Un'escursione nella letteratura fantastica avente come oggetto il mare in tutte le sue forme, apocalittiche e salvifiche.
Introduzione
Quando si relazione il mare con la letteratura, il primo elemento a cui si pensa è il mare come tema di ispirazione e riflessione dei poeti e come scenario delle grandi avventure dei romanzieri. E allora ricordiamo i versi di Neruda quando definisce il mare come "la pelle nuda del pianeta" e di lui preferisce il suo "riposo distante" e gli chiede "non colpirci tanto forte/ non gridare a quel modo/ apri il tuo scrigno verde/ e dacci nelle mani/ il tuo regalo d'argento;/ il pesce di ogni giorno". (1) E pensiamo al mare, con Borges, come a quell'essere che esisteva "prima che il sogno forgiasse mitologie e cosmogonie (e) prima che il tempo si contasse in giorni". (2) O ci specchiamo nel mare di creole, marinai e tamburi di Jorge Artel. O ricordiamo romanzi come Il vecchio e il mare di Hemingway. O Moby Dick. O i romanzi marini di Jules Verne e Emilio Salgari.
Cos'è la fantascienza?
Ma il tema che mi compete non è la letteratura e il mare, bensì la fantascienza e il mare. Perciò cominciamo dicendo che per la fantascienza il mare è tutto quanto appena detto e qualcosa in più: la prospettiva da cui essa è capace di scoprire le proprie possibilità. Vediamo perché. La fantascienza è un genere di letteratura che si occupa di mostrare all'uomo delle prospettive, sinistre o paradisiache, e di criticare con la propria immaginazione le tendenze nocive che degradano l'uomo e collocano l'umanità sulla rotta per il disastro. In conseguenza di quanto esposto, la fantascienza può trattare il tema del mare in modo apocalittico o in modo utopico, può mostrarlo come mezzo di distruzione dell'uomo o come luogo di salvezza per l'umanità tormentata dagli elementi. Partendo da 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne - opera che è anche un romanzo d'avventura - il mare è visto con questa prospettiva. Per Verne, l'uomo può vivere con le risorse del mare e non ha bisogno di ricorrere alla superficie, neppure per comprare delle sigarette, che sul Nautilus sono prodotte con alghe marine.(3)
Le linee tematiche
Come detto in principio, la fantascienza non guarda al mare solo come scenario o come motivo di contemplazione e riflessione estetica, bensì anche come mezzo di distruzione e come luogo in cui vivono mostri o esseri mitologici che minacciano l'uomo oppure come forza distruttrice capace di annientare totalmente o parzialmente la civiltà. Il mare è anche un possibile rifugio dell'uomo in un futuro necessario forzato da cause come l'inquinamento o lo scontro del nostro pianeta con un asteroide.
La prima linea tematica - quella dei mostri - sfrutta il tema del timore per le specie estranee che abitano il fondo del mare e avvicina la fantascienza ai vecchi romanzi d'avventura. Non a caso il Nautilus di Verne è confuso all'inizio del romanzo con un animale gigante che razziava i mari e che non poteva essere vinto perché aveva un carapace d'acciaio. La sua conversione da mostro a sottomarino traccia il confine tra il romanzo d'avventura e la fantascienza nell'opera di Verne. H.G. Wells, un altro dei padri della fantascienza, scrisse un racconto, Gli attaccanti del mare, che esplora questo timore dell'uomo per i possibili mostri che abitano le profondità marine. (4)
Il mare inospitale
Per la seconda linea tematica, quella distruttiva, dobbiamo evidenziare il romanzo La siccità di James G. Ballard, nella quale la superficie del mare si converte in una pellicola o copertura molecolare che impedisce l'evaporazione, originando in questo modo siccità e carestie su tutto il pianeta. In egual misura, nel racconto dell'Ingegnere Agricolo e scrittore colombiano Serafin Velásquez intitolato Piccoli Incidenti ci viene raccontato della morte delle barriere coralline, di molti pesci e del fitoplancton e della contaminazione dell'uomo attraverso il pescato, come conseguenza dell'aver convertito le profondità marine in depositi di rifiuti radioattivi. Per quel racconto, che ha un'epigrafe del poeta García Lorca che dice: "Anche il mare muore", l'umanità affronta così una catastrofe ecologica con l'alterazione della quantità di ossigeno sul pianeta, un cambio del clima e gravi problemi di salute per la specie umana e per tutti gli animali. (5) Un altro romanzo, Navi stellari, del russo Iván Efremov, mostra un altro aspetto terribile del mare, già conosciuto a causa dei recenti tsunami in Oceania. In quest'opera, il cui tema è la scoperta da parte di alcuni paleontologi di un dinosauro col foro di un proiettile in testa, Efremov descrive e spiega scientificamente le cause di un'onda gigantesca che distrugge le Hawaii. (6) Su questa linea si colloca anche la tesi della glaciazione che congela tutto il pianeta e annichilisce la civiltà. Un'opera di Arthur C. Clarke, Lezioni di Storia, racconta la scoperta che gli storici venusiani fanno di un film di Walt Disney che iniziano ad analizzare per scoprire le cause della catastrofe glaciale e la psicologia dei bipedi che avevano potuto causare la propria distruzione. (7)
L'inondazione
Ma tutto pare indicare che, a causa dell'inquinamento dell'atmosfera col biossido di carbonio, stiamo andando verso la variante dell'inondazione provocata dallo scioglimento dei ghiacci polari e non verso una nuova glaciazione. Il romanzo Nuovi Mondi di Stanley Gardner, narra la scomparsa di gran parte dell'umanità come conseguenza di un nuovo diluvio prodotto da un cambiamento occorso ai poli terrestri. (8) James G. Ballard, specialista nel narrare la fine del mondo come conseguenza delle catastrofi naturali e già citato in precedenza, mostra nel suo romanzo Il mondo sommerso la scomparsa dei continenti e l'adattamento obbligato dell'uomo alle condizioni di vita sottomarina, che è l'altra variante del genere fantascientifico sul tema del mare (9). A comprovare la prospettiva appena indicata, esiste la certezza scientifica che almeno uno Stato, uno dei più piccoli del mondo, Tuvalu, che occupa una delle molte isole dell'Oceania, scomparirà sommerso dal mare entro 50 anni al massimo (10).
La prospettiva scientifica
Il tema dell'adattamento degli uomini alla vita in mare, che ha dato spunto a un recente film di Kevin Costner, Waterworld, è trattato da Peter Nichols nella sua opera La scienza nella fantascienza che mi permetto di citare per esteso data la sua importanza:
"L'adattamento dell'uomo a vivere nel mare non è tanto difficile come sembra. Al suo livello più superficiale, si tratterebbe di conseguire un maggiore isolamento contro il freddo e qualche cambiamento metabolico che consentisse agli individui di trattenere il respiro per un tempo prolungato. Sarebbe anche desiderabile possedere qualche meccanismo per evitare l'embolia, in modo che i cambi di pressione conseguenti alle immersioni profonde non rappresentassero un problema. La maggior parte delle storie di fantascienza sugli uomini adattati alla vita nel mare suppone che ciò implicherebbe la creazione di branchie, ma le foche e i delfini se la cavano molto bene anche senza di esse. Fossero anche necessarie le branchie - se gli uomini adattati dovessero installarsi permanentemente sotto la superficie - la quantità di modifiche non dovrebbe essere molto grande. Alcuni esperimenti sui topi che respiravano acqua suggeriscono che i polmoni potrebbero essere modificati facilmente per estrarre ossigeno dall'acqua stessa". (11)
La priorità apocalittica
A questa necessità di convertire il mare nel nostro habitat e nella nostra dispensa alimentare ci condurrà, secondo alcuni ecologisti, la sovrapopolazione del pianeta e il conseguente processo di degradazione dell'ambiente. Commentando le discussioni della Conferenza di Kyoto, l'esperto Gianni Mazzoleni ha detto: "La Terra non potrà sopportare a lungo la combinazione prevedibile di sovrapopolazione, consumo crescente di energia e produzione illimitata di rifiuti e contaminanti" (12). Giovanni Sartori nello stesso libro, La Terra esplode, segnala quanto segue: "Entro cinquant'anni, l'Africa perderà la metà della terra coltivabile mentre la sua popolazione sarà cresciuta a 2 miliardi di abitanti. Già abbiamo perso i 4/5 delle foreste del pianeta esistenti prima che l'uomo si dedicasse alla sua distruzione. D'altra parte, cresciamo a un ritmo che prevede per il 2015 una popolazione mondiale di 7 miliardi di persone e di 11 miliardi per il 2050. Sappiamo che un aumento della popolazione determinerà un aumento del consumo di energia e che ciò avrà come effetto una maggiore produzione di rifiuti contaminanti e di gas a effetto serra. Come conseguenza di quanto scritto, c'è chi prevede per i prossimi 50 anni un riscaldamento globale di 5,8 gradi con un aumento di 88 centimetri del livello delle acque marine che sommergerà molte isole e città costiere. Una prospettiva catastrofica che potrà essere maggiore, a meno che l'uomo scopra energie non contaminanti e riduca la crescita inarrestabile della popolazione".
Corrobora l'affermazione precedente il rapporto drammatico del WWF che dice che per l'anno 2050 "gran parte della popolazione non saprà come soddisfare le proprie necessità tanto per l'acqua potabile quanto per l'alimentazione di base" (13) con il conseguente aumento dei deserti, la carestia per molti popoli e probabilmente guerre per il dominio delle fonti idriche rimaste. Questa situazione ci obbliga a pensare al mare anche come fonte alimentare.
In questa linea tematica, forse A. E. Van Vogt è colui che meglio espone il possibile adattamento dell'uomo a un futuro sottomarino. Questo autore suppone nel romanzo I silky che l'uomo abbia conquistato le profondità del mare mediante tecniche genetiche e che sia stato in grado di sopravvivere sotto forma umana e di silky, un essere pensante evolutosi verso la forma di pesce, protetto da un carapace chitinoso e dotato di superpoteri. (14) In un romanzo giapponese, gli abitanti di quel paese, di fronte all'imminente scomparsa delle isole come conseguenza dello scioglimento dei ghiacci polari, decidono che una nuova generazione di bambini giapponesi avrebbe imparato a respirare sott'acqua, fatto non impossibile se, come abbiamo già indicato in precedenza, alcuni topi da laboratorio sono stati capaci di farlo. E già dicemmo all'inizio che per Verne il mare è una dispensa alimentare insostituibile.
Ma è possibile, come ci segnala il racconto di Serafin Velásquez citato sopra, che distruggeremo anche l'ecosistema del mare con i rifiuti contaminanti dell'industria, che tutto il pianeta si riveli inospitale per la vita. E in quelle circostanze l'umanità affronterà la necessità di cercare una strada per le stelle.
Forse per questo il tema dell'uomo adattato alla vita sottomarina è un soggetto relativamente poco trattato nella fantascienza. Essa si occupa maggiormente dei temi apocalittici, delle minacce del mare contro di noi e delle possibilità di incontrare pianeti simili al nostro che possiamo esplorare e colonizzare per permettere così alla vita umana di continuare a esistere anche quando le condizioni della superficie terrestre lo rendessero impossibile.
I miti
Il mare è stato anche scenario di bei miti che narrano la scomparsa dei popoli che li originarono e che sono stati utilizzati dalla fantascienza. Permettetemi di citare un paio di poemi che trattano del tema di Atlantide e degli atlantidi, che è uno dei temi della mitologia fin dai tempi di Platone e di cui la fantascienza, ma soprattutto il realismo fantastico, si è occupata con varie ipotesi. Il primo recita:
ATLANTIDE
Nelle profondità del lago Titicaca
le pietre raccontano la tua presenza
e confermano la tragedia
dell'acqua e del fuoco
che occultò gli intagliatori dal tridente
di Paracas
e gli artefici del porto aereo
degli uccelli.
Da Tiahuanaco e da Atlantide
(I porti degli dei dell'antichità)
partì la nave del re Toth
diretta a Tartessos
carica di mais,
di oricalco e tabacco,
il tremendo giorno del disastro.
Allora la progenie di Toth
trovò asilo nella valle dei massi
che puntavano verso il cielo
e la sua saggezza si espanse
sulle coste di Ugarit, Tiro e Sidone,
e le sue navi si ancorarono in Ionia
e sorsero le città del ferro
e il pensiero fece salti da gigante
e in Atene la penna del filosofo
lasciò ricordo della tua gloria.
Atlantide mille volte sommersa,
impero favoloso
di mura trasparenti,
di cristalli di fuoco
e naviganti dai capelli rossi
che tracciarono il cammino
degli dei
dell'oriente e dell'occidente.
Atlantide ricca
di palazzi, canali e giardini,
sta lì addormentata
nel grembo delle Ande,
nel folclore e nelle parole
dei cavalcatori del ricordo
e nel sangue degli uomini
dell'Indoamerica. (15)
In questo poema, come si può osservare, si insiste sulla tesi della condizione di civiltà avanzata di Atlantide e su quella di navigatori intercontinentali dei suoi abitanti e sulla già conosciuta scomparsa dell'isola a causa di un cataclisma. La novità consiste nel seguire la variante in cui tale civiltà non si trovava nell'Atlantico né nel Mediterraneo, bensì sulle Ande, ai tempi in cui in parte del continente sudamericano esisteva un mare di cui ci sono prove in diversi scavi. E che molti dei suoi navigatori si salvarono, trovandosi in viaggi commerciali verso altri continenti, e diedero origine ad altre civiltà e ai miti di molti dei loro popoli.
Un altro poema, Noè, riafferma la tesi precedente e la qualità di propagatori del progresso degli atlantidi presso i popoli che abitavano le coste del Mediterraneo e della penisola iberica. Dice quanto segue:
NOÈ
Arrivaste alle coste d'Iberia
in una nave
dalle frontiere dell'abisso,
e fondaste Noja e Noega
sulle spiagge del Cantabrico.
E poi
Noya
Nojoa
e Noela
con tutte le loro forge e navi,
prima di riprendere il viaggio
attraverso le colonne d'Ercole
verso terre selvagge d'oriente.
Foste naviganti seminatori
di luce,
maestri venuti dalle acque,
insegnaste agli uomini
il ritmo della ruota
la lavorazione della pietra
l'arte delle ceste,
la strategia del gregge
e la resurrezione del seme...
Poi vi imbarcaste
nel passato della vita
e sulla mitica arca
e i cacciatori di Altamira
costruirono i vostri templi
come navi,
per ricordare i vostri viaggi
e ricordare i vostri fratelli navigatori
dai capelli rossi. (15)
In questo poema, Noè è un atlantide fondatore di città che navigò lungo tutte le coste iberiche e mediterranee, trasmettendo la luce della conoscenza a quei popoli. Stesso discorso per Hermes in Egitto. Un libro scientifico, I sopravvissuti di Atlantide, dà conto delle investigazioni che si sono fatte sopra questo particolare. Una della sue conclusioni segnala che un popolo avanzato, venuto dal mare dopo un diluvio o un cataclisma, insegnò agli uomini dell'Europa mediterranea e del medio oriente, i primi rudimenti della civiltà. Si deve pure aggiungere che gli atlantidi avevano i capelli rossi e che su tutte le coste di Spagna e Portogallo si incontrano tracce del loro passaggio in queste terre nelle pitture dei cacciatori mesolitici che ne fondarono il culto dopo la loro scomparsa e nei nomi di molti luoghi che conservano una somiglianza enigmatica con vari luoghi dell'Egitto. Per esempio, esiste nelle Asturie un fiume Nalón (Nilo), un distretto denominato Tineo (da Thinis, la prima capitale egizia), un monastero di Hermos (Hermes) e un luogo chiamato Amandi, che somiglia ad Amenti, l'inferno per gli egizi, paese che si racconta sia stato visitato dagli atlantidi durante il periodo di splendore di questa civiltà perduta per mezzo dell'azione distruttiva del mare. (16)
Conclusione
Come abbiamo detto non abbondano racconti e romanzi di fantascienza sul mare visto dalla prospettiva utopica della conversione ad habitat di una nuova civiltà umana. La maggiore presenza dei temi cosmici e apocalittici nella fantascienza è spiegabile perché le previsioni più tenebrose provengono dallo spazio esterno. Se, come è prevedibile, il nostro pianeta sarà un giorno divorato dall'espansione del nostro Sole o da Giove, o distrutto da un meteorite, a nulla servirebbe abitare nelle profondità marine, in quanto saremmo distrutti comunque. Ma nel caso di una catastrofe ecologica che rendesse impossibile la vita sulla superficie, il ricorso all'adattamento all'habitat marino - se non lo avremo già distrutto con i rifiuti industriali e radioattivi - può essere un'alternativa più immediata per la conservazione momentanea della specie. Questa catastrofe ecologica è in fase di studio ed è pertanto prevedibile in un futuro prossimo e non molto soggetta al caso quanto la collisione con un asteroide o una cometa o tanto distante nel tempo quanto la possibile trasformazione stellare di Giove o la conversione in gigante rossa del nostro sole.
La fantascienza non solo deve avvertire l'uomo dei pericoli che lo aspettano; essa deve anche mostrargli le possibili alternative per superare gli ostacoli. Il viaggio verso le stelle è una di queste alternative. Ma il mare, oltre a costituire uno dei molti pericoli che minacciano l'uomo, se lo conserveremo e non lo contamineremo con i rifiuti, il che sembra improbabile, è un'altra delle possibili alternative per la salvezza temporanea della specie sul pianeta, nell'attesa di padroneggiare il combustibile necessario per raggiungere un altro pianeta come il nostro nella galassia. E diciamo che risulta improbabile perché leggiamo con preoccupazione sulla rivista Scienceanuncia che se l'uomo non cambia direzione in materia ecologica, nel 2048 si estinguerà la vita nei mari per eccesso di calore e per l'inquinamento.
Un'annotazione finale: solo la fantascienza può trattare con completezza questi temi della distruzione della terra e della sopravvivenza dell'uomo. Tali temi, come abbiamo visto, hanno un'importanza vitale per l'essere umano. Essi definiscono il futuro del pensiero in questa parte dell'universo. Per tali ragioni non è presuntuoso affermare, come fa Jacques Sadoul, che la fantascienza è la vera letteratura del nostro tempo. (17)
Sincelejo, 15 settembre - 30 Ottobre 2006
Citazioni:
(1) Neruda Pablo, Odas Elementales, Editorial Bruguera, Barcelona, 1980
(2) Borges Jorge Luis, Nueva antología personal, Bruguera, Barcelona, 1980
(3) Verne Julio, 20.000 leguas de viaje submarino, C de Lectores, 1969
(4) Wells H.G., La CF de H.G. Wells, Vol. 2, Editorial Orbis, 1988
(5) Velásquez Serafín, Un toque de alarma, En proceso de edición.
(6) Bergier Jacques, Lo mejor de la CF rusa, Editorial Bruguera, 1968
(7) Cuentos de CF, Antología, Alfaguara, 1997
(8) Gardner y otros, Otros Mundos, Antología, A.T.E. Barcelona, 1976
(9) Nichols Peter, La ciencia en la ciencia ficción, Ediciones Folio, 1991.
(10) El Tiempo, Bogotá, Editorial del 23 de septiembre de 2006.
(11) Nichols Peter, La ciencia en la ciencia ficción, Ediciones Folio, 1991
(12) Sartori G. y Mazzoleni G., La Tierra explota, Santillana, Buenos Aires, 2003
(13) El Tiempo, En el 2050 la Tierra será insostenible, Octubre 26 de 2006.
(14) Sadoul Jacques, Historia de la CF moderna, Plaza y Janés, Barcelona, 1976
(15) Mora V. Antonio, Los jinetes del recuerdo, La casa de Asterión, No. 24-2006.
(16) Atienza Juan B., Los supervivientes de la Atlántida, Martínez Roca, 1978.
(17) Sadoul Jacques, Historia de la CF moderna, Plaza y Janés, Barcelona, 1976.
Note:
Questo saggio è stato letto a un Incontro sul mare nella letteratura realizzato dalla città colombiana di Santa Maria il 1 Novembre 2006.
I riferimenti a opere non specificate nelle citazioni sono stati tratti dai libri Storia della fantascienza moderna, Jacques Sadoul (1976), La fantascienza, Storia, Scienza, Prospettive, degli autori Robert Scholes e Eric S. Rabkin (1982) e La Enciclopedia della fantascienza di John Clute e Peter Nichols (1995).
Al momento di scrivere questo saggio, il libro di Serafín Velásquez - Un toque de alarma - non è ancora stato pubblicato dall'editore Ave Viajera di Bogotá. Ho però in mio possesso una bozza fornitami in qualità di autore della prefazione.
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