Letture Fantastiche: Mirco, sei conosciuto come autore ed esperto letterario soprattutto nell'ambiente fantasy (ricordiamo tra i tuoi romanzi "L'Ultimo Potere") e ora ti scopriamo saggista in un'opera impegnativa come "Jonathan Livingston e il Vangelo". Hai trovato difficoltà in questo passaggio, dal tuo punto di vista di scrittore?
Mirco Tondi: Fa piacere vedere gli altri avere una certa considerazione di quello che ho fatto in ambito letterario, ma non penso di essere un esperto, anche in campo fantasy: sono tante le cose che non so, più di quelle che conosco; semplicemente mi piace approfondire ciò che stuzzica il mio interesse. Dal punto di vista di scrittore non ho trovato difficoltà nel realizzare l'opera "Jonathan Livingston e il Vangelo"; certo il modo di scrivere saggistica è diverso da quello della narrativa, ma c'ero abituato grazie all'esperienza acquisita nella realizzazione di articoli inerenti alla narrativa fantastica.
Saggista, dicevamo. In questo nuovo ruolo ti sarai sicuramente posto finalità comunicative di carattere generale, indipendenti da questa tua opera del genere. Puoi delinearle a grandi linee?
Come finalità inizialmente mi ero preposto di mostrare come "Il gabbiano Jonathan Livingston" e il Vangelo fossero simili, avendo praticamente lo stesso messaggio da trasmettere. Con lo sviluppo del lavoro, ma anche con la maturazione sviluppata negli anni, all'opera ho voluto aggiungere la finalità di mostrare i condizionamenti messi in atto dalle società: per riuscire a comprendere e attuare i messaggi lasciati da Jonathan e Gesù (come ben mostrato nei libri di cui sono protagonisti) occorre prima comprendere quali sono gli elementi che si contrappongo a essi e li limitano. Per poter attuare la libertà occorre prima conoscere quali sono i condizionamenti che impediscono di vivere in un certo modo. E la consapevolezza è forse uno dei mezzi più importanti per mettere in atto tutto ciò.
Prima di entrare nel merito di "Jonathan Livingston e il Vangelo", vorresti parlarci del tuo primo contatto con "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach? È considerato un libro di formazione e introspettivo, ma quale valore ha avuto per te?
Ho conosciuto "Il gabbiano Jonathan Livingston" grazie a un professore che ho avuto quando frequentavo le scuole superiori; una scelta molto azzeccata, ma che non fu certo l'unica (ricordo molto bene altre opere che ci fece leggere e ci consigliò, tra cui quelle di Franz Kafka, Ray Bradbury, Howard Phillips Lovecraft, Edgar Allan Poe, Charles Baudelaire). Ho riletto il libro di Richard Bach diverse volte negli anni successivi e tutte le volte ha saputo darmi qualcosa in più, aiutando a capire l'importanza di conoscere se stessi e non farsi condizionare nel seguire la propria strada.
Il contenuto de "Il gabbiano Jonathan Livingston" è stato analizzato da più prospettive, tra le più diverse, dal Cristianesimo alla New Age, dal sacro al profano. Quali motivazioni ti hanno spinto ad accostare il famoso gabbiano addirittura a Gesù Cristo?
Accostare Jonathan a Gesù è stato qualcosa di automatico: praticamente insegnano le stesse cose. "Il gabbiano Jonathan Livingston" ha un linguaggio più immediato e comprensibile rispetto al Vangelo, e per questo può essere d'aiuto a comprendere maggiormente quest'ultimo, dato che la sostanza non cambia.
Fantasia e Fede, Livingston e Gesù. Li consideri due facce di una stessa medaglia?
Fantasia e fede possono essere due tra i tanti modi che consentono di arrivare alla comprensione e alla consapevolezza.
La libertà è alla base di molte interpretazioni de "Il gabbiano Jonathan Livingston", come pure Gesù seppe predicare verso gli ultimi, coloro che non erano liberi né materialmente né spiritualmente, costruendo quella che alcuni saggisti hanno definito "una religione per gli schiavi". Condividi questo accostamento, anche dal punto di vista religioso?
Nella storia, al Vangelo e a quanto detto da Gesù sono state date tante interpretazioni. Non ho mai visto l'insegnamento di Gesù come una religione per gli schiavi, anche se posso pensare che questa affermazione può essere valida se si riferisce a una religione che ha lo scopo di rendere libere le persone, perché in un modo o nell'altro un po' tutti siamo schiavi di qualcosa o qualcuno. Per me l'insegnamento del Vangelo si basa oltre che sulla libertà, sullo riscoprire quelle parti dell'uomo che rendono completi, in equilibrio e capaci di realizzare cose meravigliose in grado di crescere e far crescere gli altri.
In "Jonathan Livingston e il Vangelo" scrivi: "Camminare soli e liberi può essere bello, ma lo è ancora di più farlo con persone che condividono la stessa visione di mondo: è come sentirsi a casa." Gesù ha naturalmente rivestito un ruolo di predicatore, ma Livingston? Ti riferisci a una predicazione laica?
Non faccio distinzione tra predicazione laica o religiosa, perché per me un insegnamento, se è giusto (e questo lo si vede poi dai suoi effetti), è giusto a prescindere da dove o da chi proviene. Il valore di un insegnamento nasce da quanto si è appreso e quanto ha da dare: non è prerogativa dell'appartenere a un gruppo oppure a un altro. Ci si dimentica che la vita, in ogni sua forma, insegna a tutti, se si vuole imparare, e non è esclusiva di nessuno.
Nel tuo saggio parli della difficoltà per gli uomini di scoprirsi uguali, non speciali come individui, ma come genere. Non pensi che l'analisi e l'interpretazione tanto del romanzo quanto delle Sacre Scritture portino a una conclusione opposta, cioè ritenersi davvero speciali, quasi "illuminati"?
Quella di ritenersi speciali, quasi "illuminati", è una percezione che nasce dall'ego, dando un erroneo modo di vedere le cose. Gli individui sono unici perché non ne esiste uno esattamente uguale a un altro, e questo è il bello della diversità, ma non esistono individui speciali o migliori; esiste invece la possibilità di crescere e migliorarsi sempre, scoprire quanto c'è di speciale nella vita. Gli uomini sono uguali perché tutti possono scoprire e attuare questa possibilità, anche se poi l'attuano in maniera differente.
L'individuo e la massa, sono spesso messi in contrapposizione nel tuo saggio, pur non essendo entrambi i termini connotati totalmente in maniera positiva o negativa. Da un punto di vista strettamente personale, come vedi essere "parte del tutto" ed essere anche "il tutto"?
Spesso si pensa che individuo e individualista siano la stessa cosa, ma non è così: un individuo è colui che pensa liberamente, un individualista pensa esclusivamente a se stesso. Con questa differenza si può capire che la massa, a seconda che sia formata dai primi o dai secondi, può avere connotazioni positive o negative; nel primo caso sarà qualcosa volto al miglioramento, sia personale, sia generale; nel secondo sarà qualcosa che già si vede ogni giorno, dato che di esempi di società volte a interessi egoistici ce ne sono davvero tanti. Essere parte del tutto significa riconoscersi come parte integrante del mondo in cui si vive, dove ogni azione, anche piccola, ha la sua influenza. Essere il tutto significa arrivare a un livello molto alto conoscenza e consapevolezza, facendo cogliere appieno il significato della vita, davvero difficile da raggiungere.
La distorsione della verità, sia nell'introspezione personale sia nella religione, è forse il pericolo più grande. Viviamo in un'epoca in cui gli estremismi religiosi e dell'individualismo conducono spesso a ciò che noi tutti consideriamo il Male. Secondo te, quali insegnamenti si possono trarre nella lettura libera e individuale de "Il gabbiano Jonathan Livingston" e del Vangelo per evitare questi effetti distorsivi?
Imparare a ragionare con la propria testa, perché la distorsione della verità nasce spesso dal fatto che le persone si fanno condizionare da chi è in una posizione che ritiene superiore alla propria (es. cariche religiose, politiche), con questi ultimi che agiscono in una determinata maniera per perpetrare il proprio interesse, per avere maggiore potere e influenza su quante più persone possibile; una convinzione erronea, che dà grande importanza al ruolo che si ricopre nella scala gerarchica, dove chissà perché si ritiene che chi possiede più potere o denaro debba essere migliore, superiore, quando invece il valore di un individuo non dipende da cosa possiede o che ruolo ricopre in società, ma dipende da tante altre cose, come la conoscenza di se stessi, l'integrità, il ricercare e attuare ideali diversi dall'accumulo materiale e dagli interessi economici che permettono di dare maggiore spessore e sapore alla vita che si conduce.
Per concludere, parliamo un po' anche del futuro. Hai in cantiere altri saggi da affiancare alle tue opere di narrativa?
È tra le possibilità: ci sono diversi progetti in cantiere, alcuni in prossimità d'arrivo, altri da sviluppare.
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