Titolo: Il lavoro nobilita?
Autori: AA.VV.
Casa editrice: Lulu Press
Genere: narrativa/narrativa fantastica
Costo: a partire da 3,03 Dollari (2,40 Euro circa)
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Anteprima trama
Il lavoro nobilita? Una domanda pretenziosa, forse retorica, che è anche il titolo di questa raccolta, la terza in tre anni dell'Associazione Anonima Autori, la prima su carta.
Una domanda scabrosa, oltremodo in una società dove del lavoro si parla sempre più in termini di mancanza e precarietà. Non dubitiamo che qualche benpensante, dopo aver letto i racconti di "Il lavoro nobilita?" ci inviterà a dedicarci di più ad attività produttive e meno alla discussione (sterile?), giacché, oggigiorno, è già una fortuna avercelo, un lavoro.
Tuttavia noi - che nella quasi totalità dei casi, meritevoli o meno, siamo stati beneficiati di un posto di lavoro, e che abbiamo scoperto come il lavoro abbia questa capacità di fagocitare la maggior parte della nostra vita, di influenzarla, di determinarne direzioni e obbiettivi - questa domanda continuiamo a porcela?
Il lavoro nobilita? E, soprattutto, è realmente un valore assoluto?
A dispetto di ciò che i benpensanti di prima potranno contestarci, se lo chiede Giuliana Borghesani, che nel narrarci i ricordi a tratti dolorosi, a tratti nostalgici di un'insegnante di un paesino travolto dal benessere economico, riesce a descrivere con efficacia la transizione traumatica dalla società contadina a quella dei consumi e delle vite che a tale "evoluzione" sono state sacrificate.
Ancora, se lo domanda Laura Bertoli, che racconta la quotidianità incantata di una giovane donna che deve dividersi tra lavoro e famiglia.
Giuseppe Bianco sembra dare una risposta proponendoci una favola in chiave moderna dove il protagonista - una sorta di Candide in tuta blu - scopre che un lavoro dignitoso è un tesoro irraggiungibile.
In Gianluca Turconi, invece, è la delusione delle proprie aspettative di carriera che funge da occasione per l'intuizione che esistono dei valori più alti.
La prosa divertente e divertita di Michele Rocchetta ci mostra gli aspetti più curiosi del lavoro del proiezionista, rivelandoci anche alcuni trucchi del mestiere in una pezzo che a tratti fa il verso a un saggio antropologico.
E se Enrico Gramellini, con i suoi versi inquietanti, osserva gli ingranaggi della macchina dall'esterno ed esprime la paura di esserne catturato, Julie opera la riscoperta di sé stessa attraverso il confronto e, talvolta, la fuga.
Silvana Barbera descrive un posto di lavoro dove l'impegno professionale è subordinato ai desideri di sopraffazione e alle ansie di conservazione del potere.
Alessandro Cascio parla dell'altro volto del lavoro, la disoccupazione, vissuta come fenomeno di emarginazione ed esclusione.
Infine un anonimo ci narra una squallida questione di ferie (che poi è anche il titolo del racconto), risibile vicenda che sarebbe da rubricare tra le storie improbabili che talvolta gli impiegati si raccontano davanti alla macchinetta del caffè, se non fosse che si tratta di un fatto vero e, ci assicurano amici e colleghi, nemmeno isolato.
Certo, ci siamo anche noi. Dei nostri racconti non abbiamo detto nulla, ma con questa prefazioncina scritta a quattro mani abbiamo già rubato abbastanza tempo e attenzione. Buona lettura.
(Testo tratto dall'introduzione all'opera realizzata da Mauro Mirci e Emanule Cassani)
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