Tra le storie più famose della tradizione nordica, tanto da essersi meritata la trasposizione cinematografica in diversi film, la leggenda di Beowulf, guerriero con la forza di trenta uomini, è anche uno dei più importanti esempi della letteratura scritta altomedievale.
Il mostro Grendel.
Il vecchio re Hrothgar costruì per sé un grande palazzo, coperto d'oro, con panche tutt'intorno e una terrazza che vi conduceva. Era più grande di qualsiasi corte di cui gli uomini avessero sentito parlare e là Hrothgar sedeva sul suo trono per condividere con i propri sudditi le cose buone che Dio gli aveva dato. Un gruppo di coraggiosi cavalieri si era radunato intorno a lui e insieme vivevano tutti in pace e gioia.
Ma un giorno vi giunse un orribile mostro, Grendel, uscito dalle brughiere. Superò di nascosto le recinzioni nel pieno dell'oscurità e toccò le grande sbarre di ferro della porta della corte che immediatamente si spalancò. Poi, con gli occhi scintillanti d'odio, spiò i cavalieri che dormivano dopo la battaglia. Con le sue unghie d'acciaio, l'orrendo demonio aggredì trenta di loro durante il sonno. Lanciò grida di gioia e fuggì veloce come il fulmine attraverso le brughiere, per raggiungere la propria tana con le sue prede.
Quando gli altri cavalieri si svegliarono, alzarono alto un gran urlo di dolore, mentre l'anziano Re sedeva senza parole per la pena. Nessuno poté combattere col mostro, era troppo forte, troppo orribile per chiunque. Per dodici lunghi anni, Grendel guerreggiò contro Hrothgar; come un'ombra oscura di morte si aggirava furtivamente attorno alla corte, giacendo in attesa dei suoi uomini nella nebbiosa brughiera. Solo una cosa non poteva toccare ed era il sacro trono del Re.
Tuttavia, viveva in una terra molto distante un giovane chiamato Beowulf che aveva la forza di trenta uomini. Aveva sentito parlare degli orribili misfatti di Grendel e del dolore del buon re Hrothgar. Perciò aveva preparato una robusta nave e con quattordici amici era salpato per far visita a Hrothgar, poiché questi era bisognoso d'aiuto. La nave veleggiò sopra il grande oceano come un uccello, finché i viaggiatori videro scintillare davanti a loro bianche scogliere. Così seppero che il loro viaggio era giunto al termine; ancorarono la loro nave, si cinsero delle loro armi e ringraziarono Dio per aver avuto un viaggio tranquillo.
Il guardacoste li individuò da una torre. Si diresse alla spiaggia a cavallo e brandendo una lancia gigantesca.
- Chi siete? - gridò. - Portate armi e osate sbarcare apertamente qui? Sono tenuto a sapere da dove venite prima che possiate fare un passo in più. Ascoltate le mie parole e affrettatevi a rispondermi.
Beowulf replicò che venivano come amici, per aiutare Hrothgar a sbarazzarsi del suo acerrimo nemico Grendel, al che il guardacoste li condusse al palazzo del Re. Corsero insieme in discesa, tra suoni frettolosi di voci e scalpiccio armato, fino a che videro la corte scintillare contro il cielo come se fosse d'oro. La guardia li condusse fin là e poi, voltando il proprio cavallo, disse: - È tempo di andare per me. Possa il Padre di tutti noi mantenervi in sicurezza. Per quel che mi riguarda, devo proteggere la costa.
La strada era pavimentata in pietra e gli uomini di Beowulf vi marciarono, seguendola fino alla corte, le loro corazze brillanti e sferraglianti sotto il sole durante il cammino. Raggiunsero la terrazza dove deposero i loro larghi scudi. Quindi si sedettero sulle panche mentre legavano insieme le lance e si facevano annunciare dall'araldo. Hrothgar li accolse speditamente. Entrarono nella grande corte con passo misurato, Beowulf ad aprire la strada. La sua corazza brillò come una rete d'oro e il suo sguardo era alto e nobile quando disse: - Salve, o Re! Sono venuto per combattere contro Grendel. Concedimelo, poiché io e la mia piccola banda di uomini abbiamo solo questo compito. So che il terribile mostro disprezza le armi e pertanto non porterò né spada, né scudo, né brocchiero. Combatterò a mani nude il nemico e che la morte colga chiunque Dio vorrà. Se la morte dovesse prendere me, allora che il mostro trascini il mio corpo nelle paludi, tanto non mi importa, ma rimandate la mia corazza al mio Re. Il mio destino è nelle mani di Dio.
Hrothgar amò il giovane per le sue nobili parole e offrì a lui e ai suoi uomini di sedersi alla sua tavola e condividere la festa, se così avessero voluto. Mentre festeggiavano, un menestrello cantò con voce chiara. La Regina, vestita d'oro, attraversò la corte, offrendo una preziosa coppa di idromele al Re e a tutti i guerrieri, vecchi e giovani. Al momento giusto, con parole graziose, la porse a Beowulf. Pieno d'orgoglio e alti propositi, il giovane bevve dalla splendida coppa e giurò che avrebbe sconfitto il nemico o sarebbe morto.
Beowulf e i suoi compagni intraprendono il viaggio per affrontare Grendel.
Quando il sole tramontò a occidente, tutti gli ospiti si alzarono. Il Re chiese a Beowulf di stare di guardia al palazzo e di vigilare. - Abbi coraggio - gli disse. - stai all'erta e avrai successo. Se compirai questa grande impresa, non uno dei tuoi desideri rimarrà insoddisfatto.
Allora Beowulf si coricò per riposare nella corte, togliendosi la sua cotta di maglia, l'elmo e la spada.
A tarda notte, Grendel venne furtivamente. Tutti dormivano, tranne uno!
La porta fu spalancata al primo tocco che vi diede il mostro. Camminò velocemente sulla pavimentazione della corte; i suoi occhi luccicarono quando vide gli uomini del re giacere addormentati. Rise quando credette di potere prendere la vita di ognuno di loro prima che facesse giorno. Acchiappò un guerriero dormiente e in un batter d'occhio aveva sbriciolato le sue ossa. Poi allungò la sua mano per afferrare Beowulf nel suo letto. Velocemente Beowulf prese il suo braccio, si alzò in tutta la sua altezza e lottò con lui con tutta la sua forza, finché le dita del mostro non si spezzarono come se fossero esplose. Mai Grendel aveva provato una tale stretta, avrebbe voluto fuggire, ma non poté. Ruggì e la corte risuonò dei suoi versi, andò su e giù mentre sfuriava, con Beowulf che lo teneva in una morsa stretta. Le panche furono rovesciate, le strutture in legno della corte frantumate, tanto che la bella sala finì distrutta. Gli uomini di Beowulf presero le armi e pensarono di attaccare Grendel da ogni lato, ma nessuna spada poté toccarlo. Ancora Beowulf lo teneva per il braccio, tanto da spezzargli la spalla e costringerlo alla fuga, colpito a morte, lasciando mano, braccio e spalla nella stretta di Beowulf. Per la brughiera, nell'oscurità, il mostro scappò meglio che poté e la vittoria fu di Beowulf.
In seguito, durante la mattinata, molti guerrieri giunsero da ogni luogo. Cavalcando in formazione, seguirono le tracce del mostro fin dove era fuggito colpito a morte. Aveva terminato la propria vita in una tetro stagno.
Affrettando i propri cavalli sopra il verde manto erboso, ritornarono sulla strada pavimentata. Il tetto dorato del palazzo scintillava al sole. Il Re era in piedi sulla terrazza a ringraziare Dio: - Ho avuto molte angosce - disse - ma questo giovane, tramite la Grazia di Dio, ha compiuto l'impresa che noi, con tutta la nostra saggezza, non siamo stati capaci di compiere. Ora ti amerò, Beowulf, come se fossi mio figlio. Non avrai bisogno di nulla in questo mondo e la tua gloria vivrà per sempre.
Il palazzo fu ripulito, le mura nuovamente ricoperte con panni d'oro, l'intero luogo ricostruito, in quanto solo il tetto era rimasto in piedi dopo la lotta.
Si tenne una gioiosa festa. Il Re prese dai suoi tesori un vessillo, un elmo e una cotta di maglia. Li diede a Beowulf, ma ancora più magnifica fu la famosa spada consegnatagli e risalente a ere antiche. Poi otto cavalli dai copriguanciali dorati furono condotti entro la corte; uno di loro fu sellato con la sella personale di Re Hrothgar, decorata d'argento. Hrothgar diede tutto a Beowulf, chiedendogli di goderseli. A ognuno degli uomini di Beowulf diede ricchi doni. Un menestrello cantò; la Regina, bella e piena di grazia, portò la coppa al Re e a Beowulf. Anche lei diede dei doni a Beowulf: un mantello, dei bracciali e una collana d'oro. - Usa questi doni - gli disse - e che tu possa prosperare! Il tuo nome sarà conosciuto fino ai confini del mare.
Grande fu la gioia di tutti fino a sera. Allora la corte fu svuotata dalle panche e riempita con letti. Beowulf, come il Re, ebbe la propria camera privata in cui dormire. I nobili giacquero nella corte, vicino alle loro teste posero gli scudi, gli elmi e le loro cotte di maglia. Ciascuno dormì pronto in un istante a combattere per il proprio signore.
Così sprofondarono nel sonno, nemmeno sognando quale dolore stava per colpirli.
Gli uomini di Hrothgar riposavano, ma la morte li avrebbe colti. Grendel il mostro era morto, tuttavia sua madre ancora viveva. Furiosa per la morte del proprio figlio, strisciò fino alla grande corte e vi penetrò, artigliò un conte, il più caro amico del Re, e lo schiacciò nel sonno. Grande fu il trambusto, sebbene il terrore fu minore di quando venne Grendel. I cavalieri balzarono in piedi, spada in mano; la strega si affrettò a scappare, poiché voleva salvare la vita.
L'anziano Re fu colpito dal più profondo dolore quando seppe che il suo caro amico era stato massacrato. Mandò a chiamare Beowulf che ancora era nella sua stanza. Il giovane rimase in piedi davanti a Hrothgar e sperò che tutto andasse bene.
- Non chiedere se le cose vanno bene - disse il Re sofferente. - Abbiamo nuovo dolore questa mattina. Il mio più caro amico e nobile cavaliere è stato ucciso. Grendel è stato da te ucciso grazie alla forza datati da Dio, ma un altro mostro è venuto per vendicare la sua morte. Ho sentito i paesani dire che c'erano due giganteschi demoni che si aggiravano nella brughiera, uno con le fattezze di donna, per quel che poterono vedere, l'altro in forma d'uomo, molto più grande. Era lui che chiamavano Grendel. Questi due infestavano un temibile antro, una terra di impenetrabili paludi e rupi ventose. Una cascata si getta nell'oscurità sottostante e alberi ritorti con radici nodose vi sono sospesi sopra. Un fuoco sovrannaturale si vede splendere laggiù notte dopo notte. Nessuno può dire quanto sia profondo quel pozzo. Persino un cervo messo alle strette dai cacciatori preferirebbe affrontare i propri nemici piuttosto che gettarsi in quelle acque. È un luogo spaventoso. Tu sei il nostro unico aiuto, oserai entrare in quell'orribile luogo infestato?
Veloce fu la risposta di Beowulf: - Non soffrire, o Re! Ridestati prontamente e lasciaci inseguire il mostro. Ognuno di noi affronterà la morte e chi ne avrà la possibilità compirà grandi imprese prima che essa giunga. Prometto che il progenitore di Grendel non mi sfuggirà, nemmeno se si rifugerà nelle profondità della terra o dell'oceano.
Il Re si riprese con gioia e Beowulf e i suoi amici partirono. Passarono rive pietrose e strette gole, infestate da goblin.
Improvvisamente videro un gruppo di alberi avvizziti, sospesi sopra un tetro stagno. Un brivido li attraversò, perché la pozza era rosso sangue.
Tutti si sedettero sul bordo dello stagno, mentre il corno emetteva un suono brioso. Nell'acqua c'erano mostruosi serpenti marini e su alcuni punti di terra emersa vi erano draghi e strane bestie; essi fuggirono, pieni di rabbia, al suono del corno.
Uno degli uomini di Beowulf mirò a un mostro con la sua freccia e lo trafisse, cosicché non poté più nuotare.
Beowulf si preparò per la lotta. Si coprì il corpo con la corazza per timore che il mostro lo potesse artigliare. Sul capo mise un elmo bianco, decorato con figure di cinghiali cesellati in argento. Nessuna arma avrebbe potuto romperlo. La sua spada era un magnifico tesoro, con lama di ferro; non aveva mai tradito chiunque avesse avuto bisogno di lei in battaglia.
- Siate come un padre per i miei uomini, se dovessi perire - disse Beowulf a Hrothgar. - E mandate i ricchi doni che mi avete dato al mio Re. Egli vedrà che ho avuto buona fortuna finché la mia vita è durata. O otterrò la gloria della vittoria o che la morte mi colga.
Se ne andò gettandosi a capofitto nello stagno. Ci volle quasi l'intero giorno prima che raggiungesse il fondo e mentre era ancora per strada, la strega d'acqua si imbatté in lui. Per centinaia di anni ella aveva vissuto in quelle profondità. Lo ghermì con i suoi artigli, ma la sua cotta di maglia lo salvò dalle sue ripugnanti dita. Tuttavia la strega lo afferrò stretto e lo trascinò tra le sue braccia sul fondo dello stagno; Beowulf non poteva usare le proprie armi, sebbene avesse sufficiente coraggio per farlo. Bestie d'acqua nuotavano dietro di lui e lo colpivano con le loro zanne.
Infine si ritrovò in una vasta sala dove non c'era acqua, ma uno strano, innaturale bagliore di un fuoco. Subito la lotta cominciò, ma la sua spada non poté mordere, essa fallì nel proprio compito, così per la prima volta la sua fama fu smentita. Beowulf la gettò lontana con rabbia, confidando ormai solo nella forza delle proprie mani. Non si preoccupò della propria vita, pensò invece al proprio onore.
Beowulf in lotta con la madre di Grendel.
Afferrò la strega per la spalla e la scosse in modo tale da farla cadere a terra. Lei si riebbe presto e gli si avvicinò; egli ne fu sorpreso e cadde, esausto. La strega si sedette su di lui ed estrasse il suo pugnale per prendersi la vita di Beowulf, tuttavia la sua superba cotta di maglia deviò il colpo. Si rialzò ancora e in quel frangente veramente Dio lo aiutò, perché vide tra le corazze conservate sul muro una vecchia spada di enormi dimensioni, manufatto di giganti. Se ne impossessò e colpì con tutta la sua forza, così da prendersi la vita della strega.
Il suo cuore era ora pieno di felicità e leggero, calmo e bello come il sole. Perlustrò la vasta camera e vide Grendel giacere morto. Gli tagliò la testa come trofeo per Re Hrothgar, i cui uomini il mostro aveva ucciso e divorato.
Gli uomini che erano seduti sulle rive dello stagno a guardare insieme a Hrothgar videro l'acqua tingersi di sangue. Allora i più anziani parlarono del coraggioso Beowulf, dicendo di temere che non lo avrebbero rivisto di nuovo. Il giorno stava finendo velocemente, così essi e il Re tornarono verso casa. Gli uomini di Beowulf rimasero, col dolore nel cuore, a fissare lo stagno. Desideravano, ma non si attendevano, di rivedere il loro signore e padrone.
Negli abissi, invece, Beowulf si stava dirigendo verso di loro. La spada magica si sciolse tra le sue mani, come neve al sole; ne rimase solo l'elsa, tanto velenoso era il mostro che con essa era stato ucciso. Non portò con sé altro che l'elsa e la testa di Grendel. Risalì attraverso le acque in cui le furiose bestie d'acqua lo avevano inseguito. Ora non se ne fece vedere nessuna; gli abissi erano stati purificati quando la strega aveva perso la sua vita. Così ritornò sulla terra, nuotando coraggiosamente e trasportando il suo bottino. Nel momento in cui i suoi uomini lo videro, ringraziarono Dio e corsero a liberarlo dalla sua corazza. Si rallegrarono di averlo di fronte tutto intero.
Marciarono gioiosamente sulle strade fino alla città. Ci vollero tre di loro per trasportare la testa di Grendel. Marciarono, tutti e quattordici, col loro capitano gloriosamente nel mezzo. Entrarono nella grande corte, cogliendo di sorpresa il Re e la Regina con la terribile vista della testa di Grendel.
Beowulf diede la magica elsa a Hrothgar che poté ammirare il magnifico lavoro dei giganti dell'antichità. Parlò a Beowulf, mentre gli altri restavano a riposo, lo elogiò per il suo coraggio, disse che lo avrebbe amato come un figlio dichiarandolo come dono all'Umanità, ricordandogli di non gloriarsi della propria forza, poiché la possedeva per grazia di Dio e la morte l'avrebbe cancellata per sempre. - Molti, molti tesori - gli disse - passeranno da me a te domani, ma ora riposa e festeggia.
Beowulf sedette volentieri al banchetto e gli piacque molto il pensiero del riposo.
Quando albeggiò, si accomiatò dal Re con nobili parole, promettendo di aiutarlo in caso di bisogno. Hrothgar con le lacrime agli occhi e grandi abbracci lo lasciò andare, dandogli nuovi doni costituiti da cumuli di gioielli. Pianse, per la partenza dell'amato Beowulf, e seppe che non lo avrebbe più rivisto.
Il guardacoste vide giungere i valorosi guerrieri, offrì loro il benvenuto e li condusse alla loro nave. Il vento soffiò sulle vele e il suono di un piacevole fischiettio si udì quando la nave prese la propria rotta. Così Beowulf tornò a casa, dopo aver compiuto mirabili imprese e guadagnato grandi onori.
A suo tempo, Beowulf divenne Re e governò bene la propria terra per cinquant'anni. Poi giunsero dei problemi.
Uno schiavo, fuggito dal suo padrone, incappò per mera sfortuna nell'antro di un drago. Là vide un'abbagliante scorta d'oro, protetta dal drago per trecento inverni. Il tesoro lo tentò e si impossessò di un boccale d'oro per darlo al proprio padrone, così da riappacificarsi con lui.
Il drago, che stava dormendo, si risvegliò e percepì l'odore di un nemico lungo la roccia. Lo inseguì diligentemente sulla terra; voleva trovare l'uomo che aveva commesso il misfatto durante il suo sonno. Per la rabbia, sparse in giro la montagna d'oro, gettandovisi dentro ancora e ancora alla ricerca del prezioso boccale. Non vedeva l'ora che giungesse la sera, perché aveva intenzione di vendicarsi col fuoco per la perdita del suo tesoro.
Il sole calò e il drago procedette con le sue intenzioni. Uscì, bruciando le felici case degli uomini: la sua ira fu sentita in lungo e in largo. Prima dell'alba, ritornò alla sua oscura dimora, confidando nella montagna in cui era nascosta e nelle sue abilità per difenderla.
Beowulf seppe che la sua stessa casa era stata bruciata fino alle fondamenta. Fu un grande dolore per lui, quasi lo fece adirare contro la Provvidenza. Il suo petto fu appesantito dall'ira.
Intendeva liberare il suo paese da quella piaga e combattere il drago a mani nude. Pensò che sarebbe stata una vergogna cercarlo con un grande esercito, lui che, da ragazzo, aveva ucciso Grendel e la madre. Come si fu armato per lo scontro, molti pensieri riempirono la sua mente; ricordò i giorni della sua gioventù e dell'età adulta. - Ho combattuto molte guerre quando ero giovane - disse - e ora che sono anziano e custode del mio popolo, cercherò ancora il mio nemico e lo farò ottimamente.
Ordinò ai suoi uomini di aspettarlo sulle pendici della montagna. Avrebbero visto chi dei due sarebbe uscito vivo dalla lotta.
Laggiù, l'anziano Re individuò dove si ergeva una volta rocciosa, con una lingua di fuoco che vi fuoriusciva; nessuno poteva sostarvi senza essere bruciato vivo. Lanciò un gran grido e il drago rispose con un caldo respiro fiammeggiante. Beowulf, sguainata la spada, si riparò dietro lo scudo quando il bruciante drago, curvato come un arco, si gettò a testa bassa su di lui. Lo scudo lo salvò, per poco; sollevò la spada per colpire l'orribile mostro, ma la lama non lo ferì. Scintille volarono tutto attorno a lui; si avvide che la fine dei suoi giorni era venuta.
I suoi uomini fuggirono verso i boschi per salvare le proprie vite. Uno, e solo uno, di nome Wiglaf, si affrettò attraverso il fumo e le fiamme per soccorrere il proprio signore.
- Mio Signore Beowulf - gridò. - Difendetevi con tutte le vostre forze. Vi supporterò al mio meglio.
Il drago sopraggiunse furiosamente; in un batter d'occhio le fiamme consumarono lo scudo di Wiglaf, ma, per nulla scoraggiato, egli si pose al riparo di quello di Beowulf, quando il proprio cadde in cenere ai suoi piedi. Il Re ricordò la forza della propria gioventù e colpì con la spada con tale potenza da conficcarla nella testa del mostro, mentre le schegge volavano tutt'intorno. La sua mano fu così forte che, come gli uomini usano dire, avrebbe spezzato qualunque spada nell'usarla.
Per la terza volta, il drago si affrettò su di lui e lo afferrò per il collo con le sue mostruose zanne. Wiglaf, senza pensare a sé, corse in avanti, sebbene fosse bruciato dalle fiamme, e colpì il drago poco sotto il punto in cui vi era riuscito Beowulf. Così la spada entrò nel corpo del drago che da quel momento non poté più usare il fuoco.
Il Re, recuperati i sensi, estrasse il proprio coltello e pose fine alla vita del mostro. In questo modo, i due, insieme, distrussero il nemico del popolo. Per Beowulf fu il più grande momento della sua vita quando vide quell'impresa compiuta.
Beowulf morente assistito dal fido Wiglaf.
Il colpo che il drago gli aveva inferto cominciò a bruciare e gonfiarsi, a causa del veleno che vi era entrato. Egli seppe che la sua vita era ormai terminata. Si fermò a riposare presso l'antro del tesoro e rifletté a lungo, guardando il pregevole lavoro fatto dai nani dell'antichità, gli archi di pietra sui loro pilastri rocciosi. Wiglaf, con premurosa cura, slacciò il suo elmo e gli portò dell'acqua, mentre Beowulf pronunciava quanto segue: - In questo momento, avrei dato la mia corazza a mio figlio, se Dio me ne avesse concesso uno. Ho governato la mia gente per cinquant'anni e nessun Re ha osato attaccarla. L'ho fatto con giustizia e nessun amico ha perso la vita a causa mia. Sebbene sia stato colpito mortalmente, trovo conforto in questo. Ora sbrigati, amato Wiglaf, mostrami l'antica ricchezza che ho vinto per il mio popolo, l'oro e le brillanti gemme, così che possa lasciare con soddisfazione questa vita.
Prontamente, Wiglaf entrò nell'antro su richiesta del suo padrone. Ovunque vide oro e gioielli e scelse vasi, elmi e bracciali e sollevò sopra la testa un meraviglioso stendardo, tutto d'oro, scintillante alla luce, cosicché poté scrutare il pavimento e vedere l'intero mucchio di ricchezze. Si riempì il grembo di coppe e piatti dorati e prese anche lo stendardo d'oro.
Si affrettò a tornare col bottino, chiedendosi con dolore se avrebbe trovato il suo Re ancora vivo. Gli portò i suoi tesori, depositandoli sul terreno e ancora gli diede dell'acqua. - Ringrazio Dio - disse il Re morente - che mi ha permesso di ottenere questo tesoro per il mio popolo; ora avrà tutto ciò che gli serve. Ma il mio tempo qui è ormai finito. Ordina ai miei uomini di fare un alto cumulo sul promontorio che guarda il mare e di portare là le mie ceneri. Col passare del tempo gli uomini lo chiameranno il Carro di Beowulf e servirà a guidare i marinai attraverso mari tempestosi.
Il coraggioso Re prese dal proprio collo la sua collana dorata, insieme al suo elmo e alla sua piccola corona, e li diede al suo vero cavaliere, Wiglaf. - Il Destino ha portato via tutti i miei consanguinei - disse. - E ora li devo seguire.
Queste furono le sue ultime parole, poiché la sua anima si separò dal suo cuore, per unirsi alla compagnia dei Giusti.
Di tutti i Re del mondo, egli fu, dicono i suoi uomini, il più gentile con i suoi cavalieri e il più desideroso d'onore.
Fonti:
Testo in pubblico dominio: Hamilton Wright Mabie, Legends That Every Child Should Know.
Traduzione italiana © 2013 Gianluca Turconi.
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