- Col matrimonio, gli sposi perdono parte delle
spigolosità del proprio carattere. Ve lo assicuro in base ad
anni di esperienza nel campo. - Il sensale enunciò la sua teoria
innaffiandola con abbondante birra scura. Ne bevve una pinta in un
fiato.
Rolf l'Ardito lo ascoltò distrattamente mentre grattava via una
scheggia dal tavolo con la punta dell'unghia, come se stesse cercando
di stanare un tarlo. Quindi disse: - Forse è giunto anche per me
il tempo di prendere moglie. Ho superato l'età in cui combattere
battaglie e vincere nemici valeva più di un'amorevole compagna o
di una discendenza che serva da sostegno alla mia vecchiaia.
- Mio buon guerriero... - iniziò il sensale per poi fermarsi
subito. Riposizionò la pancia sotto la cintura dei pantaloni e
riattaccò: - Se vi siete deciso a prendere moglie, posso
redigere il contratto in un batter d'occhio. Ho già in mente
qualche nome che farebbe la vostra felicità. Nessuna donna
rifiuterebbe un uccisore di orchi della vostra fama.
L'araldo del Duca, seduto al banco della locanda, si intromise: -
Guardatevi da quel vecchio, Rolf. Vi potrebbe proporre un'asina
spacciandola per una puledra di razza! - Gli altri avventori risero
ostentatamente. Erano soldati ducali, mezzi brilli a inizio serata.
- Non vi permetto di... - La replica seccata del sensale fu inghiottita
dall'entrata spettacolare del troll.
La creatura sfondò col corpo la parete su cui si apriva la porta
del locale. Nel farlo, sbatté con la testa sull'architrave del
soffitto a otto cubiti di altezza, si imbufalì per la botta e
proferì un'oscenità nel suo dialetto consonantico: - K'thran!
Tutti i presenti avrebbero dovuto sentirne la vicinanza con largo
anticipo, perché l'olezzo della sua pelle scagliosa poteva
tramortire una vacca al pascolo a una lega di distanza. Tuttavia, gli
uomini nella locanda ebbero ben poco da preoccuparsi per l'odore, in
quanto il troll prese a distribuire con somma prodigalità pugni
a destra e a manca. Avevano la potenza di colpi di maglio e dopo i
primi tre crani sfondati, anche i soldati più ubriachi
imbracciarono le picche per resistere all'assalto.
- Mirate alle gambe! - gridò Rolf afferrando una fiaccola
brillante di fiamma viva. I troll non erano orchi, ma se c'era da
ammazzare un errore della natura, il guerriero non si tirava mai
indietro.
Le punte delle picche si smussarono battendo sulla possente muscolatura
del troll. Questi, dal canto suo, si aprì un varco tra la
truppa, seminando fratture, smembramenti e morte. Rolf gli si
parò davanti. Agitava impavido la fiaccola del cui fuoco la
creatura aveva un timore atavico.
- Vattene, mostro! - gli ingiunse il guerriero. - Prima che la mia
pazienza si esaurisca e ti restituisca alle fiamme dell'inferno che ti
hanno partorito!
Il calore della fiaccola indusse un tentennamento nel troll. Il suo
ventre borbottò e alcuni, compreso Rolf, lo ritennero un segno
di paura. Fu un'imprevidenza in buona fede. Il borbottio si
trasferì dal ventre allo stomaco e da quel luogo di perdizione
risalì fin nella bocca del troll, da dove si riversò sul
malcapitato guerriero in una pioggia di succhi gastrici che gli
corrosero la cotta di maglia di ferro intrecciato e la carne del corpo
fino all'osso, spegnendo al medesimo tempo la fiaccola.
Sbarazzatosi, per sorte favorevole, dell'unico uomo degno di quel nome
nella locanda, il troll sbalordì i sopravvissuti, nascosti
dietro ai tavoli ribaltati e al bancone, parlando nella lingua delle
terre del Duca: - Chi tra voi è il sensale?
Una serie di indici puntati con speditezza lo misero sulla giusta via.
Il troll avanzò con passo pesante verso l'uomo accovacciato
sotto la tavola. Dal suo punto di osservazione, il sensale poté
vedere unicamente i piedi della creatura in movimento. La loro
sporcizia era terreno fertile per ogni genere di insetto e pianta.
Arrivato a portata di braccia, il troll scaraventò il
nascondiglio del sensale contro il muro e afferrò il vecchio con
le due mani, alla gola e ai testicoli, sollevandolo per aria.
- Sarebbe bastata la gola... - bofonchiò il sensale con le
lacrime agli occhi.
Il troll non era in vena di concessioni e pose la sua richiesta: - Se
non vuoi che distrugga il villaggio e mi nutra dei suoi abitanti, dammi
una moglie umana.
Il sensale calcolò velocemente quante ragazze del borgo fossero
in età da marito.
- La voglio vergine! - specificò il troll.
La postilla obbligò il vecchio a scalare il numero ottenuto in
precedenza fino all'unica scelta disponibile che urlò
all'araldo, esaurendo il fiato rimastogli nei polmoni: - Portatemi la
figlia del fabbro. Ora!
L'araldo non titubò. Accompagnato dai picchieri se la
svignò attraverso la voragine nella parete. Il sensale
pregò che quei miserabili avessero un briciolo di compassione e
non se la dessero a gambe. Si dovevano rendere conto che il troll non
era provvisto di pazienza, ma solo di un robusto appetito. La sua fame
non era in discussione. L'essere stava guardando con cupidigia il buon
sensale, asciugandosi di tanto in tanto un rivolo di saliva che gli
scorreva dalle labbra sul mento. Il suo autocontrollo fu comunque
encomiabile perché non asportò neppure un braccio come
antipasto.
Il tempo trascorso prima che gli uomini tornassero fu giudicato dal
vecchio una giusta punizione inflittagli dagli dei per i suoi peccati
passati. Tirò un sospiro di sollievo nel vedere il ritorno
dell'araldo.
- Perché sei solo? - trepidò alla vista del notabile.
- Gli altri stanno arrivando con la figlia del fabbro.
- Vi ha seguito di sua spontanea volontà? - si interessò
il troll.
L'araldo rimase sconcertato dal dover rispondere direttamente a lui.
Uomini e troll tendevano ad avere rapporti che prevedevano lo scavo di
tombe anziché lo scambio di chiacchiere in amicizia. Rispose: -
Certo.
Due picchieri arrivarono portando Annelore legata mani e piedi a un
ramo di ciliegio che sostenevano sulle loro spalle.
- Appena lo saprà mio padre, userà le vostre teste al
posto dell'incudine! - sbraitò la ragazza, inviperita. -
Temprerò anch'io qualche ferro di cavallo in più per il
gusto di battere il martello sulle vostre zucche vuote! - Al cospetto
del troll smise di parlare.
Annelore non si spaventava facilmente, il sensale lo sapeva bene. Da
quattro anni suo padre lo supplicava di trovarle un marito. Uno
qualsiasi, anche orbo, monco o di razze differenti, purché si
portasse via quella diciottenne brutta quanto la fame in un inverno
nevoso. La maggior parte degli uomini che aveva contattato per
concludere il contratto, avrebbe sopportato la bruttezza, ma il
carattere indisponente e capriccioso era troppo... Il fabbro era
arrivato a minacciare di rinnegarla come figlia se non si fosse
dimostrata più accomodante, senza sortire effetti di sorta. La
giovane era l'eccezione che confermava la regola del sensale
sull'abbandono delle spigolosità del carattere col matrimonio.
I picchieri la depositarono sul pavimento a una rispettosa distanza di
venti passi dal troll.
La creatura lasciò cadere il sensale e si piegò per
guardare Annelore da vicino: - Sì, mi accontenterò di
lei. - Giratosi fronte al sensale, ordinò: - Sposaci!
Contorcendosi, la ragazza si drizzò sulle ginocchia. - Vecchio,
non azzardarti a iniziare la cerimonia o, fosse l'ultima cosa che
compio in vita mia, ti strapperò il cuore. Sposerei più
volentieri un verme di Gallara piuttosto che questo ammasso di... - Il
sensale le tappò la bocca con la mano.
- Taci! Vuoi che ci uccida? Non è il miglior partito che ti
posso offrire, però non è da disprezzare. - Il troll,
distrattosi per un momento, rovistò nei resti appiccicosi di
Rolf in cerca di un boccone da spolpare. - Beh... Forse ha delle
abitudini alimentari discutibili, ma avrà pure delle altre
qualità. - Abbandonata l'idea del pasto, l'essere defecò
sul pavimento. Solo ciò che uscì dai suoi orifizi
poté puzzare più della sua pelle. Il sensale, allibito,
non retrocedette dall'intenzione: - Lo sposerai lo stesso!
Annelore gli morse due dita e si liberò dal bavaglio
improvvisato. La ragazza urlò a squarciagola: - Accetto... - Il
vecchio troncò la frase che avrebbe continuato con "...solo se
la neve brucia e il fuoco bagna!", imponendole il silenzio per mezzo di
uno strofinaccio recuperato sul bancone.
A scanso d'equivoci, il sensale disse: - Avete sentito tutti il suo
consenso? - Teste sgomente annuirono.
Scrisse i termini del contratto matrimoniale su una tovaglia e
completò il cerimoniale con la formula di rito, destinata al
troll: - Sii un marito fedele per tua moglie, trattala secondo le
tradizioni del tuo popolo e non farle mancare il giusto amore. - Il
troll farfugliò una frase sconnessa. - Lo sposo ha accettato i
termini del contratto.
Il troll alzò Annelore e se ne uscì dalla locanda,
tenendola per il ramo di ciliegio. Lo scampato pericolo strappò
un grido di trionfo agli uomini, mentre la notte senza luna
favorì l'allontanamento dei due sposi dal villaggio.
La strada scelta per la fuga non fu delle più agevoli. Il troll
si inerpicò su per le montagne che conducevano al Passo dei
Mercanti, tra abeti carichi di neve e le ultime pernici bianche che,
attardatesi in quelle terre prima di migrare a sud, li osservavano
curiose dai rami. Non seguirono la via carovaniera principale lungo la
quale gli accampamenti dei commercianti diretti al passo si
susseguivano a ritmo serrato, ma si addentrarono nel fitto della
foresta, costeggiando la catena montuosa alle pendici del crinale
orientale, in zone disabitate e, a giudizio degli abitanti del
villaggio, maledette.
Dopo quattro ore di viaggio, il troll ritenne che il fuoco dei bivacchi
fosse sufficientemente lontano e si fermò per una sosta.
Adagiò Annelore a terra senza accennare a slegarla. Si
premurò invece di toglierle il bavaglio. Il buon senso avrebbe
consigliato un atteggiamento diverso.
- Aiutooo!
La richiesta di soccorso di Annelore distrusse il silenzio notturno,
spaventando ogni essere vivente nel raggio di molte leghe, compreso lo
sventurato troll che tutto si sarebbe aspettato da una femmina d'uomo,
tranne che avesse una vocalità comparabile a quella di un elfo
dei boschi.
Le bloccò l'intera faccia con la mano possente e
l'avvisò: - Non urlare ancora o ne sconterai le conseguenze, e
io so farla pagare a chi non mi ubbidisce.. - Allentò la presa.
- Riportami a casa. Subito!
Il troll la guardò in modo strano, come rapito. Annelore non
lasciò cadere la questione: - Non ti aspettare che io soddisfi
uno solo dei tuoi desideri lussuriosi!
Tra i molti misteri che popolavano il mondo conosciuto, il sistema
riproduttivo dei troll era uno dei più grandi, tanto oscuro che
gli alchimisti del Duca avrebbero pagato il suo peso in oro per averne
conoscenza, anche solo per testimonianza indiretta. Indipendentemente
dalla quantità d'oro che le avrebbero offerto, la ragazza non
aveva intenzione di sperimentare la procedura di persona.
Non era l'unica a nutrire un notevole ribrezzo a quel pensiero.
Il troll sputò un bolo grumoso sul terreno, esprimendo il
proprio disprezzo: - Voi esseri umani credete che il creato ruoti
intorno ai vostri bisogni! - Alzò lo sguardo al cielo. Le nuvole
si erano diradate e, sebbene la luna non si vedesse, alcune stelle
più brillanti delle altre si mostravano alla vista.
Un astro dai riflessi cangianti si distinse tra i gemelli per la sua
luminosità. Il troll lo scelse quale destinatario di un discorso
che sbigottì Annelore: - Io sono Amagh della stirpe dei troll.
Il mio animo è come quella stella, brilla nell'oscurità
di un destino che mi è stato imposto alla nascita. Il disprezzo
delle altre razze mi accompagna e mi opprime. La mia ricerca di
un'esistenza migliore si scontra col pregiudizio e con
l'ostilità perché possiedo un corpo di cui non posso
sbarazzarmi. - Accarezzò la ragazza con un dito grosso quanto il
ramo a cui era legata. - Non ti odio, piccola donna coraggiosa. Se ti
spavento, ne hai motivo fondato. Il sacrificio a cui ti dovrai
sottoporre mi addolora, ma mi libererà per sempre dal mio
insopportabile fisico da troll.
- Un sacrificio? - Annelore aveva pensato che anche esseri mostruosi
come Amagh potessero essere affetti dall'insanità della follia,
tipicamente umana. Ma non era il ragionamento di un pazzo. Il troll
aveva uno scopo e la ragazza era lo strumento per raggiungerlo. - Tu
vuoi uccidermi! Ti servo per qualche stregoneria!
- Non morirai per mano mia. - Amagh la riprese in spalla, ricominciando
la salita.
La sorte di Annelore si delineò con maggiore precisione poche
leghe più avanti. Nel mezzo della selva, una fiaccola si mosse
in un segnale prestabilito.
- Avanza, così che ti possa vedere! - pretese Amagh dal nuovo
arrivato.
Un uomo della gente del mare uscì dal fitto degli alberi.
Nascondeva i capelli biondi sotto una pesante cappa di tela e il
viso attraente, circoscritto da una folta barba ispida, era
rovinato da occhi malvagi. Portava con sé una giovinetta dalla
bellezza precoce, anch'essa con le mani legate. Il mercante alzò
il braccio in un saluto. Conosceva il troll.
- E' questa la moglie che hai trovato? - chiese l'uomo.
- Non potevo pretendere altro - replicò Amagh.
- E' vergine?
- Dalla mancanza assoluta di ogni barlume di beltà in lei, non
può che essere tale.
- Complimenti per l'arguzia. I troll hanno anche un cervello, ben
nascosto tra i muscoli - ironizzò il mercante. In un secondo
controllo, apprezzò Annelore alla luce della torcia. Il troll
retrocedette intimorito. - Sì, Amagh, nessuno sarebbe tanto
temerario da insidiarne la virtù senza la massima motivazione.
Esattamente la stessa che ci ha spinto qui entrambi.
Annelore non sopportò di essere trattata da mercanzia: - Quale
oscura ragione unisce un uomo a un troll? I tuoi avi umani
rinnegherebbero la loro discendenza se sapessero che stai tradendo la
nostra razza!
Il mercante la colpì violentemente con un pugno. - La tua voce
mi è già venuta a noia. Potrei fare a meno della tua
compagnia... - Estrasse la spada corta che teneva alla cintola.
Gonfiato il petto, Amagh si drizzò sulle gambe ed emise il suo
avvertimento: - Se la tocchi, il patto tra noi è rotto. Ne
andrebbe della tua vita. - L'uomo confrontò la mole del troll
con l'arma a sua disposizione. Rinfoderò la spada.
- Un giorno o l'altro incontrerai qualcuno che trafiggerà quel
tuo cuore gentile, troll.
- Non accadrà molto presto e certamente non ora.
Il mercante cambiò discorso: - Muoviamoci. La grotta è
lontana.
- Tua moglie potrebbe non arrivarci - notò il troll. La giovane
che accompagnava l'uomo era molto provata dal cammino percorso fino a
quel momento. Doveva aver assaggiato la mano pesante del marito in
diverse occasioni, poiché il viso dolce era segnato dalle
percosse.
- Mia moglie andrà dove le ordinerò di andare! - Il
mercante riprese il cammino spingendo la moglie in avanti. La
sventurata accettò l'imposizione con fatalismo. Pronunciò
poche parole in una lingua straniera ignota ad Annelore e,
probabilmente, allo stesso mercante. Sua moglie non era stata certo una
sposa consenziente.
Avevano una nuova meta: una grotta. Il gruppo si avviò nel
bosco, col mercante ad aprire la strada con la fiaccola. Almeno
Annelore non doveva camminare. Amagh la trasportava con la stessa
facilità di un fuscello. Il troll si era dimostrato sensibile
oltre ogni immaginazione e poteva essere la sua salvezza, perciò
tentò di impietosirlo. Lo richiamò sottovoce, per non
destare sospetti nel mercante.
- Amagh! Questo è il tuo nome?
- E' il nome con cui il mio clan mi chiama.
- Bene, Amagh, hai detto di non sopportare l'ostilità e il
disprezzo delle altre razze. Sacrificarmi non aumenterà la
considerazione degli uomini nei tuoi confronti. - Il troll la
portò all'altezza degli occhi.
- Che ne puoi sapere degli esseri umani? Tu sei ancora un cucciolo
d'uomo. Io ho vissuto molte delle vostre vite e ti potrei raccontare
storie che riguardano la tua razza abbastanza raccapriccianti da
chiedermi di smettere. Gli dei nel crearvi hanno scordato di porre un
limite alle vostre ambizioni. Pretendete di essere più forti
degli orchi, più abili dei nani e più longevi degli elfi,
esattamente come quel mercante...
- La longevità degli elfi? Gli elfi sono immortali! E'
l'immortalità ciò che cerca il tuo compare?
- La vogliono tutti gli uomini - dichiarò con certezza il troll.
- Però non è il tuo fine ultimo.
- Se la tua perspicacia è la metà della tua
loquacità dovresti già sapere qual è il mio fine
in questo viaggio.
La ragazza riconsiderò le azioni del troll in un disegno
più vasto. Era sceso al villaggio da solo, sfidando le truppe
del Duca e un guerriero famoso. Non temeva la morte quanto l'aver
vissuto nei panni di un essere considerato una mostruosità.
- Desideri una morte onorevole - scoprì Annelore.
- Cerco una morte da uomo.
- Nessuno stregone possiede il potere necessario per esaudire il tuo
desiderio.
- Non stiamo andando da uno stregone. La magia ha molti padroni. Alcuni
sanno dare l'immortalità e tramutare un troll in un uomo,
partendo dall'anima.
- E io dovrei morire per questo?
Le grandi pupille del troll si rattristarono: - Tu in cambio avrai la
vita eterna.
Annelore ammutolì. Amagh considerava seriamente uno scambio
favorevole ciò che le offriva.
La foresta si diradò. Stavano calpestando terre che non avevano
conosciuto intrusioni da età antiche. Era evidente dal
rigoglioso sottobosco che altrove non attecchiva per il passaggio
continuo degli uomini. Lì, cespugli bassi e spinosi, in coppia
con un'erba rampicante munita di foglie prive di venatura,
strangolavano gli alberi nonostante si fosse alle porte dell'inverno.
Si sarebbe detto che traessero sostentamento da una fonte innaturale,
al di sopra della comprensione umana.
Si imbatterono nella grotta d'improvviso. Era un taglio netto nel
fianco della montagna, chiuso da un masso ciclopico che nessun essere
vivente, neppure un troll, avrebbe potuto spostare.
- Tocca a te, Amagh. Il mio compito si è esaurito portandoti
alla grotta. Aprila - lo invitò il mercante. Il troll depose
Annelore distante dall'entrata della grotta. Si preoccupava ancora
della sua sicurezza.
- Qualunque cosa accada - partì col dire Amagh. - nel caso non
sopravvivessi, mia moglie è libera. Sei avvisato, mercante. Che
il tuo nome sia maledetto fino al giorno della fine del mondo se non
rispetterai le mie ultime volontà!
L'uomo non si impressionò: - Apri il passaggio! Penserai in un
altro momento a lanciare le tue maledizioni.
Il silenzio dominò le azioni del troll. Aderì col corpo
al masso, mantenendo il capo rivolto a Oriente. Le sue labbra si
mossero e recitarono una litania muta. Luce, forza e potenza si
concentrarono in lui. In un solo movimento sradicò la roccia dal
suo alloggiamento e la scaraventò lontano. Annelore
osservò con meraviglia la possanza di Amagh in quel frangente.
Era stato nel giusto quando aveva affermato che la magia aveva tanti
padroni. Lei stessa ne aveva appena veduto uno molto potente: uno
sciamano troll. Fu allora che la sua paura crebbe incontrollata,
perché il rapimento era orchestrato da entità che non
sfruttavano la tradizionale magia delle foreste nelle terre del Duca.
- Il cerchio di protezione è infranto. Seguitemi. - Il mercante
entrò nella grotta per primo.
- Varcata la soglia, sarai guidata dal libero arbitrio - disse Amagh
alla moglie, sciogliendola dalle corde che l'avevano tenuta
prigioniera. La prese per mano e la condusse all'interno.
Il buio della spelonca amplificò il senso di smarrimento che si
era insinuato in Annelore. La vita non albergava nella caverna, non nel
suo significato comune. Colui che dominava quel regno angusto si
presentò loro circondato da alte fiamme.
- Arrestate il passo, mortali! - ordinò il dominatore di quei
luoghi.
Il negromante non-morto sedeva su un trono di giada, incatenato da
brillanti ceppi elfici, fiero della sua prigionia, col cranio
scheletrito sormontato da una corona sulla quale era inciso con parole
nella lingua degli Alti Elfi: "Atar Ëarlómë". Se
Annelore avesse saputo leggere tale iscrizione, avrebbe tremato al
cospetto del Padre dell'Oscurità dei Mari.
- Signore dei non viventi, veniamo da umili servitori nella speranza di
restituirti la libertà. - Il mercante si prostrò in
adorazione. Aveva viaggiato dalle coste fin là con l'intenzione
di sottomettersi al padrone incontrastato della sua patria, nei tempi
in cui il mondo era giovane.
Il negromante sibilò, emettendo un soffio di fuoco: - Uomini e
troll che vogliono spezzare le mie catene! - La sua risata
echeggiò sinistra. - Parlate, dunque!
L'uomo tirò la corda della sua prigioniera, costringendola a
inchinarsi: - Portiamo in sacrificio la purezza delle nostre mogli,
così come è scritto nel rituale di evocazione. - Il
non-morto si agitò sullo scranno.
- Mandami la vergine! - La richiamò col dito fatto di ossa.
Il mercante la trattenne: - Padre dell'Oscurità, reclamo il mio
premio! - Il non-morto ululò.
- Mortale, avrai il premio se lo meriterai! Lascia che la donna venga a
me. - La giovane fu spinta in direzione del non-morto. Il terrore
prevalse in lei al principio, per essere sostituito in seguito da
titubanza e infine da attrazione. Si incamminò incontro al
signore oscuro, attirata dalla mano protesa di Atar
Ëarlómë. Le fiamme non la toccarono e arrivò a
destinazione senza danno.
- Vuoi la vita eterna? - la tentò il negromante. La ragazza
rispose nella sua lingua, una parola singola, limpida nella sua
semplicità, tanto da non poter essere equivocata. L'assenso era
stato dato.
- Sia come desideri! - Il negromante chinò il capo su di lei. I
suoi occhi incontrarono gli occhi dell'altra, diffondendo nell'aria un
alone luminoso che l'avvolse. Il passaggio fu immediato e il corpo
della ragazza si afflosciò ai piedi del non-morto. Annelore vide
la vita trasfondersi in lui. La catena della mano sinistra si
spezzò alla base, lanciando schegge della preziosa lega attorno
al trono.
Atar Ëarlómë riacquistò parte delle sembianze
umane con le quali aveva vissuto prima che divenisse padrone del
segreto che sconfiggeva la morte. Era un cadavere dotato di parola: -
Uomo, vieni a prendere il tuo premio!
Il mercante scattò. Niente lo avrebbe separato dal suo sogno.
Ripeté il consenso e il negromante migliorò ancora le sue
sembianze. Divenne un ragazzo della gente del mare, dai capelli dorati
e gli occhi azzurri del colore dell'oceano. La sua bellezza era fredda.
- Troll, completa il rituale offrendo in sacrificio la donna che dici
essere tua moglie.
- Il mio premio dovrà consistere in una vita da uomo. Ne hai il
potere?
- Io controllo la nascita e la morte degli uomini. Tutto mi è
possibile.
Amagh lasciò la mano di Annelore: - La decisione è tua.
Vai da lui e scopri cosa ti può offrire. - La sua voce era
triste. - Il mio destino dipende dal tuo.
Tra la ragazza e il negromante si ergeva un muro di fuoco, ma lei non
lo temette. Il richiamo fu forte. Atar Ëarlómë le
offriva l'abbandono delle fatiche umane, l'esistenza perpetua,
l'innalzamento al livello degli dei. Il fuoco la purificò,
incenerendo i suoi pensieri da bambina. Al cospetto del Padre
dell'Oscurità dei Mari, la sua volontà di spezzarne le
catene si accrebbe.
- Vuoi la vita eterna? - reiterò il non-morto.
Lei aprì la bocca per rispondere e gli occhi del negromante
rosseggiarono. In essi passarono le anime dei suoi asserviti. Annelore
vi scorse il mercante e la giovane moglie, annichiliti da una
schiavitù eterna. La vita oltre la morte che le stava offrendo
era un susseguirsi di patimenti.
- No! - fu la sua replica. Rifiutò l'offerta dell'Atar come
aveva rifiutato di sottomettersi a un marito, al padre e a chiunque
avesse voluto scambiare la sua libertà con un'esistenza
tracciata dalla volontà altrui.
- Tu mi devi l'anima! - ruggì il negromante. - E me la darai! -
Strattonò la catena che ancora lo imprigionava e un anello si
incrinò, prossimo alla rottura. Le sue dita le sfiorarono il
collo e qualcosa dentro di lei si ruppe per sempre.
- Vieni a me! - la invitò con voce suadente Atar
Ëarlómë.
Annelore desiderò concedersi al suo nuovo padrone e si sarebbe
persa in lui se il braccio robusto di Amagh non l'avesse afferrata da
dietro e spinta fuori dal cerchio di fuoco.
Atterrò di schiena sulla dura pietra della caverna, abbacinata
dal fulgore che il negromante scatenò. Era la sua ira
incontrollabile che aveva un unico bersaglio: Amagh.
Il troll aveva superato il timore assoluto del fuoco, spossando la sua
forza e la sua magia. Giaceva innanzi al trono con la carne bruciata
dal calore infernale del mana del negromante.
- Tu morirai per la tua sfrontatezza! - lo minacciò l'Atar.
- E' ciò che cerco dal giorno della mia nascita! - gli
replicò Amagh. Toccò la veste nera del negromante ed egli
lo scacciò con forza.
- Allontanati, essere immondo!
- Cercavi un'anima? Ti donerò la mia!
- Via da me!
Amagh serrò il pugno intorno alla catena elfica e una luce
azzurra ne disegnò il contorno del corpo, per esaurirsi in un
lampo. Il troll si accasciò morente. Aveva ottenuto la sua morte
da uomo, sacrificando la propria vita per un'altra.
- Dov'è la mia libertà? - tuonò il negromante,
dibattendosi trattenuto dalla catena riforgiata. - Io sono colui che ha
sconfitto la morte! - Concentrò l'attenzione su Annelore: -
Donna, torna qui.
Lei aveva il petto in fiamme, come se le avessero strappato l'anima con
artigli d'inferi. Una parte del suo essere era effettivamente andata
perduta: la sua fanciullezza era finita in quella grotta. Aveva visto
ciò che gli esseri umani potevano divenire; aveva davanti agli
occhi il male nella sua incarnazione terrena.
- Le tue lusinghe non mi ammaliano più! - ribatté
Annelore al negromante. - Ho veduto la tua natura e da essa mi
guarderò in futuro!
Allora l'Atar capì l'inutilità delle sue lusinghe e
urlò. Un urlo continuo, acuto, senza fine. Le vibrazioni si
trasferirono alle pareti della caverna, le quali si scossero,
ondeggiarono e presero a sgretolarsi. Pietre della grandezza di macine
da mulino si staccarono dalla volta dell'antro e precipitarono sul
pavimento, impilandosi in mucchi di grandezza crescente.
Annelore fuggì. Corse, cadde, si rialzò e cadde di nuovo,
ma mai nella sua fuga volse lo sguardo indietro. Sentiva gli occhi del
non-morto sulla sua schiena e tuttavia non cedette. Infine raggiunse la
luce fuori della caverna, prima che la sua entrata fosse
definitivamente ostruita dalla frana.
Era l'alba.
Un'alba anonima e fuggevole, come la vita di un uomo qualunque. Eppure
tanto straordinaria.
La ricordò per il resto della sua vita, anche quando
trovò il vero amore in un giovane barcaiolo delle terre del
Duca. Nelle serate estive degli anni seguenti, quando era solita
sostare sulla veranda della semplice casa in cui vivevano, poteva
capitare che uno dei suoi figli, additando il firmamento, le chiedesse:
- Come si chiama quella stella che è la più luminosa tra
tutte?
Lei rispondeva: - E' la stella del Troll. Essa è tanto
più brillante, quanto maggiore è l'umanità di chi
la guarda.
Gwen, la più maliziosa dei quattro birbanti che aveva messo al
mondo, le domandava immancabilmente: - Qual è il nome di quel
gruppo di astri che si vedono appena sotto la stella del Troll? Paiono
un guerriero che si stia proteggendo da qualcosa.
Allora Annelore minimizzava: - Oh, niente d'importante. E' solo la
costellazione di Rolf l'Ardito... - E poi aggiungeva con aria
divertita: - Bambini, ve l'ho già detto che è meglio
tenersi lontani dallo stomaco in disordine di un Troll, non è
vero?
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