Dalla scoperta del fuoco al suo ruolo mitico e leggendario, fino all'impiego militare e magico, nella prospettiva di ambientazioni fantasy e di storia alternativa medioevale.
Il fuoco riveste nella storia dell'uomo un ruolo che ha segnato la nostra evoluzione in misura almeno pari alla postura eretta conquistata dai nostri antenati. La possibilità di controllarlo prima e di riprodurlo poi ha infatti reso possibili alcuni cambiamenti fondamentali nell'uomo e nel suo rapportarsi con i propri simili e con l'ambiente che lo circonda. Entrando nello specifico vediamo di analizzarli più analiticamente.
Essi sono, non necessariamente in ordine d'importanza o di apparizione cronologica:
- cambiamenti fisici. La capacità di cuocere il cibo consentì ai nostri antenati di poter conservare più a lungo ciò che cacciavano e allo stesso tempo di avere a disposizione alimenti più sani e decisamente più morbidi. Quest'ultimo fattore, a prima vista meno importante, assume al contrario un peso notevole se si considera che l'effettiva inutilità di una dentatura robusta e un'ossatura mandibolare e mascellare adatta a sostenerla, ha consentito uno sviluppo differente dell'apparato scheletrico del cranio, con eventuali ricadute sullo sviluppo cerebrale.
- cambiamenti sociali. La necessità, soprattutto nei primi tempi, di mantenere sempre accesso un focolare per l'incapacità di riprodurre il fuoco, introdusse nella struttura sociale preistorica umana, una nuova casta tra quelle già esistenti dei raccoglitori e cacciatori. Gli individui destinati a occuparsi del fuoco, vista la sua importanza, assunsero ben presto una posizione di preminenza all'interno dei singoli gruppi. Tale preminenza poteva essere sia politica sia religiosa. Politica perché i controllori del fuoco avevano potere diretto sui loro simili non adibiti a quel lavoro, ne potevano controllare la sopravvivenza garantendo accesso al focolare o la morte tramite ostracismo o esilio da esso. Religiosa perché il fuoco, fin dal principio espressione di uno tra i più potenti spiriti della Natura, garantiva a coloro che ne custodivano i segreti un rapporto preferenziale con detto spirito e, in un secondo momento, col mondo soprannaturale e divino.
- cambiamenti relazionali. Con il controllo del fuoco, l'uomo non è più totalmente alla mercé degli elementi naturali. Può affrontare la notte con maggiore sicurezza, avendo a disposizione una fonte di luce trasportabile e costante. Può combattere gli animali feroci, generalmente intimoriti dal fuoco e da chi lo controlla. Egli diventa un modificatore della natura e non più soltanto un suo fruitore se non addirittura succube in balia dei suoi capricci. Da animale tra altri animali, l'uomo col fuoco assurge a una condizione di privilegio.
Miti, leggende e religioni
I cambiamenti elencati, avvenuti tutti in età preistorica, sono ripresi e sviluppati in alcuni tra i miti e leggende più diffusi nell'antichità storica. Per esempio, il mito di Prometeo, il Titano che avrebbe sfidato gli Dei per donare il fuoco agli uomini, ha in sé, tra le molte altre caratteristiche, anche una particolare connotazione rivoluzionaria. Difatti, proprio nell'ambito dei cambiamenti sociali evidenziati più sopra, era inevitabile un consolidamento del potere in mano ai controllori del fuoco e la fossilizzazione della divisione in classi di quella società tanto semplice.
La fucina di Efesto - Opera di Rubens - immagine in pubblico dominio fonte Wikipedia.
Secondo Eschilo, nella sua opera Prometeo incatenato dalla quale si trae buona parte della narrazione legata alla lotta del nostro eroe contro gli Dei, Prometeo non appartiene né alla stirpe degli Dei (i conservatori del fuoco e dei suoi segreti) né agli uomini (gli esclusi da tali segreti), bensì a una razza a sé, i Titani, pronti a rompere il monopolio divino del fuoco per il bene dell'umanità.
Anche il racconto di come fu rubato il fuoco da Prometeo, sempre secondo Eschilo, dalla fucina del dio Efesto lascia trasparire una condizione di segreto relativo al fuoco e alla sua conservazione. Anche la tremenda punizione inferta al Titano per tanto ardire, cioè l'essere incatenato da Zeus sui monti del Caucaso con catene forgiate dallo stesso Efesto affinché Prometeo non potesse sfuggire agli attacchi di un'aquila che quotidianamente gli avrebbe divorato il fegato, ci permette di comprendere quale peso fosse dato alla conservazione del segreto del fuoco.
Come già indicato in precedenza, l'importanza del fuoco in quest'ambito non era solo politica, bensì anche religiosa. In molte religioni antiche conservare acceso un fuoco sacro all'interno dei templi era un compito di massima importanza affidato a caste sacerdotali di grande fiducia. Anche l'utilizzo della cremazione rituale dei cadaveri in luogo dell'inumazione si collocherebbe sullo stesso piano di purificazione, trasmigrazione spirituale ed espiazione dei peccati che caratterizzava il rapporto iniziale dell'uomo col fuoco spirito della Natura.
È interessante vedere come questa tradizione sia presente anche nella cultura amerinda precolombiana, solitamente piuttosto originale nelle sue soluzione di rapporto col mondo ultraterreno. Per citare un mito tra i molti, Quetzalcoatl, uno degli dei più importanti per gli Aztechi, se non il più importante, si sarebbe lasciato ardere volontariamente su una pira funeraria, non prima di aver indossato un copricapo di piume di Quetzal, l'uccello a cui deve il nome, per espiare le proprie colpe legate a un rapporto incestuoso con la sorella.
La visione del fuoco come elemento purificatore, con l'entrata nel periodo storico, ha una sua singolare evoluzione nell'Ebraismo e nel Cristianesimo. Esso diventa non già l'espressione di una scelta volontaria di pentimento, ma una punizione divina inferta per i propri peccati.
Nell'Antico Testamento (Genesi, 19, 23-26) leggiamo di come «il Signore fece piovere sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco. Distrusse queste città e tutta la valle con i suoi abitanti». Non meno traumatizzante come punizione sono le fiamme dell'Inferno cristiano alle quali sarebbero destinati i peccatori e dannati. Non si deve cadere però nell'equivoco di pensare che nella Bibbia il fuoco sia il mezzo di punizione preferito. Altrettanto importante è l'acqua con i suoi effetti disastrosi, ampiamente esemplificati dall'episodio del Diluvio Universale, presente praticamente identico anche nella mitologia babilonese.
Particolare è anche il rapporto col fuoco presente nella mitologia nordica e vichinga, che tanta importanza ha avuto nella formazione dell'immaginario fantasy. In base a uno dei miti sulla creazione del mondo, in origine sarebbero state presenti due Terre separate, il Muspelleim, o «dimora dei distruttori del mondo», caratterizzata da fiamme e lava, e il Niflheim, dominato da neve e ghiaccio. Nel loro punto di contatto, una sorta di Terra di Mezzo, si sarebbe sviluppata la vita come la conosciamo noi. In questo caso, il fuoco avrebbe due funzionalità precise, una benefica nella creazione della vita e una distruttiva nel Ragnarok, l'ultimo giorno per gli uomini e per gli Dei.
Il fuoco come arma difensiva, offensiva e magica
L'ambivalenza del fuoco, positiva e negativa, nelle sue forme meno complesse non è evidente solo sotto l'aspetto mitologico e leggendario, ma pure nelle sue applicazioni militari.
Non si è lontani dal vero nell'affermare che l'utilizzo del fuoco come arma è antico almeno quanto la sua scoperta. Se poteva essere utilizzato contro gli animali esso dovette sicuramente essere impiegato con successo anche negli scontri tra uomini. Di particolare efficacia contro le costruzioni lignee che sono state alla base dell'architettura cittadina popolare fino all'avvento della pietra e del cemento come materiali da costruzione a buon mercato, il fuoco ha sempre avuto meno importanza nei combattimenti in campo aperto, anche se per l'intero Medio Evo i Bizantini ne hanno fatto un cardine delle loro battaglie navali e nelle controffensive durante gli assedi arabo-turchi di Costantinopoli.
Dal punto di vista di un autore, specialmente di genere fantasy o di storia alternativa, è di fondamentale importanza capire esattamente come ci si servisse del fuoco o delle sostanze che lo producevano, dove fossero recuperate e quali effetti producessero tanto sul morale di chi subiva l'attacco quanto sull'immaginario collettivo che la segretezza e l'impiego strategico di questo mezzo di distruzione influenzarono notevolmente.
Già E. Davidson, nel suo studio The secret weapon of Byzantium, ci dice che i Romani nel I secolo a.C. furono respinti durante un assedio dai greci dell'Asia Minore grazie all'impiego di una sostanza chiamata «olio della Media», che oggi potremmo definire petrolio greggio, incendiato e lanciato sugli assalitori. Lo stesso elemento, citato ancora dal Davidson, fu utilizzato ben prima di tale periodo nel corso dell'assedio di Delos nel 425 a.C.
Uso del fuoco greco in una miniatura medioevale - immagine in pubblico dominio - Fonte Wikipedia.
Il petrolio greggio e oli semplici raffinati e derivati da esso avevano due principali vantaggi. Per cominciare, in diverse zone mediorientali esistevano affioramenti di petrolio fin dall'età antica, fatto che rendeva la materia prima di facile reperimento. Secondariamente, queste sostanze hanno l'innegabile pregio, dal punto di vista militare, di galleggiare sull'acqua e di poter essere incendiate tanto da creare un effetto sconvolgente su assalitori all'oscuro dell'importante peculiarità.
I Bizantini seppero approfittare di questa «ignoranza» dei vicini, sfruttando un'arma denominata per molti secoli «fuoco greco» che impiegarono con estremo successo nella loro resistenza contro gli invasori e che fu mantenuta segreta tanto a lungo e tanto bene che anche gli studiosi moderni hanno molte difficoltà a determinarne con precisione le componenti.
Il fuoco greco bruciava sull'acqua, su questo non ci sono dubbi. Ne segue che esso dovesse essere composto da greggio a cui si può pensare fosse aggiunto del salnitro più dello zolfo e della pirite, come indicato nella formula trasmessaci da Giulio Africano già a partire dal 300 d.C. Rimane però ancora piuttosto oscuro il metodo di lancio di quest'arma davvero efficace nei combattimenti navali e negli assedi. Secondo l'imperatore Leone VI nei suoi Tactica, il fuoco greco veniva lanciato contro il nemico attraverso dei tubi di rame. Il lancio vero e proprio era preceduto da uno scoppio che serviva a incendiare ed espellere il fuoco greco. Saremmo quindi di fronte a veri lanciafiamme dotati di una miscela d'innesco e d'espulsione probabilmente composta da gas e da una seconda miscela di combustione a base di petrolio greggio. L'efficacia del fuoco greco portò, forse erroneamente, a chiamare allo stesso modo l'arma usata dagli Arabi contro i cavalieri occidentali nel corso delle crociate. Ce lo ricorda con molti particolari Giovanni di Joinville, alle crociate al seguito di Luigi IX.
Non bisogna dimenticare che le terribili conseguenze provocate dal fuoco greco costituivano solo una delle cause del terrore che gli assaliti provavano alla vista del suo utilizzo. Molto spesso i tubi di lancio venivano mimetizzati in statue di vario materiale aventi le fattezze di mostri mitologici come chimere, draghi e altro che colpivano subito l'immaginazione dei soldati semplici (e non solo) in particolare se non avevano mai avuto contatti precedenti con l'arma segreta di Bisanzio. Una magia segreta che bruciava sull'acqua e lanciata da esseri fantastici; vi erano elementi a sufficienza per sconvolgere le menti di quel popolino poco acculturato da cui erano tratti in larga parte gli eserciti medioevali.
Anche il fuoco normale era largamente utilizzato nel corso di assedi, sia dai difensori sia dagli attaccanti. A differenza di quanto la filmografia storica e fantasy più recente vorrebbe farci credere, esso non era necessariamente lanciato contro il nemico o gli spalti delle mura di difesa, sebbene l'uso di proiettili incendiari da lancio tramite trabucchi fosse una delle possibilità per gli attaccanti.
I bersagli preferiti erano però le abitazioni civili interne alle città e le parti più vulnerabili di tutte le strutture murarie di difesa, cioè le porte. Per quel che riguarda il primo attacco, il lancio era il mezzo più utilizzato e non ci si preoccupava, come invece si sarebbe fatto nel XX secolo per i bombardamenti aerei, di quali e quanti danni subisse la popolazione civile. Richiamando una particolarità anedottica, il Taccola in De rebus militaribus ci rammenta di come, con crudeltà verso gli uomini e gli animali, ci si potesse servire di gatti e topi imbevuti di acquavite alle cui code erano state legate delle micce infuocate a base di zolfo per poter appiccare incendi di vaste proporzioni per via della corsa sfrenata degli animali in fiamme all'interno dell'abitato. Per il secondo tipo di attacco si provvedeva a incendiare dei carriaggi che venivano portati a mano contro il bersaglio e a servirsi di oli o altri combustibili semplici per prolungare il fuoco e intaccare la resistenza delle porte.
Anche i difensori avevano nel fuoco un'arma davvero potente contro le torri d'assedio, costruite in massima parte in legno e ricoperte da pelli di bue o altro animale trattate con sostanze ignifughe dalla scarsa efficacia.
Da qualunque parte venisse impiegato, il fuoco era un'arma a doppio taglio. Come per i primi gas tossici utilizzati in trincea da parte dei tedeschi durante la prima guerra mondiale, anche per l'impiego del fuoco in età antica o medioevale, il nemico più pericoloso era di certo il vento. Al suo improvviso cambio di direzione poteva corrispondere un altrettanto repentino mutamento nelle sorti della battaglia, con la distruzione di città o accampamenti d'assedio. In queste circostanze chi subiva la malasorte era solito collegare la disfatta al mutamento di volere di dei o divinità o, in epoca cristiana, a mancanza di fervente fede nei santi protettori delle città spesso invece espressa con pericolose concentrazioni di persone in luoghi chiusi come le chiese, facilmente incendiabili, oppure con altrettanto micidiali processioni sotto le mura interne.
In buona sostanza, maggiore era la distruzione apportata dal fuoco, maggiore doveva essere stata la mancanza verso le divinità e santi da parte dei perdenti. Come in ogni tempo, si preferiva dare la colpa all'imprevisto, soprannaturale in questo caso, anziché all'incapacità degli eserciti o dei loro comandanti.
Fonti e letture consigliate:
- Rapine, assedi, battaglie. La guerra nel medioevo, Aldo A. Settia, 2002, Laterza;
- Il fuoco greco, Gabriele Pasch, in Archeologia medioevale, XXV, 1998, pp. 359-368;
- Gods & Heroes from Viking Mythology, Brian Branston, 1978, Eurobook Ltd;
- Spirits, Heroes and Hunters from North American Indian Mythology, Marion Wood, 1981, Eurobook Ltd;
- The secret weapon of Byzanthium, E. Davidson,1973.
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