Le prime elezioni della Repubblica Italiana tra aspettative e pericoli. Lo scontro tra democrazia cristiana e comunismo, con risultati inaspettati nel clima della prima guerra fredda.
- La situazione socio-economica italiana, le tensioni internazionali prima delle elezioni e la campagna elettorale delle sinistre (questa pagina)
- La campagna elettorale della Democrazia Cristiana, i pericoli del voto e i risultati finali
Alcide De Gasperi portò la sua Democrazia Cristiana alle elezioni politiche del 1948 nelle migliori condizioni possibili in quell'Italia ancora afflitta dalle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale.
Nei primi mesi del 1947 la fiducia degli Italiani nella nuova democrazia era vicina allo zero: il costo della vita risultava superiore di 34 volte a quello del 1938; l'indice dei prezzi all'ingrosso lo era di 40 volte; inoltre, bastarono poche settimane perché questi stessi indici salissero rispettivamente a 44 e 52 volte. La speculazione imperversava da più parti. La cartamoneta si deprezzava quotidianamente, favorendo di conseguenza l'inasprirsi dell'inflazione: il pane era sottoposto a "prezzo politico", mentre la crescente spesa pubblica necessaria, vista la disastrosa situazione socioeconomica del Paese, innalzava il deficit statale verso picchi mai raggiunti prima.
Nel corso dell'estate il nuovo governo De Gasperi fronteggiò con decisione il drammatico contesto nazionale: fu varata la linea Einaudi, un insieme di norme atte a stabilizzare la moneta e frenare le speculazioni finanziarie. In pochi mesi si riuscì ad assestare positivamente la congiuntura economica; crebbe il bilancio statale e i prezzi all'ingrosso scesero gradualmente. Alla fine del 1947 il costo della vita era calato dell'8%. Ma i costi sociali dell'azione governativa risultarono altissimi, contribuendo a mantenere esplosivo il clima politico del Paese. Nel Dicembre 1947, infatti, l'Italia contava ufficialmente quasi due milioni di disoccupati e oltre quattro milioni di poveri, più della metà dei quali risiedevano nel Sud. Era una condizione drammatica, insostenibile.
Iniziò un nuovo biennio rosso, punteggiato da proteste, agitazioni, scontri di piazza, feriti e morti. A quanto provocato dalla fame e dal disagio sociale si aggiunsero i gesti clamorosi dettati da motivi politici: a Milano, in Ottobre, Giorgio Magenes, dirigente dell'Uomo Qualunque, fu linciato da una folla di operai comunisti con l'accusa di avere finanziato bande fasciste durante l'occupazione tedesca; il mese successivo Giancarlo Pajetta, esponente di spicco del PCI, e gruppi di ex partigiani occuparono la prefettura del capoluogo lombardo per protestare contro la rimozione da prefetto di Ettore Troilo, uno degli ultimi funzionari di quel livello insediati dalla Resistenza. Solo l'intervento mediatore di De Gasperi e Togliatti riuscì a far sgombrare pacificamente la prefettura. Per alcune ore ci si trovò a un passo da uno scontro armato dalle conseguenze imprevedibili, la tragedia si evitò per un soffio.
Le tensioni internazionali. Il Fronte Popolare: la campagna elettorale delle Sinistre
Nel frattempo, la situazione internazionale stava volgendo al peggio, tanto che il 1947 può essere considerato l'anno iniziale della guerra fredda: la dottrina Truman (Marzo 1947) e il piano Marshall (5 Giugno 1947) segnarono l'irrigidimento della politica americana e l'elaborazione della teoria del contenimento contro la minaccia comunista; fu in questo contesto che maturò la rottura definitiva della collaborazione governativa tra Democrazia Cristiana e Sinistre in Italia e in altri paesi, anche se agirono motivazioni e cause di carattere nazionale, sì che non è possibile pensare a un piano preordinato da Washington. Diversamente, sull'altro versante, si andava accentuando la pressione sovietica sull'Europa, con la cacciata dei leader avversari dai Paesi orientali e la nascita del Cominform alla Conferenza di Szlarska Poreba (Settembre 1947). A tale conferenza furono presenti, per il PCI, Luigi Longo ed Eugenio Reale, che si ritrovarono più volte sottoposti alle accuse brucianti dei compagni sovietici e jugoslavi, duramente contrari alla politica impostata da Togliatti e ritenuta troppo moderata.
Posto di fronte alle scelte finali di Szlarska Poreba, il PCI fu costretto a ridurre la propria politica eteronoma, sempre più succube della linea sovietica, introducendo pertanto gravi contraddizioni nello sviluppo originale del comunismo italiano. Solo pochi membri, tra i quali Umberto Terracini, si opposero a tale svolta, ma un brusco rimprovero della segreteria del partito li sottomise definitivamente. Le fratture internazionali costrinsero anche il Partito Socialista a un deciso mutamento di rotta, avviando anche per quel partito una sorta di "cominformizzazione" forzata. Fino a quel momento, infatti, Nenni aveva ricercato con passione un collegamento tra Oriente e Occidente attraverso la formula della "solidarietà internazionale". Ma lo sviluppo della guerra fredda lo costrinse ad allinearsi sui temi e sui giudizi fatti propri dal PCI. Così anche i socialisti recepirono senza discussioni le tesi di Mosca e del nuovo corso comunista.
L'esito di questo percorso politico fu la nascita del "Fronte Popolare", la cui assemblea costitutiva si tenne a Roma il 28 Dicembre 1947. Sotto questa etichetta, PCI e PSI sarebbero andati all'imminente voto per il primo Parlamento dell'Italia repubblicana. L'iniziativa risultava motivata da diversi fattori, tra i quali la consapevolezza dello scontro radicale e decisivo ormai in atto. Ma la scelta frontista non convinse tutti gli esponenti dei due partiti: nei socialisti, dure furono le critiche di Sandro Pertini e Riccardo Lombardi, che temevano la subordinazione ai comunisti; nel PCI, invece, lo stesso Togliatti nutriva perplessità verso l'alleanza col partito di Nenni, poiché essa negava tutta la sua precedente politica di grandi alleanze e di impegno per evitare l'isolamento della Sinistra nel contesto politico-sociale del Paese. D'altra parte, dopo le dure critiche piovute dal Cominform, non si poteva respingere una simile opzione e, in ogni caso, almeno il PSI sarebbe restato strettamente legato alle scelte comuniste. Il Fronte stabilì dunque di presentare liste uniche adottando come simbolo una stella con sovrapposto il volto di Giuseppe Garibaldi; e raccolse l'adesione pure di formazioni politiche minori (Movimento Cristiano per la Pace, ecc.) e di diverse organizzazioni parallele di categoria (Alleanza femminile, Costituente della Terra, ecc.)
Palmiro Togliatti durante un comizio. La completa fiducia del leader comunista nella possibilità di un'alleanza con De Gasperi fu l'origine di molte delle titubanze del PCI nel 1948.
A dispetto di tanti entusiasmi e di tante facili illusioni, la battaglia elettorale del Fronte si rivelò fallimentare. Gravissimo errore di fondo fu quello di proporre uno "scontro di civiltà", nel quale le stesse Sinistre avevano tutto da perdere: invece di incalzare il governo sulle conseguenze delle scelte economiche e sulle drammatiche condizioni di vita di milioni di italiani, i dirigenti del Fronte si lasciarono trascinare in una polemica quotidiana sui grandi temi della politica estera e sul confronto tra USA e URSS, un confronto che non poteva che risultare perdente. Il fascino dell'Unione Sovietica, per quanto forte, era di gran lunga inferiore all'attrattiva degli Stati Uniti; nell'immaginario collettivo e nella memoria storica degli Italiani, gli States erano la terra della facile ricchezza, delle rimesse e delle fortune degli emigranti, delle star di Hollywood, della promessa di nuovi livelli di benessere, per quanto ancora solo sognati. Per la maggioranza della popolazione, l'idea di legarsi ancora di più alla terra promessa d'oltreoceano appariva irrinunciabile, inevitabile. In più, i tragici fatti di Praga (Febbraio 1948) ebbero un enorme impatto politico ed emotivo sull'opinione pubblica italiana; impatto che fu stupidamente sottovalutato dal Fronte. Il colpo di mano dei comunisti di Klement Gottwald e l'inizio della sovietizzazione della Cecoslovacchia alimentarono dubbi e sospetti circa le reali convinzioni democratiche di Togliatti e soci.
I vertici del Fronte non tennero neppure conto delle conseguenze delle notizie, provenienti sempre dall'Est, riguardo alle persecuzioni antireligiose e alle misure quotidiane prese contro la Chiesa cattolica. Di fronte a esse, l'opinione pubblica cattolica si irrigidì ulteriormente e lo stesso Pio XII sembrava convinto della possibilità reale di una persecuzione che avrebbe colpito anche la sua persona. In una situazione del genere non potevano certo bastare le adesioni date al Fronte da un folto gruppo di intellettuali e di personalità di grande prestigio, da Corrado Alvaro a Salvatore Quasimodo, da Renato Guttuso a Giorgio Bassani, Guido Calogero e moltissimi altri di pari valore. Per di più i dirigenti del Fronte si cullarono fino all'ultimo nella certezza della vittoria, mostrando così di non sapere assolutamente cogliere gli orientamenti più profondi dell'elettorato. Fu solo in extremis che si tentò di riequilibrare la propria campagna propagandistica, ma senza convinzione né coerenza. Di ben altra efficacia, invece, si dimostrò la mobilitazione dei sostenitori della DC, attorno alla quale finirono per concentrarsi tutte le energie della Chiesa cattolica, del governo e degli Stati Uniti, costituendo un blocco decisamente imbattibile.
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