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Prima di iniziare, vi avverto: dovete leggere questa saga.
Con il sesto volume facciamo ritorno alle guerre e agli intrighi dell'Impero Malazan, ma iniziamo anche a intrecciare tra loro tutti i fili disseminati nel corso dei cinque romanzi precedenti.
Nel subcontinente di Sette Città, dopo la sconfitta della ribellione di Raraku, il controllo sembra essere tornato nelle mani delle truppe d'occupazione Malazan. All'Aggiunto Tavore, in testa al Quattordicesimo Esercito, non resta che seguire i resti dell'esercito ribelle per assestargli il colpo definitivo. Quest'ultimo però è nelle mani di Leoman delle Fruste, unico sopravvissuto tra i servi di Sha'ik. Il condottiero sa di non poter più vincere la guerra, perciò è deciso a giocarsi il tutto per tutto in un'ultima manovra disperata: ritirarsi con i pochi fedeli rimastigli tra le mura di Y'Gathan.
La scelta di questa città non è casuale, poiché fu proprio qui, durante la prima guerra di conquista ai tempi dell'Imperatore Kellanved, che la Prima Spada Dassem Ultor morì, trasformando Y'Gathan in una vera e propria maledizione per l'Impero. Leoman, dunque, è deciso sia ad avvalersi del timore reverenziale suscitato dalla città, sia di oscure alleanze che sta tessendo in segreto.
Anche nel resto del subcontinente però la situazione è complessa. Il Gran Pugno Dujek, di ritorno da Genabackis e dagli eventi di Corallo Nera, sta occupando le città liberate dalla rivolta del Vortice, ma è costretto a fronteggiare una nuova minaccia molto più subdola. Partendo da G'danisban, una tremenda epidemia di peste sta falcidiando la popolazione, non facendo distinzione tra Malazan e abitanti di Sette Città. Dietro questo orrore è evidente che si cela Poliel, la Consorte del Re in Catene, divinità della pestilenza che sta volutamente creando, oltre ai morti, un ammasso di storpi e dementi. Tra questi ultimi cresce febbrilmente il culto del Dio Storpio, che come un tumore inizia ad attecchire ovunque.
I problemi, però, non finiscono qui.
Gli Innominati, un antico culto che venera gli Azath, liberano da un tumulo un D'ivers T'rolbarahl del Primo Impero, una creatura mostruosa che ha un compito arduo ma dai retroscena molto complessi. Ganoes Paran, divenuto ormai ufficialmente Padrone del Mazzo dei Draghi, viene perciò spinto da Kruppe a entrare in questo complesso gioco per fronteggiare la minaccia.
Al contempo (per non farsi mancare niente), sulle coste settentrionali di Sette Città, sono iniziati anche gli sbarchi di Tiste Edur. Le flotte di Rhulad Sengar sono alla ricerca di campioni, con lo scopo di fargli affrontare il loro Imperatore. Nel frattempo però, gli Edur sono anche impegnati ad assediare il Primo Trono dei T'lan Imass nel Regno dell'Ombra. Questo è difeso strenuamente da Trull Sengar, Onrack e altri Imass, poiché bisogna evitare a qualsiasi costo che le mani di Rhulad, e dunque dello stesso Dio Storpio, finiscano sull'antichissimo Trono che concederebbe il dominio assoluto sugli Imass.
Infine, anche il centro stesso dell'Impero è attraversato da sconvolgimenti.
A città di Malaz e in tutta Quon Tali si è diffusa una tremenda menzogna: si sostiene che a suo tempo gli Wickan di Coltaine tradirono il Gran Pugno Pormqual, portando al disastro della Catena dei Cani. Queste voci sempre più violente hanno generato veri e propri pogrom contro la popolazione Wickan, mentre le oscure figure che invece tradirono realmente l'Impero tendono nell'ombra i propri Artigli (letteralmente) per assediare il potere dell'Imperatrice Laseen.
Cosa non ho apprezzato
Il romanzo è uno dei più vasti della saga, e nel corso della lettura potrebbe dare la sensazione di essere tirato troppo per le lunghe, ma poi...
Cosa ho apprezzato
Nel finale tutte le trame (che sono davvero parecchie) si intrecciano in una "Convergenza" perfetta. L'intera città di Malaz diviene teatro di un poderoso epilogo che lascia senza fiato il lettore, in cui i colpi di scena si susseguono a velocità frenetica. Le sottotrame, anche quelle che potevano apparire come più secondarie, riconvergono tutte nel flusso principale in modo perfetto.
Non so dunque se c'è bisogno di ripeterlo ancora, ma nel dubbio lo faccio lo stesso: questa è la più grande opera fantasy contemporanea.
Vi avevo avvertiti.
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