La storia umana, fin dai suoi esordi, è stata caratterizzata da una propensione alla sopraffazione del vicino per ottenere vantaggi egoistici. In poche parole, ci si è dedicati spesso e volentieri alla guerra. E nel tentativo di raggiungere lo scopo primario di ogni conflitto, la vittoria, l'uomo si è impegnato a creare nuove armi che gli concedessero il vantaggio necessario nella sua lotta contro il Nemico, chiunque egli fosse.
Nei conflitti moderni, grandi mostri di metallo, dotati di immensa potenza di fuoco, dominano gli scenari di guerra terrestre e uomini coraggiosi e potentemente armati possono invadere le terre del nemico giungendo da un cielo in cui sfrecciano macchine volanti capaci di velocità estreme o di decollare verticalmente. Carri armati, paracadutisti e gli elicotteri caratterizzano la guerra moderna e la denotano come essenzialmente tecnologica.
Molti, tuttavia, ignorano che queste armi e questi avanzamenti nella tecnologia bellica apparvero per la prima volta in forma compiuta sui progetti partoriti dalla mente di un grande uomo rinascimentale, Leonardo da Vinci, forse la mente più brillante ed eclettica di ogni tempo.
Nato nel 1452 a Anchiano, una località presso Vinci, in Toscana, Leonardo di ser Piero da Vinci, nome completo secondo l'uso dell'epoca, era figlio illegittimo di un avvocato, Piero, e probabilmente di una contadina, Caterina.
Da subito rivelatosi estremamente dotato per intelligenza e propensione alle belle arti, cresciuto in una città nicchia di cultura come Firenze, Leonardo ebbe modo di "andare a bottega", cioè essere inserito come apprendista e studente presso il laboratorio del pittore più famoso del momento, Andrea del Verrocchio.
Nonostante il giovane Leonardo si fosse distinto per le proprie capacità pittoriche in un'Italia e in un periodo che amava quell'espressione delle capacità umane come mai in passato, egli viveva anche in un paese con una condizione politica molto particolare. Suddivisa in molte signorie, ducati, marchesati e principati di varia grandezza e importanza, generalmente su base regionale se non provinciale, nonché concupita da grandi potenze europee come la Francia, l'Italia rinascimentale era l'incubatrice ideale per il susseguirsi praticamente ininterrotto di guerre e guerricciole tra i vari signori, sostenuti nelle loro mire da molte decine di Capitani di ventura, comandanti di truppe mercenarie utilizzate spesso da queste micronazioni territorialmente limitate e incapaci di sostenere un esercito nazionale con proprie risorse umane.
Appare quindi naturale che l'intelligenza eclettica di Leonardo, avvicinatosi all'arte, all'anatomia e all'ingegneria civile, finisse a interessarsi anche di ingegneria militare. Non poteva avere occasioni migliori per farlo del periodo passato a Milano (1482-1499) al servizio dell'ambizioso Duca Ludovico Sforza e quello successivo come architetto e ingegnere militare al seguito del Duca di Valentino, Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI.
Fu proprio allora che sviluppò in ambito teorico, un numero incredibile di armamenti di tale innovativa concezione da poter essere considerati agli occhi di uomini moderni, come un'anticipazione del tremendo e sanguinoso futuro che avrebbe caratterizzato il XIX e XX secolo. Di seguito ne verranno descritti alcuni suddivisi per categorie:
- Armi rinascimentali tradizionali
- Artiglieria e moschetteria pesante
- Macchine d'assedio e costruzioni di difesa
- Armi e macchine di concezione rivoluzionaria per l'epoca
Armi rinascimentali tradizionali
Balestra gigante
La balestra fu una delle armi più rivoluzionarie del Medio Evo. Capace di lanciare dardi a grandi distanze e con potenze maggiori, oltre che con elevata precisione, rispetto agli archi tradizionali, la balestra divenne presto una diffusissima arma d'offesa a distanza.
Leonardo applicò i principi tradizionali di carica della balestra a un'arma dalle dimensioni abnormi, circa tredici metri in lunghezza nel progetto che è giunto fino a noi, che invece che lanciare dardi, avrebbe potuto spedire a lunghe distanze palle di pietra o metallo di peso considerevole, rendendola di fatto più simile a un'enorme cannone da campagna o da assedio.
Il meccanismo di tiraggio dell'immenso arco era progettato per avere due viti di avvolgimento che consentivano la netta riduzione della forza necessaria al tiraggio della corda di trazione per il lancio dei proiettili.
Carro falcato
Il carro da battaglia fu per lungo tempo il terrore della semplice fanteria appiedata sui campi di battaglia. Dal panico che suscitavano i carri assiri che seminavano morte senza discriminazioni in Mesopotamia, passando per i leggendari mezzi minoici ed egizi raccontati in poemi eroici e religiosi, per finire con i carri leggeri romani comuni tra l'aristocrazia come mezzo di locomozione e mantenimento dell'ordine nelle proprie terre, i carri trasportanti truppe da lancio o muniti di armi aggiuntive per gettare il disordine e la paura nelle file avversarie hanno caratterizzato diversi secoli di storia bellica.
Da parte sua, Leonardo applicò le proprie capacità meccaniche alla realizzazione di un carro falcato dotato di un sistema di lame non solo collegato alle ruote, tipico di altri design tradizionali, ma anche di lame in rotazione orizzontale frontalmente al traino di cavalli, così da aprirsi letteralmente la strada tra i nemici, essendo questa macchina studiata in particolare per il taglio degli arti degli avversari, in modo da invalidarli se non ucciderli.
Catapulta
In un mondo in cui le città avevano eretto possenti mura di difesa per respingere gli assalti di innumerevoli eserciti e bande di mercenari o irregolari, la catapulta risultava l'arma da assedio più comune.
Risalenti a molti secoli prima come idea, tuttavia le catapulte di Leonardo si caratterizzarono per il perfezionamento dei meccanismi di lancio. Nella sua concezione più avanzata, in esse inserì un doppio sistema di tensione azionato a manovella che poteva lanciare pietre e proiettili esplosivi a grandi distanze, risultando così fuori dalla portata delle armi dei difensori cittadini.
Springalda
La springalda era un'arma adibita al lancio di pietre o proiettili, somigliante nel funzionamento alle balestre, ma col sistema di bracci mobili o archi posizionati all'interno nella struttura della macchina. Leonardo ne disegnò parecchie in contemporanea allo studio di armi di artiglieria a polvere da sparo, in un periodo in cui le soluzioni tradizionali convissero con quelle più innovative basate sulla combustione.
Non sono stati rinvenuti resti di esemplari effettivamente costruiti sulla base di disegni di Leonardo, ma la propensione al riciclo dei materiali poveri (principalmente legno) e ricchi (metalli) nelle armi da guerra rinascimentali, rende difficile stabilire se tali strumenti siano stati veramente impiegati in combattimento.
Artiglieria e moschetteria pesante
Mitragliatrice (Ribauldequin)
Il Rinascimento fu il periodo storico in cui l'armamento leggero basato sulla polvere da sparo prese lentamente, ma inesorabilmente, il sopravvento sull'arma bianca come strumento da combattimento preferito dalla fanteria. Reparti di uomini a piedi ben disciplinati e armati con moschetteria potevano tenere testa ad avversari numericamente superiori o addirittura alla cavalleria pesante, le cui corazze era finalmente vulnerabili anche a distanza.
La necessità di produrre sempre maggiore volume di fuoco per contrastare la fanteria nemica portò alla progettazione in questo periodo di macchine belliche multicanna originali. La "mitragliatrice" di Leonardo (nota anche come Ribauldequin) prevedeva diverse varianti, con 10 o 12 cannoncini di piccolo calibro, e anziché alzare il rateo di fuoco, caratteristica principale delle mitragliatrici moderne, produceva un vero e proprio fuoco di sbarramento contro la fanteria nemica, generalmente disposta in linea per l'attacco con lancia o per il puntamento con le armi da fuoco leggere.
Nel modello leonardiano a ventaglio, la mitragliatrice aveva 12 canne con una caratteristica disposizione aperta che le attribuiva la denominazione e una manovella per cambiare l'alzo dell'arma, aumentandone o diminuendone la gittata.
Bombe a grappolo
Terrore di qualunque fanteria che ha calcato un campo di battaglia dopo l'invenzione del cannone, specialmente nel periodo napoleonico, la "mitraglia", cioè l'utilizzo di proiettili e frammenti di piccolo calibro in gran numero, sparati da bocche da fuoco di grande calibro per aumentare l'efficacia contro la fanteria, fu particolarmente studiata da Leonardo.
Finì col realizzare delle vere e proprie bombe "a grappolo" costituite da palle di cannone con un corpo principale di grandezza adeguata al calibro dell'arma, le quali una volta sparate e giunte a contatto col terreno, esplodevano rilasciando nell'area circostante microproiettili letali.
Cannone di sbarramento
La naturale evoluzione della Ribauldequin fu il cannone di sbarramento o, per essere più precisi, la batteria di sbarramento, composta da più pezzi d'artiglieria di medio-grosso calibro.
Leonardo ce ne ha lasciato un progetto nel Codice Atlantico, modello a forma conica con ben 16 cannoni su postazione circolare che probabilmente doveva essere piazzata su alture o torri con funzioni di difesa del territorio circostante. Secondo altre interpretazioni, questo cannone di sbarramento avrebbe potuto essere anche impiegato in acqua come primo esempio di imbarcazione corazzata - piuttosto originale è il caso di dirlo - e armata con cannoni.
Cannone smontabile
Leonardo, gran conoscitore dell'"arte" della costruzione di cannoni e armi pesanti, ebbe subito presente le enormi difficoltà che l'utilizzo di questi marchingegni rivoluzionari presentava in vere situazioni belliche.
Infatti, l'enorme peso dell'arma, unito alle condizioni di viabilità rinascimentali, rendevano il trasporto dell'artiglieria da parte della truppa particolarmente gravoso, limitandone l'efficacia, in quanto a volte non era nemmeno possibile averla sul campo di battaglia in tempo per lo scontro.
Per ovviare a tale problema, progettò un cannone che non solo fosse dotato di adeguate ruote per il trasporto, ma in cui si potesse separare la canna dall'affusto in maniera semplice per poi trasportarli separatamente e rimontarli perfettamente funzionanti dove fossero serviti.
Sempre in ambito di artiglieria, Leonardo progettò anche armi ad alzo variabile, per aumentare o diminuire la gittata, assolutamente rivoluzionarie per l'epoca.
Macchine d'assedio e costruzioni di difesa
Macchina d'assedio "Da Vinci"
Nell'ambito della poliorcetica, cioè la scienza (o arte) di assediare ed espugnare le città fortificate, oltre alle armi "da breccia", necessarie per aprirsi un varco nelle possenti mura cittadine di difesa, vi era un numero adeguato di macchine d'assedio, ideate per consentire l'avvicinamento e l'assalto ai bastioni superiori nemici e la successiva penetrazione in città.
Il più semplice e comune di questi strumenti è sicuramente la scala che veniva trasportata a spalla dagli assalitori e appoggiata alle mura per la scalata successiva. Per quanto semplice in concezione e costruzione, la scala aveva lati negativi che i fanti medievali e rinascimentali conoscevano molto bene: doveva essere costruita dell'altezza giusta rispetto alle mura da assalire - sarebbe stato particolarmente imbarazzante, oltre che pericoloso, ritrovarsi con una scala troppo corta e il nemico armato a pochi metri sopra la propria testa - e doveva essere trasportata e posizionata allo scoperto, sotto tiro degli arcieri, della moschetteria e dell'artiglieria nemica.
Leonardo produsse un modello che, oltre a risolvere i problemi appena indicati, era in grado di essere utilizzato anche contro città o castelli dotati di fossato perimetrale. Il corpo della macchina d'assedio "Da Vinci" era costituito da una torre mobile centrale, protetta su tre lati e da una scala, regolabile in altezza tramite pezzi mobili, sul quarto lato. Un lungo ponte coperto "d'abbordaggio" delle mure completava la struttura, rendendola particolarmente efficace nella salvaguardia delle truppe impegnate nell'attacco.
Fortezza
L'ingegneria militare di difesa subì una costante evoluzione nei mille anni precedenti la nascita di Leonardo, passando dai semplici castra stativa romani alle potenti fortezze crociate di Palestina, fino a giungere agli enormi appartati di difesa cittadini del tardo Medio Evo e del Rinascimento. Tuttavia, con l'avvento del cannone e della sua forza distruttiva, parve essere giunto il definitivo tramonto della difesa statica offerta dalle mura.
Per ovviare alla presenza di questa terribile minaccia, la mente di Leonardo produsse il progetto di una fortezza studiata appositamente per ridurre al minimo gli effetti distruttivi delle armi da fuoco. Dotata di una doppia schiera di mura inclinate per ridurre l'impatto dei colpi, stesso espediente adottato dalle corazze dei moderni carri armati, aveva anche torri di guardia a base circolare e bastioni di difesa arrotondati alle sommità, così da proteggere le truppe a difesa dai colpi diretti dell'artiglieria e moschetteria avversarie.
Muro difensivo
Come già indicato, il metodo di assalto alle mura nemiche più semplice e preferito dagli eserciti tardo-medievali e rinascimentali consisteva nell'utilizzo di scale. Se tale attacco poteva risultare pericoloso per chi lo doveva porre in essere, lo era altrettanto per chi era impegnato a respingerlo. Infatti, si doveva non solo abbattere la scala, ma anche gli uomini armati che stavano salendo. Inoltre, essendo tali assalti lanciati su lunghi tratti del perimetro delle mura di difesa, era sufficiente che una sola scala rimanesse in piedi per far arrivare il nemico sui bastioni di difesa e minare l'intero sistema difensivo.
Per evitare ciò, Leonardo progettò un muro difensivo dotato di un sistema di difesa antiscala globale composto da due parti: una esterna di elementi orizzontali che spingevano contemporaneamente verso il vuoto qualunque scala fosse stata appoggiata alle mura e una interna caratterizzata da un sistema di leve che consentiva ai soldati in difesa di muovere l'intera struttura esterna senza dover applicare forze sproporzionate al proprio numero.
Armi e macchine di concezione rivoluzionaria per l'epoca
Cavaliere meccanico
Il termine robot deriva dalla parola ceca robota che nel suo significato più antico era utilizzata per descrivere il lavoro pesante che i mezzadri medievali erano obbligati a offrire gratuitamente al padrone delle terre in cambio del permesso di poterle coltivare anche per sé e per la propria famiglia.
In ambito moderno, ci si serve del termine robot per indicare un automa meccanico antropomorfico o di altra forma che compia azioni di diverso tipo senza l'intervento dell'uomo durante la sua attività.
La prima citazione di un robot leonardiano, il cui progetto sarebbe stato disegnato dall'autore nel 1495, avvenne nel Codex Madrid edito da Ladislao Reti nel XX secolo. Per poter vedere copie reali di quanto concepito da Leonardo si dovette però attendere il 2002 e il 2007, quando Mark Rosheim e Mario Taddei, in due progetti distinti, produssero due ricostruzioni del suo "cavaliere meccanico".
Esso era esternamente identico a una qualsiasi armatura a tutto corpo tipica della cavalleria rinascimentale, con la non irrilevante differenza di essere dotata di un meccanismo interno di ingranaggi e tiranti che ne permetteva il movimento autonomo, anche se piuttosto limitato. Le braccia, per esempio, potevano essere spostate solo a destra e a sinistra, fatto che probabilmente spiega la ragione per cui il cavaliere meccanico venne sempre considerato come arma difensiva, piuttosto statica.
Carro armato
Forse tra le più famose "armi del futuro" pensate e progettate da Leonardo Da Vinci, il suo carro armato avrebbe dovuto essere, come poi effettivamente fu sui campi di battaglia moderni, un mezzo dominante nei confronti della fanteria e delle linee di difesa nemiche.
Di forma circolare, dotato di cannoni di piccolo calibro o altre armi leggere lungo tutta la propria circonferenza, poteva avere una propulsione a traino animale o a meccanismo interno a forza umana, quest'ultimo di particolare interesse perché, in ricostruzioni moderne, si è dimostrato sufficiente per spostare mezzi di rilevanti dimensioni anche in mancanza di motori a scoppio o a vapore che in precedenza era considerati come assolutamente necessari dagli studiosi.
Il carro armato, nell'impiego tattico pensato da Leonardo, avrebbe dovuto avanzare contro le linee nemiche con la fanteria amica di supporto, in pratica un utilizzo molto simile a quello poi avuto da queste macchine durante la Prima Guerra Mondiale.
Nonostante l'evidente innovatività del mezzo pensato da Leonardo, esso aveva difetti di progettazione che ne avrebbero reso l'uso tattico sul campo di battaglia piuttosto problematico. Il primo e più importante tra questi difetti è sicuramente la manovrabilità. Infatti, sebbene le ricostruzioni moderne abbiano confermato la motilità di questo carro armato anche solo con meccanismi interni alimentati a forza di braccia, è ragionevole pensare che i loro movimenti su terreno accidentato sarebbero stati goffi se non addirittura impossibili.
Elicottero
Il desiderio di creare una macchina più pesante dell'aria capace di volare accompagnò Leonardo per buona parte della sua vita. Il primo schizzo di qualcosa che si avvicinasse al moderno elicottero risale al 1493, ma ci rimase sconosciuto fino al XIX secolo, quando venne ritrovato.
La forma della macchina avrebbe dovuta essere elicoidale, con l'"elica" realizzata in lino inamidato e messa in torsione da un meccanismo a vite che una volta rilasciato avrebbe dovuto permettere all'apparecchio di innalzarsi nell'aria con un volo a spirale.
Per quanto si sappia, questo progetto non fu mai messo in pratica da Leonardo che ebbe, comunque, ben chiari i vantaggi sul campo di battaglia del dominio dell'aria da parte di una delle due fazioni.
Paracadute
Al foglio 1058 del suo Codice Atlantico (presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano), Leonardo ci ha lasciato l'idea per un primo rudimentale paracadute. Esso, a differenza dei più moderni disegni del XX secolo, non era né a forma di cupola né rettangolare, ma piramidale. Questa piramide costituita da quattro triangoli equilateri di almeno dodici braccia di lato, circa sette metri nella conversione metrica attuale, era in lino e non possedeva nessuna apertura in sommità. Ciò, unito alla mancanza di tiranti direzionali degni di tale nome, rendeva questo paracadute particolarmente ingovernabile.
Perciò le parole dello stesso Leonardo, annotate sul codice, "se un uomo ha un padiglione di panno lino intasato, che sia di dodici braccia per faccia e alto dodici, potrà gittarsi d'ogni grande altezza senza danno di se" vanno prese cum grano salis. La ricostruzione del progetto è ora visionabile presso il Museo Nazionale della Tecnica e della Scienza di Milano.
Campana subacquea
In ambito bellico, l'acqua fu per lungo tempo il miglior mezzo di difesa contro gli eserciti nemici. Mari, fiumi o semplici fossati avevano un coefficiente difensivo molto alto, perché rallentavano notevolmente l'avanzata del nemico e nel caso di assalti alle mura consentiva alle truppe di difesa di respingere facilmente gli avversari, anche con l'utilizzo di armi, per così dire, speciali, come il famoso fuoco greco dei Bizantini, la miscela incendiaria capace di bruciare anche sull'acqua, segreto gelosamente custodito per secoli che rese la città di Costantinopoli praticamente inespugnabile giungendo dal mare.
Davanti a un tale problema, non c'è da stupirsi che Leonardo seppe produrre un'intera gamma di soluzioni differenti per risolverlo e permettere a uno o più uomini di attraversare gli ostacoli liquidi rimanendo al di sotto della superficie dell'acqua. Sempre nel Codice Atlantico troviamo infatti un primo abbozzo di campana subacquea, l'antesignano degli attuali sommergibili, in cui una struttura chiusa alla sommità permetteva di conservare all'interno una bolla d'aria per la sopravvivenza del suo "equipaggio" sott'acqua. Leonardo descrisse attentamente anche diverse altre soluzioni più leggere, avvicinabili alle attrezzature per palombari, con particolare attenzione per la struttura di tubi e pompe che dovevano fornire l'aria agli uomini impegnati in azioni sottomarine.
Fonti e letture consigliate
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