Mago, chiaroveggente e addirittura scienziato, Merlino è una delle figure più affascinanti del ciclo di leggende arturiane, a partire dalla sua misteriosa comparsa in Britannia fino alla altrettanto controversa dipartita dalle terre di re Artù.
Mago Merlino nella tradizionale rappresentazione di vecchio saggio, realizzata da Howard Pyle.
Secondo quanto ci raccontano le leggende del ciclo arturiano, Merlino conosceva il passato, il presente e il futuro, ed era capace di assumere la forma di qualsiasi animale e persino quella di un menhir, una grande pietra eretta verticalmente. Prima che la storia cominciasse, egli governava la Britannia, a quei tempi un'isola dai pascoli fioriti. I suoi sudditi erano le "piccole persone" (le fate) e le loro vite erano una continua festa caratterizzata da canti, giochi e divertimento. Il saggio li governava come un padre e il suo famiglio era un lupo addomesticato. (N.d.T. Nella tradizione medievale i famigli erano persone che, pur non appartenendo direttamente alla cerchia parentale di un nobile, potevano vivere a corte in quanto adottati, protetti o considerati come membri di famiglia per fedeltà o valore guerriero).
Egli possedeva anche un regno al di sotto del mare, dove tutto era bello, i cui abitanti erano piccoli esseri felici, con lunghi e bei capelli che cadevano sulle loro spalle in riccioli. Frutti e latte erano cibo comune per tutti, essendo pesce e carne aborriti. L'unica necessità davvero sentita era la piena luce del sole che, arrivando a loro attraverso l'acqua, era tenue e non proiettava alcuna ombra.
Qui sorgeva la famosa fucina in cui Merlino forgiò Excalibur, la spada incantata tanto celebrata dai bardi, ed era anche il luogo dove si potevano trovare le uniche pietre capaci di affilare l'arma. Tre eroi britannici furono destinati a cingersi di questa spada, a turno: Lemenisk il Saltatore (Leim, significa appunto saltare in lingua gaelica), Uther Pendragon e suo figlio re Artù. Per ordine di quest'ultimo eroe, quando fu colpito mortalmente, la spada fu gettata in mare, dove rimarrà fino a quando egli tornerà per restituire il governo del suo paese al fedele popolo.
Si racconta che una volta il mago divertì e confuse la corte di re Artù presentandosi come un ragazzo cieco guidato da un levriero, suonando la sua arpa e pretendendo come ricompensa di portare lo stendardo del Re in un'imminente battaglia. Essendogli rifiutato questo premio a causa della sua cecità, il ragazzo scomparve e il Re di Britannia espresse i suoi sospetti che fosse uno dei trucchi elfici di Merlino. Artù ne fu disturbato perché aveva promesso di dare al ragazzo qualsiasi cosa, eccetto il suo onore, il suo regno, sua moglie e la sua spada.
Comunque, mentre il Re proseguiva nelle sue recriminazioni, arrivò a corte un povero bambino di circa otto anni, con la testa rasata, lineamenti lividi, occhi spenti, gambe nude e piedi scalzi, e una frusta annodata sulle spalle alla maniera degli stallieri. Parlando come un idiota, domandò il permesso del Re di portare l'insegna reale nell'imminente battaglia contro il gigante Rion. I cortigiani risero, ma Artù, sospettando un nuovo scherzo da parte di Merlino, acconsentì alla richiesta e allora il mago, scoperto, si presentò con le proprie sembianze dinanzi alla compagnia.
Sembra anche che il mago abbia insegnato molte cose riguardanti la vera scienza al popolo, specialmente alle donne che in quei giorni erano più studiose degli uomini o, piuttosto, avevano meno svaghi. Per esempio, la leggenda ci dice che la "fata" Morgana, sorella di re Artù, "fosse una nobile sacerdotessa (nel senso che sapesse leggere e scrivere come un chierico) e conoscesse molto di astronomia, in quanto gliel'aveva insegnata Merlino, e avesse imparato anche molto di magia e negromanzia. Inoltre, era una così brava ricamatrice che ogni uomo in ogni terra lo sapeva e aveva un bel viso e belle mani, con spalle ben formate, qualità che si aggiungevano a una disinvolta eloquenza quando era nel giusto. Quando era in torto, era meglio non incontrare la sua malvagità".
Vivian e un giovane Merlino nella rappresentazione datane da Edward Burne-Jones.
Questa dama era una delle allieve di Merlino, ma colei che più amava e aveva istruito era Nimiane, conosciuta anche come Vivian, che pare trattasse come un'amata sorella minore. Egli le insegnò così tanto che "infine al confronto avrebbe potuto considerarsi uno sciocco", dice la leggenda, "e ogni qualvolta gli chiedeva della sua astuzia e dei suoi misteri, egli le faceva sapere tutto e lei scriveva ogni parola detta, essendo ben istruita nelle cose di chiesa (N.d.T. Come già detto, "leggere e scrivere"). Così imparò facilmente tutto quanto Merlino aveva da insegnarle e quando si separarono, ciascuno di loro raccomandò teneramente l'altro a Dio".
Alla fine, il corpo di Merlino scomparve alla vista in mezzo al mare da cui giunse, poiché le leggende non narrano mai della sua morte.
Il poeta Tennyson, per certo, descrive Nimiane o Vivian, la Signora del Lago, come un'incantatrice malvagia che persuase Merlino a rivelarle i suoi segreti per poi rinchiuderlo in una quercia per sempre. Ma altre leggende sembrano dimostrare che Tennyson fece una grande ingiustizia nei confronti della Signora del Lago, in quanto ella amò veramente Merlino anche nella sua vecchiaia e perciò lo persuase a mostrarle come creare una torre senza mura, così da poter dimorare laggiù chiamandosi l'un l'altra Fratello e Sorella. Quando il mago glielo ebbe spiegato, cadde addormentato col capo adagiato sul suo grembo dandole il tempo di pronunciare a mente un incantesimo, per nove volte, cosicché la torre divenne la più possente del mondo. Alcune delle molte leggende esistenti collocano la torre nella foresta di Broceliande, mentre altre la trasportano lontano, su un'isola incantata, dove Merlino dimorò con nove bardi e dove solo Vivian poteva giungere e attraversare le magiche mura. Alcune leggende descrivono il rifugio come fatto "né di ferro né d'acciaio né di legno o pietra, ma d'aria, senza nient'altro a proteggerlo se non l'incantesimo, tanto potente da non poter essere infranto finché durerà il mondo". Qui visse, come detto, Merlino insieme ai nove bardi favoriti che portarono con loro i tredici tesori d'Inghilterra. Questi tesori si racconta siano:
- una spada che, se estratta da chiunque a parte il proprietario, sarebbe andata a fuoco dall'elsa alla punta. Chiunque la chiedesse poteva riceverla, ma a causa di questa peculiarità tutti la rifiutavano;
- un cesto in cui se si riponeva cibo per una persona, la volta successiva che veniva aperto ne conteneva per cento;
- un corno, capace di contenere qualsiasi liquore si desiderasse;
- un carro che avrebbe trasportato ovunque volessero coloro che vi si sedevano;
- una cavezza, appesa ai piedi di un letto, in cui si poteva trovare qualunque cavallo si desiderasse;
- un coltello che poteva servire carne a ventiquattro uomini alla volta;
- un calderone che, se un vigliacco vi avesse messo carne a bollire, non avrebbe mai bollito; se ve l'avesse messa un uomo coraggioso, avrebbe bollito immediatamente;
- una cote che avrebbe subito affilato la spada di un uomo coraggioso e chiunque fosse stato ferito da tale arma sarebbe stato sicuro di morire, ma se la spada fosse stata di un codardo, invece di affilarla, l'avrebbe peggiorata;
- una veste che se indossata da un uomo di nobile origine gli sarebbe calzata alla perfezione, ma se fosse stato un villano, non sarebbe stata della giusta misura;
- una tazza e un piatto in cui sarebbe apparso qualsiasi cibo si fosse richiesto (N.d.T. curiosa la similitudine con storie della tradizione indiana);
- una scacchiera i cui pezzi giocavano da soli. La scacchiera era d'oro, i pezzi d'argento;
- il mantello di Artù dietro il quale chiunque poteva vedere tutto senza essere visto.
È in direzione di questa torre, dicono sempre le leggende, che Merlino fu visto per l'ultima volta da alcuni monaci irlandesi, mentre veleggiava verso occidente su una barca di cristallo, accompagnato da una vergine, sotto il cielo al tramonto.
(Testo originale in lingua inglese tratto dall'opera in pubblico dominio Tales of the Enchanted Islands of the Atlantic di Thomas Wentworth Higginson. Traduzione italiana di Gianluca Turconi, © 2015, tutti i diritti riservati.)
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