Oggi incarna un simbolo di emancipazione, ma la sua invenzione non si deve affatto, come si pensa, all'uomo moderno. Perché il due pezzi appariva già in alcuni mosaici greco-romani, risalenti al 1400 a.C. La libertà di costume, negata alla donna con l'affermarsi del cattolicesimo, fu di nuovo concessa (o per meglio dire, "conquistata") a metà del XX secolo. Insomma, come avrete capito, quella del bikini è una lunga storia.
Mosaico a Villa Romana del Casale, Piazza Armerina.
Tempo di vacanze, tempo di bikini. Ma quando comparve la prima volta, intorno al 1400 a.C. nella Grecia antica, il due pezzi non fu utilizzato per nuotare o languire al sole. Ammesso che quella fosse la prima volta, dal momento che parrebbero esserci testimonianze ancor più datate nell'area dell'attuale Turchia. Come attestano i bellissimi mosaici siciliani di piazza Armerina, risalenti all'età imperiale, il bikini fu indossato dalle ragazze romane che praticavano l'atletica, la ginnastica e la danza. Nell'antichità, peraltro, più che il mare si frequentavano i bagni e le terme, dove ci si immergeva nudi.
Dal costume da bagno castigato al bikini
Prima dell'avvento della moda dei bagni, diffusasi in Europa a metà del '700, pare non ci fosse un indumento dedicato. Dopo di allora fecero comparsa degli abiti con corpetti e calzoni ai quali venivano sovrapposte grandi gonne oppure abbondanti mantelli. Intorno all'età vittoriana (1837-1901) nel Regno Unito (e meno diffusamente in altri paesi) si utilizzarono le bathing machines ovvero cabine di legno con le ruote che, portate in mare con le donne a bordo, consentivano loro, una volta uscite, di nuotare lontano da occhi maschili indiscreti.
Nel '900 il vestiario da bagno si riduceva in ampiezza e in lunghezza. Coco Chanel negli anni '20 inventò abiti più corti e scollati, con pantaloncini staccati dal corpetto. Negli anni '30 fu la volta di Jacques Heim che creò un due pezzi (chiamato "atomo") composto da un reggiseno e una culotte a vita alta che nascondeva l'ombelico.
Ursula Andress, la prima Bond girl, in "Agente 007 - Licenza di uccidere".
A metà degli anni '40, precisamente il 5 luglio 1946, per mano di Louis Réard comparve il bikini che conosciamo oggi: un reggiseno e una mutandina che lasciava scoperto l'ombelico. Quel giorno fu indossato dalla spogliarellista e modella Micheline Bernardini durante una sfilata a bordo di una piscina a Parigi. Malgrado lo scandalo che suscitò, riscosse un successo planetario, anche se fu introdotto sul mercato solo alla fine degli anni '50 - il tempo di digerire il corpo scoperto della donna. Fino ad allora, si continuarono a usare costumi interi fascianti. Nel 1951 al concorso di Miss Mondo che si tenne a Londra, l'indegno due pezzi fu vietato - il buon gusto, innanzitutto! Anche l'America, da sempre erroneamente creduta patria della libertà nell'accezione più ampia del termine, si scandalizzò dinnanzi all'immoralità del bikini.
Nel 1952 Brigitte Bardot lo indossò in "Manina, ragazza senza veli". Nel 1956 toccò a Marisa Allasio in "Poveri ma belli" e lo stesso anno di nuovo alla Bardot in "E Dio creò la donna". Nel 1962 Ursula Andress, la prima Bond girl, in "Agente 007 - Licenza di uccidere" si consacrò come il bikini più famoso della storia del cinema. Nel 1966 fu la volta della bellissima Raquel Welch in "Un milione di anni fa".
Grazie ai cambiamenti sociali che si andavano delineando in quegli anni - movimenti neofemministi in primis -, alle dive del cinema, ai mezzi di comunicazione e al boom economico, il bikini iniziò la sua ascesa nella scala della simpatia dell'occidente - fatta eccezione per alcuni paesi, tra i quali il nostro, che si mostrarono inizialmente resistenti per poi capitolare in seguito. Il Vaticano, neanche a dirlo, lo dichiarò peccaminoso.
Raquel Welch, un altro mito hollywoodiano in bikini.
Nei ruggenti anni '80, soffiò una ventata di esibizionismo che fece evaporare il pezzo superiore del bikini, decretando il trionfo del topless, e ridusse i centimetri di quello inferiore, altrimenti detto tanga.
Origini del nome
Il nome ha un'origine curiosa, o forse sarebbe più corretto dire infelice, dal momento che deriva dall'atollo di Bikini, nelle isole Marshall, dove negli anni '40 gli Stati Uniti stavano eseguendo esperimenti atomici. Il due pezzi sarebbe stato una "bomba" nel mare di quelle che erano le tradizioni dell'epoca. E in effetti lo fu, anche se con conseguenze ben diverse da quella nucleare. Non è chiaro, a onor del vero, se fu lo stilista che lo disegnò a denominarlo in quel modo o la spogliarellista che lo indossò la prima volta.
Sitografia
Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.