Nel VII secolo dopo Cristo (probabilmente tra il 675 e il 680), Adelmo, abate di Malmesbury, compose un trattato in elogio della verginità, De Virginitate, che fu scritto per la badessa Hildelith e le sue monache all'Abbazia di Barking. Il prologo del trattato è indirizzato alla badessa e alla sua comunità, in risposta alle lettere che aveva ricevuto da loro. In esso scrive:
Qualche tempo fa, mentre mi recavo all'assemblea episcopale... ricevetti con grande piacere quanto scritto da Vostra Grazia e, con le braccia rivolte verso il cielo, mi premurai gioiosamente di ringraziare Dio per conto della vostra comunità. Nel vostro messaggio non solo vi erano abbondantemente chiari gli accordi ecclesiastici dei vostri voti che avete sancito con promesse solenni, ma anche i vostri soavi studi delle Sacre Scritture erano manifesti nell'estremamente sottile ordine del vostro discorso. [Nota 1]
Giuliana di Norwich, statua nella cattedrale della città.
Lo stile della prosa di Adelmo oggi potrebbe sembrare ridicolo, carico com'è nei suoi aggettivi, ma il punto chiave è come egli sia evidentemente impressionato dagli studi delle monache. Più avanti, elogia "la ricca eloquenza verbale e l'espressione innocente di sofisticatezza" che trova nelle lettere.
Leggendo le parole di Adelmo con occhi moderni, comunque, potremmo essere colpiti da un senso di commozione. Le lettere di queste monache, che egli descrive come "ampiamente vaganti nei campi fioriti della Scrittura" e "scrutinanti con attenta applicazione i misteri nascosti delle antiche leggi", tragicamente, sono andate perse. In qualità di lettori moderni, possiamo vedere solo una parte della conversazione, probabilmente perché le corrispondenti di Adelmo erano donne. Sfortunatamente, nel periodo medievale (e nei successivi) la produzione e distribuzione di testi - letterari o differenti - fu largamente controllata dagli uomini, una delle ragioni per cui così pochi testi scritti da donne del periodo sopravvissero.
Le donne come scribi
Sarebbe errato pensare, tuttavia, che le donne non copiassero testi nel periodo medievale. Attorno al 735 - all'incirca nello stesso periodo in cui Adelmo dedicò il suo De Virginitate a Hildelith e alla sua comunità - San Bonifacio (672?-754) scrisse una lettera a Eadburga che era badessa di Thanet. Nella lettera richiede:
Vi prego inoltre di aggiungere a quanto avete già fatto una copia in oro delle Epistole del mio maestro, San Paolo Apostolo, per imprimere onore e reverenza per le Sacre Scritture negli uomini carnalmente orientati a cui predico. Desidero avere sempre presente davanti a me le parole di colui che mi è guida sulla mia via. Invierò tramite il sacerdote Eoban i materiali per il vostro scritto.
È chiaro che questo manoscritto fosse inteso come un importante documento di altro rango e si intende che le richieste di Bonifacio dovessero realizzarsi nello scriptorium di Eadburga, cioè nella sala in cui i manoscritti venivano copiati. La lettera mostra che non solo le donne possedevano le capacità per copiare i testi, ma che a volte il loro lavoro era prezioso. La British Library possiede molti di questi primi manoscritti copiati da donne e altri sopravvivono altrove.
"Solo perché sono una donna": le donne si sforzano di essere ascoltate
Chiaramente, comunque, il lavoro delle donne non era normalmente considerato abbastanza di valore da essere conservato e distribuito. Circa sette secoli dopo Adelmo, nel tardo XIV secolo, l'anacoreta e mistica Giuliana di Norwich chiede:
Solo perché sono una donna devo perciò credere di non potervi parlare della bontà di Dio, quando vedo allo stesso tempo la sua bontà e il suo desiderio che essa si dovrebbe conoscere? [Nota 2]
Giuliana, che scrisse il primo lavoro in lingua inglese sicuramente attribuibile a una donna, esprimeva un'idea che fu articolata da un'altra autrice dello stesso periodo. Il rinascimentale Libro della Città delle Dame di Christine de Pizan, poetessa alla corte di Carlo VI di Francia, contiene un discorso di Lady Ragione (una delle tre virtù personificate che appaiono al narratore nei passaggi d'apertura del poema) in cui ella dice:
Dovrei dirti se la natura delle donne è sufficientemente intelligente e pronta per imparare le scienze speculative o per scoprirle, allo stesso modo delle arti manuali? Ti assicuro che le donne sono egualmente predisposte e abili per servirsene e metterle in sofisticato uso una volta che le hanno imparate. [Nota 3]
Entrambe le scrittrici, in modi differenti, affrontarono l'ineguaglianza strutturale che rendeva la scrittura tanto difficile per le donne nel periodo medievale. Come esprime Giuliana, era spesso impossibile per le donne avere una voce, nonostante il fatto - sottolineato da Lady Ragione ed esplicitato da Adelmo - che esse non erano meno capaci degli uomini nel comunicare le loro idee. Malgrado gli ostacoli, alcune donne - spesso coraggiose, tenaci e dotate - riuscirono ad avere voce, coperta poi dal mistero.
Una di tali voci misteriose si trova nel poema latino anonimo contenuto in un manoscritto del XII secolo, reperibile alla British Library come Add MS 24199. Il poema sembra essere stato scritto da una donna - la sua penultima riga contiene una parola con terminazione femminile, fatto che suggerisce che il narratore fosse una donna. Naturalmente, non possiamo essere sicuri che anche l'autore fosse una donna, ma i sentimenti espressi nel poema appaiono come quelli di una scrittrice marginalizzata. Il narratore scrive:
Nessun poema ora piace ai nostri capi.
Sono stata incriminata, ma in realtà, per quale precedente misfatto?
Se lo vuoi sapere, l'arte è il mio crimine, e il genio.
La mia nobile scrittura fece nascere il mio grande crimine.
Clio, fedele compagna, ci hanno cacciato, andiamocene! [nota 4]
Il riferimento a Clio, musa della Storia, è una delle molte allusioni agli studi classici fatti dall'autore. Sebbene non si sappia chi scrisse il poema, era chiaramente una persona ben istruita, forse una monaca. Constant J. Mews ha suggerito che l'autrice possa essere Eloisa, una monaca francese del XII secolo che ebbe una famosa e sfortunata storia d'amore col filosofo e teologo Abelardo.
Il poema anonimo, verosimilmente di Eloisa, tocca un problema importante che abbiamo incontrato quando abbiamo esaminato la storia degli scritti delle donne nel Medio Evo. Per quanto la letteratura medievale sia ampiamente anonima, forse più di quanto ci si renda conto fu scritta da donne. Quando oggi apriamo un libro, siamo accolti da una pagina con titolo, nome dell'autore e dell'editore. I manoscritti medievali spesso non contenevano tali informazioni all'inizio del testo. Dei diciassette manoscritti e frammenti del Troilo e Criseide di Geoffrey Chaucer, per esempio, solo due di essi lo nominano come autore dell'opera. A meno che gli autori includessero i loro nomi nel testo, la natura della trasmissione del manoscritto può comportare che non si abbia idea di chi scrisse un particolare lavoro. In aggiunta, date le sfide affrontate dalle donne per produrre un'opera letteraria, è probabile che alcune delle autrici semplicemente abbiano scelto l'anonimato e le loro storie e i loro nomi non saranno mai scoperti.
Il manoscritto de "Il libro di Margery Kempe".
Sopravvivenza
È chiaro che le donne affrontarono un'ineguaglianza strutturale che impedì alle loro opere di essere copiate e distribuite. Non è sorprendente, perciò, che la sopravvivenza dei lavori delle più importanti autrici del periodo medievale fu assicurata da donne dei tempi successivi. Le prime copie del "Lungo Testo" de "Le Rivelazioni del Divino Amore" di Giuliana di Norwich (1342-c. 1416) furono create da monache esiliate in Francia e Belgio nel XVII secolo. Il "Lungo Testo" è il culmine di vent'anni di meditazione e revisione di Giuliana sulle visioni che sperimentò giacendo sul letto di morte nel 1373. Senza le energie di queste successive donne-scribi, tale testo vitale avrebbe potuto andare perso. E, nel XX secolo, fu una donna chiamata Grace Warrack che produsse la prima edizione moderna delle opere di Giuliana.
La storia del libro del XV secolo di Margery Kempe ci rammenta quanto siano preziosi questi manoscritti e quanto facilmente avrebbero potuto andare persi. Margery Kempe (nata intorno al 1373, morta nel o dopo il 1438) fu una donna borghese di Lynn nel Norfolk. Dopo la difficile nascita del primo dei suoi quattordici figli, ebbe una visione di Gesù - la prima di molte. Più avanti nella sua vita, decise di dedicarsi a Dio facendo voto di castità. Da quel momento viaggiò molto, incontrando spesso timore e ostilità. Fu accusata di essere un'eretica in diverse occasioni.
Nella decade del 1430, decise che le sarebbe piaciuto documentare le sue esperienze, ma fu incapace di farlo direttamente in quanto era analfabeta. Invece, scrisse tramite dettatura. Fece almeno quattro tentativi di ottenere ciò che sarebbe diventato il suo Libro - tre differenti uomini furono ingaggiati come scribi per trascrivere il racconto verbale della sua vita. La sua opera fu finalmente completata nel 1438.
Fino al 1934, la sola versione conosciuta dell'opera di Margery era un estratto drasticamente ridotto e stampato da Wynkyn de Worde nel 1501. In questa versione stampata, le esperienze di Margery erano state pesantemente modificate. Invece nella versione manoscritta, Margery è descritta come un personaggio fuori dal comune che raccontava e trasmetteva la propria devozione. Nell'edizione di de Worde è invece un'ascoltatrice e non un'oratrice. Il testo stampato ha un tono più calmo e contemplativo, con focus sulle esperienze di Margery a partire dal 1420 che pertanto rimuove le descrizioni dei suoi pellegrinaggi o le molestie come presunta eretica.
Se non fosse stato per la fortuita scoperta del manoscritto del Libro di Margery Kempe, il nostro solo accesso al suo racconto sarebbe stato drasticamente alterato, probabilmente da un uomo. Invece, l'opera è divenuta una metafora del modo in cui le esperienze delle donne sono state spesso tagliate, manipolate e controllate dagli uomini nel corso della storia. Oggi, come risultato degli sforzi delle studiose femministe, le opere di queste straordinarie donne hanno ottenuto l'attenzione che meritano. Forse, in futuro, testi sconosciuti di autori fino a ora anonimi saranno identificati come opere di donne oppure nuovi manoscritti saranno trovati da persone alla ricerca di palline da ping-pong, come accadde al Libro di Kempe nel 1934.
Note
[1] Aldhelm, The Prose Works, curato e tradotto da Michael Lapidge e Michael Herren (Cambridge: D.S.Brewer, 1979, repr. 2009), p. 59.
[2] Giuliana di Norwich, Revelations of Divine Love (London: Penguin, 1998), p. xviii. Questo estratto è dalla fine del Capitolo 6 nel 'Testo Breve'.
[3] Christine de Pizan, Il Libro della Città delle Dame, tradotto da E. J. Richards (New York: Persea Press, 1982), pp. 83-84.
[4] Constant J. Mews, The Lost Love Letters of Héloïse and Abelard: Perceptions of Dialogue in Twelfth-Century France (New York: Palgrave, 1999, ristampa. 2008), p. 165.
Notizie sull'autore
La dottoressa Mary Wellesley si è laureata in Letteratura Inglese al Lincoln College, Oxford, prima di spostarsi all'University College di Londra per proseguire nella sua ricerca post-laurea. La sua tesi dottorale esamina i manoscritti della Vita di Nostra Signora del monaco benedettino e poeta John Lydgate (c. 1370-1450).
Ha pubblicato capitoli di libri e articoli sugli aspetti della letteratura medievale e sullo studio dei manoscritti, e co-curato Stasis in the Medieval West: Questioning Change and Continuity per conto di Palgrave nel 2017. A fianco del suo lavoro accademico, Wellesley ha anche scritto e revisionato pubblicazioni non accademiche. Il suo lavoro è apparso in Apollo, The Economist's 1843 Magazine, Lapham's Quarterly, The Literary Review, The London Review of Books e The Times Literary Supplement, tra gli altri.
Nel 2017, Wellesley ha lavorato come ricercatrice e scrittrice per la sezione Discovering Literature: Medieval della British Library.
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Il testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0 International, © Mary Wellesley. Traduzione italiana © 2018, Gianluca Turconi.
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