, pianeti i cui diametri sono compresi tra i 12.000 e i 13.000 km.
Dunque il criterio dimensionale non è quello che distingue un pianeta da un plutoide. Ne consegue che questi ultimi non devono essere necessariamente più piccoli dei primi.
Ma allora qual è la definizione di corpo transnettuniano?
Premettiamo che una definizione definitiva non esiste; tuttavia l'Unione Astronomica Internazionale ha stabilito che un pianeta nano è un corpo celeste di tipo planetario orbitante attorno a una stella e caratterizzato da una massa sufficiente a conferirgli una forma quasi sferica, ma che non è stato in grado di "ripulire" la propria fascia orbitale da altri oggetti di dimensioni confrontabili: per quest'ultima caratteristica non rientra nella denominazione di pianeta.
Il concetto di 'ripulitura' non risulta essere un concetto assoluto in quanto nessun corpo del sistema solare è stato in grado di ripulire completamente la propria fascia orbitale da altri oggetti di dimensioni confrontabili.
Nonostante ciò, almeno per ora, la succitata definizione, seppur soggetta a una certa approssimazione, è stata accettata da tutti gli scienziati.
Da quanto si è detto è facile intuire come le ultime due decadi siano state fondamentali per l'individuazione e lo studio di questi misteriosi corpi celesti.
Plutone infatti non è solo.
Assieme a lui, in quella che è stata definita fascia di Edgeworth-Kuiper (dal nome dei due astronomi Kenneth Edgeworth e Gerard Kuiper) o più brevemente fascia di Kuiper, troviamo oltre 1000 oggetti (Kuiper belt objects, o KBO), ma si pensa ve ne possano essere almeno 100.000, tutti aventi diametro massimo maggiore di 100 Km.
I più noti sono:
- Issione, scoperto nel 2001 e avente diametro compreso tra i 1.000 e i 1.200 km;
- Varuna, scoperto nel 2002 e avente diametro compreso tra i 600 e gli 800 km;
- Quaoar, scoperto nel 2002 e avente diametro compreso tra i 1.200 e i 1.400 km;
- Orcus, scoperto nel 2004 e avente diametro di circa 1.500 km;
- Haumea, scoperta nel 2005 e avente diametro di circa 1.500 km. Quest'oggetto è caratterizzato da una curiosa forma allungata che lo rende simile a un pallone da rugby, forma dovuta alla sua rotazione estremamente rapida (circa 4 ore contro le 24 terrestri);
- Makemake, scoperto nel 2005 e avente diametro compreso tra i 1.800 e i 2.000 km.
Tutti i pianeti nani della fascia di Kuiper si trovano a una distanza dal Sole compresa tra le 30 e le 55 UA ma la massima concentrazione si ha tra le 42 UA e le 48 UA.
Inoltre, a differenza dei pianeti veri e propri i cui piani orbitali, a eccezione di Mercurio, hanno scarsissima inclinazione rispetto a quello dell'eclittica, la maggior parte dei planetoidi della fascia di Kuiper percorrono orbite significativamente inclinate. Per es. l'orbita del sistema plutoniano, composto da Plutone e i suoi tre satelliti, giace su un piano inclinato di 17 gradi rispetto all'eclittica.
Tali caratteristiche fanno assomigliare questa regione di spazio più a un solido toroidale (un solido avente pressappoco la forma di un comune salvagente) che non a una cintura.
Attraverso indagini spettroscopiche è stato possibile determinare gli spettri dei corpi attualmente noti al fine di conoscere i materiali di cui sono costituiti. Si è così scoperto che hanno una composizione analoga a quella delle comete ovvero ghiaccio e roccia, ma a differenza di queste ultime, godendo di un relativo equilibrio gravitazionale, non vanno perdendo parte della propria massa e quindi non hanno una coda.
Dunque una prima ipotesi sul fatto che le comete non potessero essere altro che corpi appartenenti alla fascia di Kuiper successivamente destabilizzati dalla forza gravitazionale del Sole è stata scartata. Da dove proverrebbero allora?
Se consideriamo valido il concetto di 'regione d'origine', gli scienziati hanno ipotizzato l'esistenza di una seconda regione di spazio ancora più esterna della fascia di Kuiper, ma anch'essa popolata da corpi celesti transnettuniani e l'hanno chiamata Nube di Oort.
Una conferma strumentale della sua esistenza non è mai stata prodotta in quanto i suoi oggetti si troverebbero troppo lontani dalla Terra per poter essere osservati anche coi più moderni telescopi. Tuttavia la logica ci suggerisce che se le comete fossero tutte nate durante la fase di formazione del nostro sistema solare, visto e considerata la loro breve vita, attualmente non ne dovrebbe più esistere nessuna.
Perciò da qualche regione dello spazio devono per forza provenire.
Gli scienziati l'hanno immaginata simile a una sfera cava, al centro della quale si trovano il sole e, via via che ci si allontana, gli otto pianeti per giungere infine ai plutoidi della fascia di Kuiper.
Ma le ipotesi si sono spinte oltre! Come averla chiamata 'nube' non è stato casuale, bensì dovuto al fatto che quest'area remota è stata considerata il residuo della nebulosa da cui più di quattro miliardi di anni fa prese vita l'intero sistema solare, così si è anche ipotizzato che altre stelle potessero avere una loro nube di Oort; e l'estensione di queste regioni di spazio sarebbe tale da riuscire a generare accidentali commistioni tra i loro corpi.
In altre parole attorno al nostro Sole potrebbero gravitare comete provenienti da altri sistemi solari nonché planetoidi nati ad anni luce dalla Terra.
Non ci dobbiamo dunque meravigliare quando leggiamo che l'estensione della nube si suppone compresa tra le 50.000 e le 200.000 UA, incontrandosi i suoi primi corpi a una distanza di almeno 2.000 UA dalla nostra stella.
Quest'ultima considerazione suggerisce però che si conosca qualcosa di più riguardo gli oggetti che la popolano, se non altro quelli più vicini al Sole. Infatti ne sono stati individuati alcuni, come:
- Sedna, nel 2003, avente un diametro massimo compreso tra i 1.100 e i 1.800 Km e un afelio posto a circa 975 UA dalla nostra stella; il perielio è invece molto più vicino, a circa 76 UA. Al momento della sua scoperta essa si trovava in fase di avvicinamento al perielio e molto vicina a esso, più o meno a 90 UA dal Sole; questo il motivo principale per cui è stato possibile individuarla. Si è inoltre stimato che nel momento di massima lontananza la sua temperatura superficiale scenda sino a 23 gradi Kelvin che corrispondo più o meno a -250 gradi nella scala Celsius!
- Eris, nel 2005, avente diametro di poco superiore a 2.300 km (quindi secondo solo a quello di Plutone, ma di massa superiore a quest'ultimo di almeno il 25%) che risulta essere l'oggetto transnettuniano di massa maggiore fino a oggi scoperto nonché uno dei più remoti, avendo il suo afelio a circa 97 UA dal Sole e un perielio a 35 UA, nonché un'inclinazione del piano orbitale rispetto all'eclittica di ben 44 gradi.
Queste ultime misure spaziali, in particolar modo l'ultima, paiono però in contrasto con quanto si è detto poc'anzi: 97 UA sono ben lontane dalle 2.000 UA cui si riferisce l'ipotetico inizio della nube di Oort.
Come giustificare tutto ciò?
Il problema è che troppo frettolosamente si è stabilita l'esistenza di due regioni dello spazio ben distinte, ma successivamente ci si è accorti che la realtà potrebbe essere diversa, essendovi una certa gradualità nel passare dall'una all'altra.
A tale gradualità è stato quindi dato un nome e una definizione: si parla di disco diffuso (meno frequentemente detto disco sparso, dall'inglese 'scattered disc') in riferimento a una regione periferica del sistema solare ricca di planetoidi ghiacciati noti come oggetti del disco diffuso (scattered disc objects), particolare categoria di oggetti transnettuniani. La parte più interna del disco diffuso sfuma gradualmente nella fascia di Edgeworth-Kuiper, ma la sua estensione è assai maggiore, e raggiunge anche regioni di spazio situate notevolmente al di sopra e al di sotto dell'eclittica.
I corpi di questa regione dello spazio hanno orbite molto più eccentriche che descrivono piani molto più inclinati (anche più di 45 gradi) rispetto all'eclittica. Sembra inoltre che abbiano la tendenza ad allontanarsi dal centro del sistema solare ovvero a migrare verso la nube di Oort, comportamento verosimilmente indotto dall'azione del campo gravitazionale di Nettuno.
Difficile risulta l'indagine del disco diffuso; infatti la facilità di individuazione dei suoi corpi è inversamente proporzionale alla loro distanza dal Sole nonché direttamente proporzionale alla loro capacità di rifletterne la luce. Eris è stato scoperto nonostante fosse prossimo al suo afelio a causa della notevole luminosità, seconda soltanto a quella del satellite Encelado, uno dei più importanti satelliti di Saturno.
Ma altri corpi potrebbero avere scarsa luminosità, orbite decisamente inclinate rispetto all'eclittica e non essere rilevabili nonostante le possibili maggiori dimensioni.
Né sarebbe così scontato escluderne la presenza sulla base delle sole considerazioni di tipo gravitazionale.
Non a caso recentemente perfino l'ipotesi dell'esistenza di un ipotetico pianeta X (che a dispetto del nome risulterebbe il nono), avente massa pari a dieci volte quella della terra e orbitante attorno al nostro Sole oltre la fascia di Kuiper, è tornata nuovamente sotto i riflettori del mondo scientifico.
In conclusione forse in un futuro nemmeno tanto remoto si scoprirà che la struttura del nostro sistema solare risulta essere alquanto più complessa ed estesa di quanto si credeva e ciò potrà un giorno contribuire all'esplorazione dello spazio siderale rendendo più prossima la data del primo viaggio interstellare.
Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.