Geronimo, la rivolta e la leggenda

a cura di Lory Cocconcelli

Geronimo, immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633

Geronimo.

Sul finire della sua vita, tra il 1904 e il 1906, Go-Khla-yeh ovvero Geronimo dettò la sua autobiografia al giovane sovraintendente dell'istruzione S.M. Barrett e la dedicò al Presidente degli Stati Uniti. Perché? Perché i Chiricahua (una delle sei sotto-tribù Apache) si stavano estinguendo e Geronimo sperava che Theodore Roosvelt gli avrebbe concesso di riportare i superstiti nelle loro terre d'origine, in Arizona.

Più che un capo tribù, Go-Khla-yeh fu un grande capo e sciamano di guerra, saggio, scaltro ma anche sanguinario.

Gli Apache furono una tribù particolarmente aggressiva, composta di straordinari guerrieri, marciatori in grado di correre per chilometri con la bocca piena d'acqua senza nemmeno inghiottire una goccia, nomadi abituati ad appropriarsi di tutto ciò che la natura metteva a loro disposizione, sempre però a seconda delle necessità, senza sprecare nulla. Necessità che avrebbero condiviso pacificamente con l'uomo bianco se questi non avesse voluto appropriarsi delle loro terre e della loro libertà.

Gli Apache si mostrarono i più crudeli e ostinati tra tutti i guerrieri. Il generale americano George Crook li definì "tigri della specie umana". Ma mentre essi furono coerenti con il loro modo di essere, i bianchi ostentarono ipocritamente onestà, derubandoli e infrangendo sistematicamente i trattati di pace che siglarono.

Geronimo fu uno stratega di straordinaria intelligenza militare, ma dovette scontrarsi con un nemico infinitamente superiore per mezzi e per numero, al quale alla fine non poté far altro che soccombere. Va detto, però, che ancor prima di scontrarsi con l'uomo bianco, Go-Khla-yeh combatté contro i messicani - o meglio ne sterminò quanti più poté -, i suoi primi acerrimi nemici, rei di avergli ucciso la madre, la moglie e i figli nel corso di un'incursione al suo villaggio.

I contatti tra gli americani e gli Apache cessarono di essere pacifici nel 1860, quando i bianchi non vollero riconoscere loro il diritto legittimo sulle terre e sull'acqua. Nel 1870 il governo statunitense istituì la prima riserva Apache, nella quale molti degli appartenenti alla tribù si trasferirono volontariamente poiché le alternative erano sterminio o morte per fame.

Dopo una lunga serie di battaglie e di evasioni dalle riserve, nel 1886 Geronimo si arrese definitivamente all'esercito americano. I superstiti vennero caricati su un treno e riuniti agli altri deportati. La tribù trascorse otto anni in Florida, poi venne trasferita in Alabama e infine in Oklahoma.

Geronimo insieme ad altri capi indiani, immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633

Geronimo (il terzo uomo a partire da sinistra) insieme ad altri capi indiani.

Per catturare Geronimo e i 24 Apache fuggiaschi, il generale statunitense Nelson Miles mise in campo ben 5.000 soldati e assoldò dei ricognitori Apache (scelti tra coloro che nutrivano vecchi rancori nei confronti di Go-Khla-yeh). Dopo un mese e mezzo di occultamenti, Geronimo accettò formalmente di arrendersi.

Queste le parole del Generale «Ti metterò sotto la protezione del Governo, ti farò costruire una casa, ti assegnerò un vasto territorio, bestiame, cavalli, muli e attrezzi agricoli, coperte e vestiti. Se accetterai tutto questo, potrai rivedere la tua famiglia tra cinque giorni.»

Geronimo riabbracciò la famiglia soltanto molto tempo dopo, nel 1887. Gli Apache non ricevettero mai ciò che Miles aveva promesso loro.

Gli ostinati Chiricahua furono puniti per aver difeso strenuamente la loro libertà e furono trattati - uomini, donne e bambini - come prigionieri di guerra. Allontanati e separati dalle loro terre, minati dal clima ostile e sfiancati, alla fine, scomparvero.

Che ne fu di Geronimo durante la prigionia? Il grande guerriero finì a coltivare angurie, si diede al whisky e finse di convertirsi al cristianesimo. Considerato alla stregua di una celebrità in cattività, ricevette numerose visite da parte di americani curiosi ai quali smerciò i suoi autografi. Morì di polmonite dopo aver trascorso la notte, ubriaco, sotto una pioggia gelida.

«Non avrei mai dovuto arrendermi. Avrei dovuto lottare anche se fossi rimasto l'ultimo uomo ancora in vita» confessò in punto di morte al nipote.

Cosa rivelò Go-Khla-yeh a Barrett? Che era nato in Arizona. Che ebbe otto mogli e otto figli. Che credeva nel destino e nella magia del numero quattro. Che Dio (Usen, nella sua lingua) aveva creato gli Apache. Che gli Apache quando venivano allontanati dalle loro terre deperivano e morivano.

Gli narrò delle origini della sua tribù, della credenza della sua gente in una vita successiva a quella terrena, delle forze soprannaturali che dominavano il mondo, onnipresenti e invisibili, connaturate in persone, animali e piante.

Gli raccontò che tutte le tribù Indiane osservavano un loro codice sociale. Gli Apache consideravano una virtù dire la verità, non si derubavano tra loro, non mancavano di onorare i debiti ed esigevano soddisfazione per i torti subiti. Anche se nessuna tribù possedeva un corpo di polizia o delle prigioni, la giustizia era ferocemente punitiva: se un Apache aveva trascurato i genitori anziani, profanato la religione, dimostrato di essere codardo, sleale o pigro veniva cacciato dal gruppo. Nessun obbligo era riconosciuto verso chi non fosse membro della tribù, di conseguenza uccidere estranei o derubarli non era considerato un crimine; le incursioni cruente a danno di altri gruppi tribali per compiere razzie di cibo e cavalli (mai per conquistare terreni) non furono infrequenti.

Wichiup, abitazione Apache, immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633

Wichiup, abitazione Apache.

Dai racconti di Geronimo si evince che le società indiane, per quanto differenti, furono società autonome, organizzate, che poggiavano sui loro equilibri e che vivevano in armonia con la natura. Anche l'evento guerra era parte di quell'equilibrio.

Go-Khla-yeh raccontò a Barrett che nel momento in cui veniva dato il "comando di guerra", tutto assumeva un carattere religioso, perfino il modo di preparare il cibo e di accamparsi; in questo contesto il guerriero non veniva chiamato con il suo nome bensì con un nome sacro preceduto da "valoroso" o "capo". Gli anziani, per via della perdita del vigore fisico, non potevano guidare una battaglia ma, i loro consigli venivano sempre ascoltati. Ogni guerra era preceduta da una danza e ogni danza era considerata una cerimonia religiosa (c'era quella del ringraziamento, quella sociale, quella dello scalpo e così via; a seconda del tipo, vi prendevano parte gruppi designati oppure l'intera tribù).

Nel suo lungo racconto, Geronimo fece menzione di tutti gli aspetti del quotidiano della tribù nella quale, ogni uomo, donna e bambino, aveva un compito da assolvere per contribuire al benessere comune.

Danze, religione, medicamenti, abbigliamento, alimentazione, riti funebri... testimonianze preziose di un mondo scomparso, quello degli Apache.

Bibliografia

Barrett S.M., Geronimo's story of his life, 1906 (a cura di Emanuela Turchetti, Io sono Geronimo, Roma-Napoli, Edizioni Theoria, 1994)

Bedetti Simone, I segreti degli indiani d'America, Milano, De Vecchi editore, 2002

Hirschfelder Arlene, Gli indiani d'America, Milano, Mondadori, 2001

Bibliografia web

http://www.history.com/topics/native-american-history/geronimo

http://www.lapresse.it/mondo/nord-america/studio-genetisti-italiani-quattro-migrazioni-popolarono-l-america-1.382727

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