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Con questo ottavo volume si avvia il monumentale epilogo della saga e, nonostante manchino ancora le duemilaquattrocento pagine dei due romanzi conclusivi, inizierete già ad avvertire un drammatico senso di perdita.
Perché?
Be', non posso dirvelo ora, ma posso cercare di spiegarvelo senza scoprirmi troppo.
La vicenda per la prima volta torna interamente (o quasi) a Darujhistan, l'enorme città del primo volume, con tutti i suoi simpaticissimi personaggi (Kruppe in primis) che ci introdussero al mondo del Libro Malazan.
Sono trascorsi molti anni da quegli eventi ormai remoti e scopriamo cosa è avvenuto, dopo il fantastico terzo volume, in queste regioni del continente di Genabackis.
Darujhistan, in realtà, non è cambiata molto. Le innumerevoli spinte di potere al suo interno sono ancora impersonate dagli stessi gruppi, e in alcuni casi anche dalle stesse persone. Il consiglio cittadino è nelle mani di Estraysian D'Arle e Coll, ma al suo interno i discendenti di Turban Orr (in senso sia spirituale che propriamente di sangue), Hanut Orr, Gorlas Vidikas e Shardan Lim, complottano per diventare i nuovi signori della città. Costoro però, seppur astuti e ambiziosi a sufficienza per rendersi pericolosi, sono ancora troppo giovani per comprendere in pieno le innumerevoli forze che sono in gioco.
Alle formazioni "storiche" (la Corporazione degli Assassini, l'Anguilla Kruppe, i personaggi della Taverna della Fenice, la Cabala T'orrud) si sono inoltre aggiunti: gli ex-Arsori di Ponti che hanno aperto una locanda in quello che era il Tempio di K'rul; Lady Invidia pronta ad agire quando i tempi saranno maturi; e la nave di Sorella Ripicca, in cui ci sono anche il Mago dell'Alta Casa dell'ombra Iskaral Pust, sua moglie Mogora, Barathol Mekhar, Chaur, il Trell Mappo e, su tutti, Cutter, che finalmente fa ritorno alla sua città di provenienza.
A questo solito addensarsi di personaggi, però (come d'abitudine) occorre sovrapporre i piani degli Dei e degli Ascendenti, tutti in fermento e pronti ad agire in vista di una Convergenza che si rivelerà tra le più catastrofiche mai viste nella saga.
Ma andiamo per ordine.
A Corallo Nera, dopo la tremenda guerra contro il Dominio di Pannion, regna ora Anomander Rake con i suoi Tiste Andii. Il Figlio dell'Oscurità trascorre innumerevoli ore nelle vuote stanze del suo nuovo palazzo, chiuso in se stesso (più del solito) ed evidentemente pronto a un qualche evento di enorme importanza. I suoi fedeli non riescono però a capire le ragioni di tanto silenzio. Anche all'interno della sua leggendaria spada Dragnipur (laddove esiste a tutti gli effetti un mondo a parte, in cui coloro morti a causa della suddetta lama sono costretti a trascinare eternamente un carro, contenente il Portale dell'Oscurità, in fuga dal potere del Caos) gli Incatenati non comprendono per quali ragioni Rake non uccida più nessuno e, di conseguenza, stia facendo rallentare il carro al punto tale che l'avvento del Caos sembri ormai inevitabile.
Fuori Corallo Nera intanto si diffondono nuovi culti che rendono la questione ancor più confusa. Da una parte scopriamo che Itkovian, l'Incudine-Scudo delle Spade Grigie, è asceso: ora viene definito il Redentore, un dio che accoglie su di sé i dolori di chiunque si apra a lui.
Dall'altra invece c'è un misterioso Dio Morente, una creatura che domina i suoi fedeli con un'oscura bevanda chiamata kelyk. Con quest'ultimo si arriveranno a scontrare Nimander Golit, figlio di Rake, e i suoi fedeli, guidati dal misterioso Clip.
Intanto, diretti verso Darujhistan, ci sono altri personaggi che il lettore ormai conosce bene. Karsa Orlong, Samar Dev e il misterioso Viaggiatore (accompagnato a distanza dai Segugi dell'Ombra) sono come irrimediabilmente attratti da questa concentrazione di potere nascente.
Infine anche l'Alto Re Kallor cammina verso lo stesso luogo, pronto a conquistare un misterioso trono di cui pochi conoscono l'esistenza.
Erikson non si smentisce neanche stavolta. Tutti questi elementi, apparentemente lontani e incoerenti, si rivelano le facce di una forma geometrica perfetta e ben calcolata.
L'unica cosa che posso anticiparvi è che infine, con l'arrivo di Hood, il Signore della Morte (per la prima volta deciso ad agire in prima persona), tutti i complotti esploderanno e personaggi a cui ormai siamo molto affezionati si troveranno a combattere l'uno contro l'altro.
Cosa non ho apprezzato
Il libro si riprende bene rispetto al settimo, ma soprattutto nella prima parte rimane impantanato in eccessive lungaggini. Con il progredire degli eventi questa sensazione diminuisce, ma solo nel finale sparisce davvero.
Inoltre ho avuto la sensazione che in questo romanzo Erikson si sia lasciato andare eccessivamente a riflessioni personali, e che abbia tentato esperimenti dal sapore letterario che mi sono parsi poco riusciti. Alcuni brani di pura riflessione del narratore, o messi in bocca al bardo Fisher, mi sono sembrati noiosi e ridondanti, poco utili e anche tediosi.
Per quanto riguarda la traduzione e i refusi, anche stavolta si è esagerato nelle inesattezze. Una quantità di errori simile non dovrebbe essere accettabile in un libro che vuole ambire a una buona qualità: questa volta lo affermo senza timori.
La casa editrice dovrebbe rivedere da capo l'intero lavoro.
Cosa ho apprezzato
Il finale di questo romanzo è il più bello che abbia letto sinora nella saga. Il terzo volume era più costante nella qualità, dalla prima all'ultima pagina, quindi per me rimane il migliore, ma le ultime trecento pagine di questo ottavo libro portano il lettore a un'altalena di emozioni che da tempo non provavo.
Parlarne senza fare spoiler è difficile, perciò vi lascio il gusto di scoprire da soli il susseguirsi di colpi di scena che caratterizza quest'opera, ma lasciatemelo ripetere: chi ama il fantasy non può non leggere questa saga.
Non capisco cosa stiano aspettando le case cinematografiche o televisive a comprarne i diritti. Se fossi in loro, mi sarei già fiondato a trarne film e serie TV.
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