La battaglia di Waterloo, seconda parte: l'inutile azione contro i Prussiani da parte del Maresciallo Grouchy, la genesi dello scontro finale e le prime fasi dello scontro.
- il ritorno dall'esilio sull'Elba, l'organizzazione della campagna finale, le battaglie di preparazione a Quatre Bras e Ligny;
- l'inutile azione contro i Prussiani da parte del Maresciallo Grouchy, la genesi dello scontro finale e le prime fasi della battaglia di Waterloo (questa pagina);
- l'evolversi dello scontro e la definitiva sconfitta col ripiegamento della leggendaria Vecchia Guardia Imperiale francese.
Gli ultimi aggiustamenti preliminari
Wellington era ora lontano circa dodici miglia, su una linea che correva da ovest a est, da Wavre, dove l'esercito prussiano si era completamente radunato e riorganizzato e dove si era rafforzato con il sopraggiungere delle truppe di Bülow che non avevano preso parte alla battaglia di Ligny. Blücher mandò comunicazione da Wavre al Duca che si sarebbe mosso in aiuto degli Inglesi a Mont St. Jean, nella mattinata, non con un corpo, ma col suo intero esercito. Il fiero vecchio soldato postillò solamente che gli eserciti combinati, se non attaccati da Napoleone il 18, avrebbero dovuto attaccare loro stessi il 19. Tanto lontani erano Blücher e il suo esercito dallo stato di annientamento descritto dal vanaglorioso bollettino col quale Napoleone informò i Parigini della sua vittoria a Ligny.
In verità, l'imperatore francese sembra essere stato lui stesso mal informato sulla portata delle perdite inflitte ai Prussiani. Avesse saputo in quale buono stato e con quale persistente spirito si stessero ritirando, non avrebbe tardato nell'inviare una grande forza per pressarli nella loro ritirata fino al mezzogiorno del 17. Così, invece, avvenne. Fu all'incirca in quel momento che egli diede al Maresciallo Grouchy il compito di inseguire i Prussiani sconfitti e impedire loro di unirsi a Wellington. Egli impiegò a questo scopo 32.000 uomini e 96 cannoni sotto il suo comando. Violente lamentele e recriminazioni sorsero dopo d'allora tra l'imperatore e il maresciallo in merito al modo in cui Grouchy tentò di adempiere questo compito e le ragioni per cui egli, il giorno 18, fallì nel fermare il movimento laterale dei Prussiani da Wavre a Waterloo. Qui è sufficiente rimarcare che le forze che Napoleone diede a Grouchy - sebbene fossero il massimo che le forze limitate dell'imperatore consentissero - erano insufficienti per contrapporsi all'intero esercito prussiano, specialmente dopo l'unione di Bülow con Blücher. Adesso abbiamo occasione di considerare quali opportunità furono date a Grouchy durante la giornata del 18 e quanto avrebbe potuto ottenere se egli fosse stato un uomo di vero genio militare.
Ma il fallimento di Grouchy fu in verità principalmente dovuto all'indomito eroismo dello stesso Blücher che, nonostante avesse ricevuto diverse gravi ferite nella battaglia di Ligny, fu più che mai energico e pronto nel riportare i suoi uomini in azione e che ebbe la risoluzione di esporre parte della sua armata, sotto il comando di Thielman, al rischio di essere sopraffatta da Grouchy a Wavre, il 18, mentre affrettava la marcia della massa dei suoi uomini verso Waterloo. "Non è a Wavre, ma a Waterloo," disse il vecchio Feldmaresciallo, "che la campagna sarà decisa" e rischiò il distacco, vincendo di conseguenza la campagna. Wellington e Blücher si fidarono l'un l'altro cordialmente e cooperarono con zelo come in precedenza era avvenuto con Marlborough e Eugene. Fu in piena fiducia della promessa di Blücher di unirsi a lui che il Duca resistette sul terreno e combatté a Waterloo, e coloro che osarono mettere in dubbio la capacità del Duca come generale avrebbero dovuto avere il buon senso di comprendere che accusare il Duca di aver vinto la battaglia di Waterloo grazie all'aiuto dei Prussiani è veramente come dire che egli la vinse con i mezzi sui quali confidava e senza i quali la battaglia non sarebbe stata combattuta.
Napoleone stesso imputò a Wellington di non essersi ritirato oltre, così da completare la congiunzione del suo esercito con quello di Blücher prima di arrischiarsi in un ingaggio generale. [Vedi Memorie di Montholon, vol. IV p. 44] Ma, come abbiamo visto, il Duca giustamente considerò importante proteggere Bruxelles. Aveva ragione ad aspettarsi che il suo esercito potesse singolarmente resistere ai francesi sul campo di Waterloo fino al sopraggiungere dei Prussiani e che, al loro arrivo, ci sarebbero state sufficienti forze riunite sotto il comando di Blücher e suo per sopraffare completamente il nemico. E mentre Napoleone censurava il suo grande avversario, egli involontariamente dava la più alta testimonianza possibile del carattere militare degli Inglesi e provava decisamente quale essenziale importanza avesse la battaglia alla quale aveva sfidato il suo impavido nemico. Napoleone chiese: "Se l'esercito inglese fosse stato sconfitto, di quale utilità sarebbero state le numerose truppe di Prussiani, Austriaci, Tedeschi e Spagnoli che stavano avanzando con marce forzate verso il Reno, le Alpi e i Pirenei?" [Ibid.]
Le forze in campo e la conformazione del terreno
Gli schieramenti francese e britannico a Waterloo. In blu sono indicate le truppe di Napoleone, in rosso quelle del Duca di Wellington.
La forza dell'esercito sotto il comando del Duca di Wellington a Waterloo era di 49.608 fanti, 12.402 cavalieri e 5.645 uomini d'artiglieria con 156 cannoni. [Siborne, vol. I p. 376] Ma del totale di 67.665 uomini, a malapena 24.000 erano Britannici, una circostanza di molta importanza, se si doveva tenere conto della stima di Napoleone sul relativo valore di truppe di differenti nazioni. Con le parole dell'imperatore, parlando di questa campagna: "Un soldato francese non equivarrebbe a più di un soldato inglese, ma non sarebbe spaventato di affrontare due Olandesi, Prussiani o soldati della Confederazione." [Memorie di Montholon, vol. IV p. 41] C'erano 6.000 uomini della vecchia Legione Tedesca con il Duca; essi erano veterani di eccellente qualità. Del resto dell'esercito gli Hannoveriani e gli uomini del Brunswick dimostrarono di meritare fiducia ed elogi. Ma i soldati di Nassau, Olandesi e Belgi erano quasi senza valore e non pochi di loro furono sospettati di avere un forte desiderio di combattere, se proprio dovevano combattere, sotto le insegne francesi piuttosto che contro di loro.
L'esercito di Napoleone a Waterloo consisteva di 48.950 fanti, 15.765 cavalieri e 7.232 artiglieri per un totale di 71.947 uomini e 246 cannoni. [Vedi Siborne, supra] Essi erano il fior fiore delle forze nazionali di Francia e di tutti i numerosi e arditi eserciti che quella terra marziale ha prodotto, non ce ne fu mai uno più coraggioso o meglio disciplinato o meglio condotto di quello che prese posizione a Waterloo la mattina del 18 giugno 1815.
Forse coloro che non hanno visto il campo di battaglia a Waterloo, o l'ammirevole modello del terreno e degli eserciti che vi si scontrarono realizzato dal capitano Siborne, potrebbero farsi un'idea generale abbastanza accurata della località pensando a una valle lunga dalle due alle tre miglia, di larghezza variabile in diversi punti, ma generalmente non superiore al mezzo miglio. Su ciascun lato della valle c'erano tortuose catene di basse colline che correvano in qualche modo parallele una all'altra. La discesa da ciascuna di queste serie di colline nell'intermedia vallata era gentile ma non uniforme, essendo l'ondulazione del terreno frequente e considerevole. L'esercito inglese si posizionò a nord mentre l'armata francese occupò la cresta meridionale. L'artiglieria di entrambe le parti tuonò contro l'altra dalle rispettive alture per tutto il giorno e le cariche a cavallo e a piedi furono condotte attraverso la vallata che è stata descritta. Il villaggio di Mont St. Jean è situato un poco dietro il centro della catena settentrionale di colline e il villaggio di La Belle Alliance è vicino al centro della cresta meridionale. La strada principale da Charleroi a Bruxelles, una via pavimentata rialzata, corre attraverso entrambi i villaggi e perciò divideva in due le posizioni inglesi e francesi. La linea di questa strada era la linea lungo la quale Napoleone intendeva avanzare verso Bruxelles.
Ci sono altri particolari locali connessi con la situazione di ciascun esercito che è necessario tenere a mente. La forza della posizione britannica non consisteva meramente nell'occupazione di una cresta di alture. Un villaggio e una gola, chiamata Merk Braine, sull'estrema destra del Duca di Wellington, proteggeva il suo fianco dall'essere aggirato da quella parte; e sulla sua estrema sinistra, due piccoli paesini chiamati La Haye e Papelotte davano una simile, sebbene minore, protezione. Dietro la posizione britannica vi era la foresta di Soignies. Poiché non fu fatto dai Francesi nessun tentativo di aggiramento dei fianchi inglesi e la battaglia fu un giorno di continua lotta, è di capitale importanza accertare quali posizioni vi fossero davanti alla linea di colline britanniche, di quale vantaggio potessero essere per respingere o facilitare un attacco e si vedrà che ce n'erano due e ciascuna fu di grande importanza durante l'azione.
Davanti alla destra britannica, cioè sul versante settentrionale della valle verso la sua terminazione occidentale, si ergeva una vecchia fattoria fiamminga chiamata Goumont o Hougoumont, con edifici e un giardino e un boschetto di circa due acri d'estensione attorno a essa. Era fortemente presidiata dalle truppe alleate e, mentre ne erano in possesso, sarebbe stato difficile per il nemico pressare l'ala destra britannica. D'altra parte, se il nemico l'avesse preso, sarebbe stato difficile per quell'ala mantenere il terreno sulle alture con una forte posizione tenuta dal nemico immediatamente di fronte; avrebbe dato maggiore riparo ai fucilieri nemici e ottime strutture per l'improvvisa concentrazione delle colonne d'attacco. Quasi immediatamente davanti al centro britannico e non lontano dal versante di Hougoumont, c'era un'altra fattoria, di dimensioni più piccole, chiamata La Haye Sainte - da non confondere con la cittadina di La Haye all'estrema sinistra della linea britannica - che era tenuta dalle truppe britanniche e l'occupazione della quale avrebbe avuto serie conseguenze.
In riferimento alla posizione francese, la caratteristica principale da evidenziare è la presenza del villaggio di Planchenoit che sorgeva poco dietro la loro destra, sul lato orientale, e che si dimostrò di grande importanza nell'aiutarli a controllare l'avanzata dei Prussiani.
Napoleone, nelle sue memorie, e anche altri scrittori francesi hanno veementemente biasimato il Duca per aver dato battaglia in una posizione come quella di Waterloo. Essi obiettano principalmente che il Duca combatté senza avere la possibilità di ritirarsi se l'attacco del nemico fosse riuscito e che l'esercito inglese, una volta messo in rotta, avrebbe perso tutti i suoi cannoni e il suo materiale nella fuga attraverso la foresta di Soignies che sorgeva alle sue spalle. In risposta a queste censure, invece di riferirsi unicamente al risultato della battaglia come prova della correttezza del giudizio del Duca, si deve osservare che molti critici militari di notevole autorevolezza hanno considerato la posizione di Waterloo come ammirevolmente adatta allo scopo del Duca di difendere Bruxelles per mezzo della battaglia e che certamente la decisione del Duca in merito non fu presa alla leggera.
Si deve rimarcare il fatto - menzionato nel discorso di Lord Bathurst durante la votazione di ringraziamento al Duca alla House of Lords [Parliamentary Debates, vol. XXXI p. 875] - che quando il Duca di Wellington passò attraverso il Belgio nella precedente estate del 1814, aveva notato la forza della posizione di Waterloo e ne aveva fatto un verbale a quel tempo, dichiarando a coloro che erano con lui che se per destino ci fosse stata da combattere una battaglia in quella zona per proteggere Bruxelles, egli si sarebbe sforzato di farlo in quella posizione. In riferimento alla foresta di Soignies che i critici francesi - e alcuni inglesi - hanno pensato di ritenere tanto fatale a una forza in ritirata, il Duca al contrario credeva fosse una posizione che si sarebbe rivelata di infinito valore per il suo esercito nell'evenienza che fosse costretto a ritirarsi. La foresta di Soignies non ha una boscaglia fitta di masse d'alberi cresciuti vicini. Consiste di alti faggi e ovunque è attraversabile da uomini e cavalli. L'artiglieria avrebbe potuto ritirarsi lungo la strada che l'attraversa fino a Bruxelles. E nel frattempo qualche reggimento di fanteria risoluta avrebbe potuto mantenere la foresta e tenere sotto controllo gli inseguitori. Uno dei migliori scrittori sulla campagna di Waterloo, il Capitano Pringle [Vedi l'Appendice all'ottavo volume di Vita di Napoleone di Scott] osserva giustamente che "ogni persona, anche la meno esperta nelle faccende belliche, capisce l'estrema difficoltà di respingere la fanteria da un bosco che non può essere aggirato". La difesa del bosco di Bossu vicino a Quatre Bras il 16 giugno ne aveva data una buona prova e il Duca di Wellington, parlando anni dopo degli eventi successivi che sarebbero potuti accadere se fosse stato sconfitto sul campo di Waterloo, indicò la foresta di Soignies come il suo luogo sicuro di riorganizzazione, dicendo: "non ci avrebbero mai battuto, così non avremmo mai dovuto tenere quel bosco contro di loro". Fu sempre fiducioso di poter tenere quella posizione fino al sopraggiungere dei Prussiani dalla cui cooperazione dipendeva totalmente. [Vedi Vita e carattere del Duca di Wellington di Lord Ellesmere, p. 40]
Il movimento dei Prussiani
Come abbiamo menzionato, i Prussiani, nella mattina del 18, erano a Wavre che è a dodici miglia a est del campo di battaglia di Waterloo. La riunione con la divisione di Bülow era stata effettuata a causa della sconfitta di Ligny e dopo aver lasciato Thielman con circa 17.000 uomini per tenere il terreno, come meglio poteva, contro l'attacco che Grouchy era in procinto di fare a Wavre, Bülow e Blücher si mossero col resto dei Prussiani attraverso St. Lambert verso Waterloo. Si calcolò che avrebbero dovuto giungervi verso le tre del pomeriggio, ma la natura estremamente difficile del terreno che dovettero attraversare, reso peggiore da torrenti di pioggia appena caduta, li ritardò notevolmente in quella marcia di dodici miglia.
In verità, un esercito meno animato di aspro odio verso il nemico di quanto lo fossero i Prussiani e sotto un capo meno energico di Blücher avrebbe fallito nell'effettuare il passaggio in quelle paludi in cui era stato trasformato dalle incessanti piogge il terreno attraverso il quale era necessario muoversi non solo con colonne a piedi, ma anche con la cavalleria e l'artiglieria. A un certo punto della marcia, nell'entrare nei sobborghi di St. Lambert, lo spirito dei Prussiani fu sul punto di cedere. Sfiancati dai tentativi di districare e trascinare i pesanti cannoni, gli uomini cominciarono a mormorare. Blücher arrivò sul luogo e sentite le lamentele dei ranghi del tipo "Non ce la facciamo a continuare", il vecchio feldmaresciallo rispose: "Ma dovete continuare. Ho dato la mia parola a Wellington e voi certamente non permetterete che vi venga meno. Sforzatevi per poche ore ancora e saremo sicuri della vittoria". Questo appello dal vecchio "Maresciallo Avanti" come i soldati prussiani amavano chiamare Blücher, ebbe l'effetto voluto. I Prussiani si mossero in avanti, lentamente, in verità, e con sofferenze e duro lavoro, ma pur sempre si mossero in avanti. [Vedi Siborne, vol. II p. 137]
Gli eserciti francese e britannico rimasero in campo aperto durante la notte bagnata e tempestosa del 17 e quando l'alba di quel memorabile 18 giugno giunse, la pioggia scendeva ancora pesantemente su Waterloo. Le nazioni rivali uscirono dai loro tetri bivacchi e iniziarono a prepararsi, ciascuna sul terreno rialzato che occupavano. Verso le nove, il tempo migliorò e ciascun esercito fu capace di vedere la posizione e la sistemazione dell'altro sul lato opposto della valle.
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Gli schieramenti contrapposti
La tremenda confusione nella realtà del combattimento a Waterloo riprodotta nell'opera di Andrieux.
I critici militari inglesi hanno ampiamente elogiato l'ammirevole sistemazione che Napoleone diede alle proprie forze su ciascun ramo dello schieramento, così da dare ampi mezzi di rifornimento, attraverso immediato e sufficiente supporto, a qualsiasi attacco, da qualunque punto lo volesse portare e, attraverso la concentrazione di potenti forze, resistere a qualsiasi attacco che si fosse voluto portargli da qualsiasi parte del campo di battaglia. [Siborne, vol. I p. 376] Quando le sue truppe furono tutte schierate, egli cavalcò tra le linee, ricevendo ovunque saluti entusiastici dai suoi uomini, della cui devozione era ora sicuro. Sul lato settentrionale della valle anche l'esercito del Duca era schierato e pronto ad affrontare il minacciato attacco.
Wellington aveva fatto in modo, la notte precedente, che ciascun corpo e brigata si posizionasse sulla o vicino alla parte di terreno che s'intendeva difendere durante la battaglia. Aveva dormito poche ore ai suoi quartieri generali nel villaggio di Waterloo e all'alba del 18, quando era ancora notte fonda, scrisse diverse lettere al Governatore di Anversa, al Ministro inglese a Bruxelles e ad altri personaggi ufficiali, nelle quali espresse la sua fiducia che tutto sarebbe andato bene, ma poiché si dovevano prevedere serie perdite, gli fosse accaduto qualsiasi incidente, egli dava una serie di giudiziosi ordini per ciò che si sarebbe dovuto fare nelle retrovie dell'esercito, nell'eventualità che la battaglia fosse volta a sfavore degli Alleati. Prima di lasciare il villaggio di Waterloo, egli vide anche la distribuzione delle riserve di munizioni che vi erano conservate, cosicché le forniture potessero essere prontamente inviate a ogni parte della linea di combattimento, ovunque fossero state richieste. Il Duca ispezionò personalmente le strutture che erano state preparate per ricevere i feriti e fornire cure temporanee nelle case situate nelle retrovie dell'esercito. Poi, montata la sua cavalcatura preferita, un cavallo purosangue di colore bruno chiamato "Copenhagen", Wellington si diresse verso le colline dove erano situati i suoi uomini. Accompagnato dal suo staff e dal generale prussiano Muffling, anch'egli cavalcò tra le linee, ispezionando attentamente tutti i dettagli della sua posizione. Hougoumont fu oggetto di speciale attenzione. Egli cavalcò fino all'estremità sudorientale dei suoi confini e dopo aver esaminato le truppe francesi più vicine, fece alcuni cambiamenti nella disposizione dei suoi uomini che dovevano difendere quell'importante posizione.
Dopo aver impartito gli ordini finali a Hougoumont, il Duca galoppò alle alture nel centrodestra della sua posizione e vi rimase a controllare il nemico sulle alture opposte e a conversare col suo staff con quell'allegra serenità che era una sua caratteristica nell'ora della battaglia.
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Due grandi generali si incontrano per la prima volta
I due grandi campioni che si stavano per affrontare avevano gli stessi anni e avevano cominciato la carriera militare alla stessa giovane età. L'importante palcoscenico sul quale si era dimostrato il giovane genio del generale francese, l'eredità dell'intera potenza della Repubblica Francese, il rango a cui per anni era stato elevato come sovrano di un impero che aveva sorpassato quello di Carlo Magno e gli abbaglianti risultati delle sue vittorie, che avevano creato e distrutto re, gli avevano dato una formidabile preminenza agli occhi dell'umanità. I militari parlavano con giusta ed entusiastica ammirazione della brillantezza delle prime campagne italiane, quando egli ruppe la pedanteria delle tattiche tradizionali e con una piccola ma propriamente condotta forza frantumò esercito dopo esercito degli Austriaci, conquistando province e capitali, dettando trattati e annichilendo o creando stati. L'iniquità della sua campagna egiziana fu troppo spesso dimenticata nella contemplazione dell'abilità e dell'audacia con le quali distrusse la cavalleria mamelucca alle Piramidi e la fanteria turca a Aboukir. Nessuno poteva dimenticare il meraviglioso passaggio delle Alpi nel 1800 o la vittoria di Marengo che strappò l'Italia all'Austria e distrusse il frutto di venti vittorie che i nemici di Francia avevano ottenuto su di lei in assenza del suo capo favorito. Persino più grandi sembrarono le glorie delle sue campagne tedesche, i trionfi di Ulm, Austerlitz, Jena, Wagram. I disastri di Napoleone in Russia, nel 1812, furono imputati dai suoi ammiratori agli elementi naturali e persino quegli anni calamitosi furono segnati dalle vittorie a Borodino, Lutzen, Bautzen, Dresda e Hanau. La sua ultima campagna, nei primi mesi del 1814, fu giustamente citata come la più splendida esibizione del suo genio militare quando, con un esercito molto inferiore, a lungo controllò e frequentemente sconfisse nemici superiori che si riversavano sulla Francia. I suoi speravano ingenuamente che la campagna del 1815 si sarebbe aperta con un'altra "settimana dei miracoli" come quella che aveva visto le sue vittorie a Montmirail e Monterau. Persino l'alloro di Ligny era ora fresco sulla sua fronte. Blücher non aveva resistito di fronte a lui e chi era ora l'Avversario che osava sbarrare la strada dell'Imperatore?
Quell'avversario aveva sconfitto i migliori generali ed eserciti dell'Imperatore e, come Napoleone stesso, aveva guadagnato una reputazione in più di una guerra europea. Wellington era noto come il distruttore della potenza Mahrata, come il liberatore di Portogallo e Spagna, e come il vincente invasore della Francia meridionale. Nella prima gioventù aveva avuto alti comandi in India e aveva dimostrato un'eminente abilità nel pianificare e combinare movimenti, e impareggiabile celerità e audacia nell'eseguirli. Al suo ritorno in Europa, molti anni passarono prima che gli fosse accordata l'opportunità per esercitare il suo genio. Rispetto questo importante punto, Wellington, come suddito, e Napoleone, come sovrano, erano posizionati molto differentemente. Alla lunga il suo incarico al comando della Penisola Iberica gli diede i mezzi per mostrare all'Europa che l'Inghilterra aveva un generale che poteva far rivivere i fasti di Crecy, Poictiers, Agincourt, Blenheim e Ramilies. A capo di forze sempre numericamente inferiori agli eserciti con cui Napoleone inondava la Penisola - ostacolato da alleati gelosi e incompetenti, mal supportato dagli amici e assalito da nemici faziosi in patria - Wellington sostenne la guerra per diversi anni, intonsa da seri rovesci e marcata da tredici importanti vittorie a Vimiera, sul Douro, a Talavera, Busaco, Fuentes d'Onore, Salamanca, Vittoria, sui Pirenei, alla Bidassoa, sul Nive, la Nivelle, a Orthes e Tolosa. Junot, Victor, Massena, Ney, Marmont e Jourdain - marescialli i cui nomi erano il terrore dell'Europa continentale - erano rimasti sconcertati dalla sua abilità e colpiti dalla sua energia, mentre liberava i regni della Penisola dalla loro occupazione e dal loro signore imperiale. In vano all'ultimo Napoleone inviò Soult, il più abile dei suoi luogotenenti, per arrestare la marea dei successi di Wellington e difendere la Francia contro l'invasore inglese. Wellington si oppose alle manovre di Soult con abilità superiore e alla sua audacia con vigore superiore. Quando la prima abdicazione di Napoleone, nel 1814, interruppe le ostilità, Wellington era ormai padrone dei più bei distretti della Francia meridionale e ai suoi ordini vi era un esercito di veterani, col quale - per usare una sua frase - "si sentiva che avrebbe potuto andare ovunque o fare qualunque cosa". Le fortune della guerra avevano finora tenute separate le orbite in cui lui e Napoleone si erano mossi. Adesso, in quel memorabile 18 giugno 1815, alla fine si incontravano.
E', in verità, notevole che Napoleone, durante le sue numerose campagne in Spagna come in altri paesi, non solo non avesse incontrato il Duca di Wellington prima del giorno di Waterloo, ma egli non era mai stato impegnato prima di allora contro truppe britanniche, con l'eccezione dell'assedio di Tolone, nel 1793, che era stato il primo avvenimento della sua carriera militare. Molti, comunque, dei generali francesi che erano con lui nel 1815, conoscevano bene, per esperienza, cos'erano i soldati inglesi e quali capi li comandavano. Ney, Foy e altri ufficiali che avevano servito nella Penisola, avvisarono Napoleone che i fanti inglesi erano come "veri diavoli in battaglia". L'Imperatore, tuttavia, persistette nell'impiegare il vecchio sistema d'attacco col quale i generali francesi avevano spesso vinto contro le truppe continentali, ma che aveva sempre fallito contro gli Inglesi nella Penisola. Aderì alla sua usuale tattica di impiegare l'ordine in colonne, probabilmente il suo modo d'attacco favorito (come rimarca Sir Walter Scott) riponendo fiducia nell'estremo valore degli ufficiali francesi che le guidavano. Essa è una formazione minacciosa, ben calcolata per scuotere la fermezza degli avversari tradizionali, ma che, quando affrontata fermamente, come avevano fatto in passato gli Inglesi, con fuoco di sbarramento della moschetteria su una linea estesa, seguita da risolute cariche alla baionetta, era sempre sfociata in disastri per gli assalitori. [Vedi specialmente i dipinti di Sir W. Napier delle battaglie di Busaco e Albuera. I vantaggi teorici dell'attacco in colonna e la sua particolare idoneità per l'esercito francese sono esposti in "Traité de la Colonne" del Cavaliere Folard, prefazione al primo volume del suo "Polybius". Vedi anche la prefazione al suo sesto volume].
La battaglia di Waterloo ha inizio
Fu verso mezzogiorno che l'azione cominciò. Napoleone, nelle sue Memorie, giustifica questo ritardo col miserevole stato del terreno a causa della pesante pioggia della notte e del giorno precedente che aveva reso impossibile manovrarvi per la cavalleria o l'artiglieria fino a quando poche ore di tempo asciutto gli avevano restituito la sua naturale consistenza. Si è anche supposto che confidasse nell'effetto che la vista dell'imponente schieramento delle sue forze avrebbe probabilmente prodotto sull'esercito alleato. I reggimenti belgi ne erano stati impressionati e Napoleone aveva ben fondate speranze di vederli abbandonare il Duca di Wellington e andare a combattere sotto le sue insegne. Il Duca, comunque, che lo sapeva e non si fidava di loro, si protesse da questo rischio dividendo i corpi belgi e distribuendoli in reggimenti separati all'interno delle truppe sulle quali poteva contare [Siborne, vol. I p. 373].
Infine, circa alle undici e mezza, Napoleone cominciò la battaglia dirigendo una potente forza dalla sua ala sinistra sotto il comando di suo fratello, il principe Jerome, ad attaccare Hougoumont. Colonna dopo colonna, i Francesi discesero dal versante occidentale delle alture meridionali e assalirono la posizione con fiero valore, al quale venne opposto un coraggio determinato. I Francesi conquistarono il boschetto attorno alla casa, ma un gruppo di Guardie britanniche la mantenne per l'intera giornata. Vi fu bisogno dell'intera brigata di Byng per difendere questa posizione fortemente contesa. In mezzo a cannonate e pallottole, e ai resti in fiamme di parte degli edifici, questa sfida ostinata continuò, ma gli Inglesi rimasero fermamente in Hougoumont, sebbene i Francesi occasionalmente avanzassero in tale numero da circondarli e dividerli dalla loro ala sinistra, mentre altri li pressavano risalendo il saliente e assalendo la destra britannica.
Il cannoneggiamento che cominciò inizialmente tra la destra britannica e la sinistra francese, presto divenne generale in entrambe le linee e, verso l'una del pomeriggio, Napoleone ordinò un grande attacco sotto il comando del maresciallo Ney contro il centro e l'ala sinistra dell'esercito alleato. A questo scopo, quattro colonne di fanteria, composte da circa ottomila uomini, furono radunate, supportate da una forte divisione di cavalleria agli ordini del celeberrimo Kellerman e settantaquattro cannoni furono portati avanti pronti per essere posizionati sulla cresta di una piccola ondulazione del terreno nell'intervallo tra le due principali catene di alture, cosicché potessero portare il loro fuoco sulla linea del Duca a una distanza di circa settecento yard. Col combinato assalto di queste formidabili forze, condotte da Ney, "il più coraggioso tra i coraggiosi", Napoleone sperava di forzare il centrodestra della posizione britannica, prendere la Haye Sainte e poi spingersi avanti, per occupare anche la fattoria di Mont St. Jean. Avrebbe poi potuto tagliare le vie di ritirata verso Bruxelles al grosso delle truppe di Wellington e dividerlo anche dalla propria sinistra, separandolo completamente da qualsiasi truppa prussiana che si fosse avvicinata.
Le colonne destinate a questa grandiosa e decisiva operazione discesero maestosamente dalla linea francese di colline e guadagnarono l'altura sulla quale le batterie che le supportavano si erano posizionate. Non appena le colonne discesero da lassù, i settantaquattro cannoni aprirono il fuoco sopra le loro teste con terribili effetti sulle truppe degli Alleati che stazionavano sulle alture alla sinistra della strada per Charleroi. Una delle colonne francesi si tenne a est e attaccò l'estrema sinistra degli Alleati; le altre tre continuarono a muoversi rapidamente in avanti verso il centrosinistra della posizione alleata. La linea del fronte degli Alleati era composta dalla brigata olandese e belga di Bylandt. Nel momento in cui le colonne francesi risalirono il versante meridionale dell'altura su cui si trovavano gli Olandesi e i Belgi e gli schermagliatori avanzati aprirono il fuoco, l'intera brigata di Bylandt si voltò e fuggì in un panico disorganizzato. Ma dietro di loro vi erano uomini degni di questo nome.
Nella seconda linea degli Alleati erano posizionate le brigate di fanteria inglese di Pack e Kempt, le quali avevano sofferto severamente a Quatre Bras. Ma Picton era il loro generale di divisione e neppure Ney stesso lo superava in coraggio e fiero spirito. Egli condusse in avanti le sue due brigate, fianco a fianco, in una sottile linea organizzata in due file. Anche così riuniti, non erano più di tremila uomini. Con essi Picton dovette resistere contro le tre vittoriose colonne francesi, tre volte più forti in numero e che, incoraggiate dalla facile rotta degli Olandesi e dei Belgi, avanzarono fiduciose sul versante della collina. La fanteria britannica resistette e quando i Francesi si fermarono e cominciarono a sistemarsi in linea, Picton colse il momento critico. Egli gridò con la sua stentorea voce alla brigata di Kempt: "Un tiro ancora e poi caricate!"
A una distanza di meno di trenta yard, quel tiro fu scaricato sulle prime sezioni della colonna più vicina. E poi, con un fiero hurrah, i Britannici si fiondarono all'assalto con la baionetta. Picton fu colpito mortalmente alla testa quando si affrettò in avanti, ma i suoi uomini proseguirono l'attacco col freddo acciaio. I Francesi vacillarono confusi. Mentre la fanteria di Pack si occupava delle altre due colonne, sopraggiunse un turbine di cavalleria britannica sull'intera massa, respingendole sbalordite dalla cresta della collina e distruggendo interi battaglioni. La brigata di cavalleria pesante di Ponsonby - la Union Brigade com'era chiamata, essendo composta da Royals britannici, Greys scozzesi e Inniskillings irlandesi - fece questo buon lavoro. I cavalleggeri proseguirono tra i resti delle colonne francesi catturando due aquile e duemila prigionieri; si spinsero più avanti e sciabolarono i serventi dei settantaquattro cannoni avanzati di Ney. Poi ritornarono sui propri passi e tagliarono le gole ai cavalli di quell'artiglieria, rendendo i cannoni completamente inutili per i Francesi nel resto del giorno. Mentre si spingevano tanto lontano dalla posizione britannica, disordinati dal successo, essi furono caricati da un grande corpo di lancieri francesi e respinti con gravi perdite, fino a che la cavalleria leggera di Vandeleur non giunse in loro aiuto e respinse a sua volta i lancieri francesi.
Egualmente fallimentare dell'avanzata della fanteria francese in questo grande attacco, era stato lo sforzo della cavalleria francese che si mosse in suo appoggio, lungo la parte orientale della strada per Charleroi. La cavalleria di Somerset della Household Brigade inglese era stata lanciata, sulla destra della divisione di Picton, contro la cavalleria francese, allo stesso tempo in cui la Union Brigade inglese di cavalleria pesante caricò le colonne di fanteria francese sulla sinistra.
La fattoria di Hougoumont, punto chiave della battaglia di Waterloo, come appare oggi.
La brigata di Somerset era formata dalle Life Guards, dai Blues e dalle Dragoon Guards. La cavalleria nemica che Kellerman condusse in avanti, consisteva principalmente di corazzieri. Questa massa vestita d'acciaio di cavalieri francesi caricò alcune compagnie di fanteria tedesca, vicino La Haye Sainte e, ottenuto il successo, balzò in avanti verso la cresta della posizione britannica. La Household Brigade inglese, condotta dal Conte di Uxbridge in persona, fu inviata per affrontarla e in un istante, le due linee avversarie di forti spadaccini, sulle loro possenti cavalcature, cozzarono violentemente tra loro. Ne scaturì una disperata e sanguinaria lotta uomo contro uomo, nella quale la superiorità fisica degli Anglosassoni, guidati da eguale abilità e animati da eguale valore, divenne manifesta. La cavalleria scelta di Francia si ritirò e dopo di loro, all'inseguimento, si gettarono le Guardie inglesi. Si lanciarono in avanti tanto fieramente quanto i loro compagni della Union Brigade e, come loro, la Household Cavalry subì severe perdite prima di riguadagnare la posizione britannica, dopo la sua magnifica carica e l'avventuroso inseguimento.
Il grande sforzo di Napoleone di spezzare il centro sinistra inglese era completamente fallito e la sua ala destra era stata seriamente indebolita dalle pesanti perdite che aveva sostenuto. Hougoumont era ancora assalita e avrebbe ancora resistito con successo. Delle truppe stavano ora apparendo all'orizzonte sulla destra di Napoleone ed egli sapeva che erano Prussiani, sebbene avesse tentato di persuadere i propri soldati che essi fossero gli uomini di Grouchy arrivati in aiuto.
L'errore fatale di Grouchy
Grouchy era invece impegnato a Wavre con le sue intere forze contro il singolo corpo Prussiano di Thielman, mentre gli altri tre corpi dell'esercito prussiano si muovevano senza opposizione, tranne le difficoltà del terreno, verso Waterloo. Grouchy credette, il giorno 17, e portò Napoleone a credere, che l'esercito prussiano si stesse ritirando lungo linee lontane da Waterloo, verso Namur e Maestricht. Napoleone seppe solo il 18 che c'erano dei Prussiani a Wavre e si preoccupò immediatamente della sicurezza della propria ala destra. Di conseguenza, prima di attaccare gli inglesi, inviò a Grouchy ordine di impegnare i Prussiani a Wavre senza alcun ritardo e di avvicinarsi all'esercito principale francese, così da unire le proprie linee di comunicazione con quelle dell'imperatore. Grouchy trascurò totalmente quest'ultima parte delle istruzioni e nell'attaccare i Prussiani che trovò a Wavre, spinse le proprie forze maggiormente verso la propria destra, cioè nella direzione più lontana da Napoleone. Non seppe perciò nulla della marcia di fiancheggiamento di Blücher e Bülow verso Waterloo fino alle sei di sera del 18, quando ricevette una nota che Soult, dietro ordine di Napoleone, aveva mandato dal campo di battaglia di Waterloo all'una, per informare Grouchy che Bülow stava arrivando dalle alture di St. Lambert, sul fianco destro dell'imperatore appunto, e ordinargli di unirsi immediatamente all'esercito principale per distruggere Bülow en flagrant delit. Era ormai troppo tardi per Grouchy per obbedire, ma è da rimarcare come non più tardi di mezzogiorno del 18 e mentre Grouchy non era ancora andato oltre Wavre, lui e il suo seguito sentirono il rumore di un pesante cannoneggiamento in direzione di Planchenoit e Mont St. Jean. Il generale Gerard che era con Grouchy, lo implorò di marciare verso il cannoneggiamento e di unirsi alle operazioni con le truppe di Napoleone che era evidentemente impegnato contro gli Inglesi. Grouchy rifiutò di farlo o di distaccare parte delle sue forze in quella direzione. Disse che le sue istruzioni erano di combattere i Prussiani a Wavre. Perciò marciò verso Wavre e combatté per il resto del giorno contro Thielman, mentre Blücher e Bülow attaccavano l'imperatore.
Ho sentito la critica che Gruchy due volte ebbe nelle sue mani la possibilità di cambiare il destino d'Europa e due volte non ebbe il coraggio di agire: la prima quando non sbarcò l'armata francese a Bantry Bay nel 1796, essendo il secondo in comando dopo Hoche, la cui nave era stata respinta da una tempesta, e la seconda quando non riuscì a condurre le proprie forze da Wavre alla scena del decisivo scontro di Waterloo. Ma la sistemazione del Generale prussiano fu tale che persino se Grouchy avesse marciato su Waterloo, sarebbe entrato in contatto col più vicino corpo prussiano e probabilmente con i due più vicini, mentre il resto avrebbe proceduto per unirsi a Wellington. Ciò, comunque, avrebbe diminuito il numero di Prussiani che apparvero a Waterloo e, fatto ancor più importante, li avrebbe trattenuti più a lungo. [ Vedi Siborne vol. I p. 323 e Gleig, p. 142].
Ci sono alcune importi riflessioni sull'argomento nel settantesimo numero di Quaterly in un articolo sulla "Vita di Blücher" solitamente attribuito a Sir Francis Head. Lo scrittore prussiano Generale Clausewitz vi è citato "per aver espresso l'opinione, con la quale qualsiasi critico militare avrebbe concordato tranne i francesi, che se persino l'intera forza di Grouchy fosse stata a disposizione di Napoleone, il Duca non avrebbe avuto nulla da temere per l'imminente arrivo di Blücher".
"Si è spesso detto che il Duca avesse esaurito le sue riserve nell'azione. Questo è un altro grossolano errore di cui Clausewitz si sbarazzò. Egli enumerò la decima brigata britannica, la divisione di Chasse e la cavalleria di Collaert come poco o per nulla impegnate e avrebbe potuto aggiungere altre due brigate di cavalleria leggera". Il fatto, inoltre, che Wellington non diede ordini per l'intera giornata al corpo del Principe Frederick a Hal è prova conclusiva che il Duca non era stato in difficoltà come alcuni scrittori hanno preteso. Hal non era che a dieci miglia dal campo di Waterloo.
Note: testo originale inglese tratto da "THE FIFTEEN DECISIVE BATTLES OF THE WORLD FROM MARATHON TO WATERLOO" di Sir Edward Creasy, opera in pubblico dominio. La suddivisione in sezioni non appartiene all'opera originale, ma è stata aggiunta per questioni di migliore comprensione. Traduzione italiana: © 2013 Gianluca Turconi.
- il ritorno dall'esilio sull'Elba, l'organizzazione della campagna finale, le battaglie di preparazione a Quatre Bras e Ligny;
- l'inutile azione contro i Prussiani da parte del Maresciallo Grouchy, la genesi dello scontro finale e le prime fasi della battaglia di Waterloo (questa pagina);
- l'evolversi dello scontro e la definitiva sconfitta col ripiegamento della leggendaria Vecchia Guardia Imperiale francese.
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