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Nessie, come viene comunemente chiamato il cosiddetto "mostro di Loch Ness", dal nome dell'omonimo lago, è uno dei molti misteri che sono sorti in terra scozzese. Con leggende risalenti addirittura ai primi secoli dell'era cristiana, questa creatura fantastica è probabilmente la più famosa in Europa e ha generato innumerevoli avvistamenti come pure ricerche scientifiche per determinarne la reale esistenza.
Nessie, il mostro di Loch Ness, nella famosa "fotografia del chirurgo".
Il termine loch è comunemente utilizzato in lingua scozzese per indicare un lago o una stretta insenatura o baia marina. Data la varietà di elementi naturali a cui può fare riferimento, la stessa parola è stata tradotta con vocaboli piuttosto differenti nella fonetica di altre lingue: lough in irlandese, firth o strait in inglese, fino al più nordico e conosciuto fjord.
Da milioni di anni, il territorio della Scozia è geologicamente diviso in due parti che hanno trascinato con sé il nord del paese da una parte e il sud dall'altra. Il punto di contatto tra le due parti, la faglia, è denominata Great Glen e si caratterizza per la profondità e la strettezza dell'ambiente naturale che è sede di una serie abbastanza contigua di loch: il Linnhe, l'Oich, il Lochy e il molto più famoso a livello mondiale Ness.
Dal punto di vista geofisico, il loch Ness è la più grande riserva d'acqua dolce della Gran Bretagna con i suoi 39 chilometri di lunghezza e 1,5 di larghezza, misure che dimostrano l'inusuale conformazione stretta del lago. Le peculiarità del Ness non si fermano qui. Infatti, la temperatura dell'acqua è priva di sbalzi rilevanti nel corso dell'anno e, sebbene non ricchissima di nutrienti, fornisce supporto vitale a colonie di salmoni, diversi altri pesci e plancton.
Già in tempi storici antichi, nel 565 dopo Cristo, proprio nel Ness veniva ambientata una storia dell'agiografia del santo irlandese Colombano, famoso nei paesi celtici per essere un distruttore di mostri e draghi. Il sant'uomo avrebbe infatti prima richiamato e poi sconfitto una creatura lacustre dalle fattezze mostruose proprio in quel loch. I successivi tredici secoli sono pieni di racconti, leggende e buona narrativa orale su avvistamenti di vario genere collegati a creature altrettanto fantastiche, rientranti in pieno nella normale evoluzione della cultura rurale di una zona particolare quale è quella che circonda la Great Glen.
Tuttavia, nel XX secolo vi è stato un vero e proprio boom di avvistamenti, e tutto è dovuto a una semplice strada. Fino al XIX secolo, il passaggio lungo il lago era particolarmente disagevole, limitato a sentieri sterrati e percorsi più da bestiame che da esseri umani. Per agevolare il traffico automobilistico che dopo la prima guerra mondiale andava crescendo esponenzialmente in tutta la Gran Bretagna, fu perciò decisa la costruzione di una strada lungolago che andasse dalla città di Inverness sulla costa nordorientale della Scozia fino a Fort William nella parte sudoccidentale.
Proprio su quella strada, il 14 aprile 1933, i Mckay, una coppia di ristoratori di Drumnadriot, cittadina che sorge sulle sponde del Ness, avvistarono e poterono ammirare per diversi minuti un'incredibile creatura lacustre di grandezza approssimativa tra i quattro e i cinque metri che emergeva e si immergeva ripetutamente nelle acque del lago.
L'avvistamento sarebbe semplicemente entrato a far parte del folclore locale se il mese successivo Alex Campbell, guardiano ufficiale delle acque per il Loch Ness Fisheries Board, non avesse raccontato quei dettagli, insieme ad altri derivati da propri avvistamenti, all'Inverness Courier, un quotidiano dell'omonima città. La sua descrizione della creatura, poi entrata nell'immaginario collettivo come "mostro di Loch Ness", parlava di un essere dal lunghissimo collo serpentino, col corpo di almeno trenta piedi di lunghezza e testa abbastanza piccola in proporzione al resto.
Ci sono state molte speculazioni sul fatto che questi avvistamenti abbiano alimentato il turismo nella zona, nel periodo iniziale e successivamente, ma non solo. Infatti, è particolare la storia della "fotografia del chirurgo", forse la più famosa fotografia scattata al mostro di Loch Ness nel 1934 da R. K. Wilson, un chirurgo londinese, e poi immediatamente pubblicata. Da scoperte recenti non sarebbe altro che un falso compiuto tramite un modellino in scala per alimentare la "guerra delle vendite" tra i quotidiani affamati di nuove e sensazionali notizie sulla creatura.
Nel 1975, il mostro di Loch Ness ha ricevuto anche un nuovo e più scientifico nome da Peter Scott, figlio del famoso esploratore: Nessiteras Rhombopteryx (La meraviglia del Ness dalla pinna a rombo). La popolazione locale e gli affezionati lo chiamano più comunemente Nessie.
Le spiegazioni date per la presenza del "mostro"
La spiegazione più popolare in assoluto è la presenza di una ristretta popolazione di Plesiosauri, una specie di dinosauri dal collo lungo scomparsa nell'ondata di estinzioni avvenuta nella parte terminale del periodo Cretaceo. Le dimensioni contenute dell'animale e la sua dieta a base di pesce giustificherebbero la presenza nel lago. Certamente non è impossibile il ritrovamento di geni di famiglie animali antiche ritenute estinte, come testimonia la recente scoperta di un esemplare vivo di Coelacanthus, al largo delle coste africane, ma i problemi con la teoria dei dinosauri sono diversi e scientificamente rilevanti.
Per iniziare, una popolazione di Plesiosauri non avrebbe potuto potuto sopravvivere per milioni di anni in un ambiente di piccole dimensioni come il loch, sia per ragioni alimentari, in quanto il cibo non sarebbe sufficiente a mantenere animali di queste dimensioni, sia per l'inbreeding, cioè l'accoppiamento tra consanguinei che avrebbe portato quasi certamente a un impoverimento genetico della popolazione e alla sua successiva estinzione. Inoltre, il loch in sé non è per nulla antico, anzi le teorie scientifiche più recenti e accreditate lo fanno risalire al termine dell'ultima glaciazione, quindi a circa 10,000 anni fa, quando il ritrarsi dei ghiacci in Scozia avrebbe modellato il tipico fondale a U del lago.
Una veduta del Loch Ness che mostra la sua conformazione a U e l'assoluta tranquillità delle acque.
I sostenitori dell'esistenza della creatura affermano però che tutte queste prove contrarie potrebbero cadere se si tenesse in conto la presenza di un sistema di caverne che colleghi il lago al mare, ma non vi sono prove della loro esistenza né di un sistema comunicante col mare.
Altri appassionati, accantonati i dinosauri, si sono limitati a ipotizzare un'evoluzione di animali molto più comuni, come foche dal collo lungo o lumache marine e anguille giganti. Nessuna di queste suggestive proposte ha però trovato riscontro. Proprio per la mancanza di prove fisiche dell'esistenza della creatura, si è poco a poco scivolati nell'ambito degli avvistamenti paranormali.
In particolare alcune affascinati teorie recenti collegano gli avvistamenti del mostro di Loch Ness con gli effetti sulla mente umana delle linee di faglia e degli altri fenomeni geofisici in prossimità delle faglie stesse. Non per nulla anche gli altri loch della Great Glen si dice siano abitati da mostri di vario genere.
In pratica, le aree di faglia sarebbero delle "finestre" per strani fenomeni, tanto che alcuni avvistamenti del mostro sarebbero da considerare più come apparizioni di fantasmi che di creature vive in carne e ossa. Spiegare un mistero con una teoria paranormale altrettanto non provata è comunque singolare, a essere buoni.
Le spiegazioni del fenomeno da parte degli scettici sono anch'esse molte, ma decisamente più plausibili. Per cominciare, la generazione di pubblicità per la zona, come già indicato, è un fenomeno molto importante, notato anche per altre creature fantastiche famose. Inoltre, molte delle foto degli avvistamenti sono state analizzate da esperti e quando non si sono rilevate delle contraffazioni volontarie, mostravano oggetti o animali reali come motoscafi, cani e cervi in acqua mal interpretati dal fotografo in buona fede.
Nonostante ciò, la volontà di risolvere questo mistero dal punto di vista scientifico non è mai venuta meno, tanto da dare origine a due importanti operazioni per il controllo del lago con strumentazione e metodologia adeguate. Esse sono state denominate operazione Deepscape e Urquhart.
Operazione Deepscape
Prevista originariamente per il 1986, l'operazione Deepscape si proponeva di effettuare una mappatura sonar dei fondali del lago tramite apposita strumentazione denominata X-16, capace di una copertura di oltre 500 metri e di distinguere oggetti di appena 30 centimetri di grandezza separati tra loro da questa stessa distanza. I sonar dovevano essere montati su imbarcazioni che avrebbero seguito rotte reticolari sulla superficie, in modo da coprire in maniera soddisfacente l'intera area del Loch. A causa delle pessime condizioni meteo nei giorni del 1986 in cui era previsto l'inizio dell'operazione, essa fu rinviata all'anno successivo.
Nell'ottobre del 1987, diciannove imbarcazioni, dotate di sonar X-11 e del più recente Simrad, solcarono il lago coprendolo per circa il 60% della superficie, essendo baie e zone prossime alle spiagge impossibili da coprire con questa metodologia. Inoltre, la vicinanza dei sonar contribuiva a creare interferenze tali che le apparecchiature dovettero essere tarate sulla minima distanza di copertura, così da risolvere il problema.
Dopo il primo giorno di lavori, nella conferenza stampa che fu tenuta per comunicare i risultati, si accesero grandi speranze, perché furono mostrati i tracciati sonar tra 80 e 180 metri di profondità, dove erano apparsi rilevamenti "più grandi di uno squalo e più piccoli di una balena", sicuramente non appartenenti ai normali abitanti del loch.
Il giorno successivo, si effettuò una nuova uscita, ma questa volta non vennero riscontrati rilevamenti di dimensioni analoghi né nei luoghi precedenti, né altrove. La stampa considerò questo fatto come un fallimento dell'operazione Deepscape, ma analizzando in maniera neutrale tali risultati, si può certamente affermare che sebbene non siano conclusivi, dimostrano in ogni caso che i primi rilevamenti del 9 ottobre 1987 non appartenevano a oggetti fissi sul fondo. La mancanza di ulteriori riscontri non può dare, come è ovvio che sia, ragione ai "credenti" o agli scettici sull'esistenza di Nessie.
Operazione Urquhart
Il castello di Urquhart sul Loch Ness da cui prende il nome l'omonima operazione scientifica.
Questa operazione deve il suo nome al castello che sorge sulle rive del loch e fu sostenuta, direttamente o come sponsor, da istituzioni molto importanti quali il Natural History Museum di Londra, l'Associazione Biologica per le Acque Dolci, la produttrice di attrezzature marine Simrad e Discovery Channel che si accordarono per lo studio del lago non come casa di Nessie, ma in quanto specchio d'acqua dolce più grande del Regno Unito.
La prima fase dell'operazione fu condotta nel 1992 dalla Simrad con le proprie attrezzature sonar all'avanguardia che poterono effettuare una mappatura completa del lago, rintracciando la profondità massima dello stesso (786 piedi, 239,57 metri) e dimostrando che lo specchio d'acqua non possiede tunnel o caverne sommerse, contrariamente a quanto ritenuto in precedenza.
Fu identificata anche una serie di oggetti sommersi fissi a circa sessanta metri da Fort Augustus che furono analizzati tramite una telecamera subacquea. Venne individuata la presenza di carri metallici dotati di ruote. Probabilmente questi ostacoli furono affondati nel loch dalla Royal Navy, la marina militare britannica, per testare i primi sonar quando furono sviluppati in principio a fini bellici.
L'anno seguente, grazie all'arrivo della nave da ricerca Calanus, fu possibile effettuare un'analisi approfondita della vita all'interno delle acque del loch. Si seppe così che il fitoplancton, cioè la microvegetazione acquatica, è più concentrata nella parte settentrionale del lago, ma stranamente l'elemento successivo della catena alimentale, lo zooplancton, microscopiche forme di vita, si concentra nella parte meridionale.
Una giustificazione a questa scoperta potrebbe essere la presenza in quell'area degli estuari dei fiumi che sboccano nel lago all'altezza di Fort Augustus, creando condizioni più favorevoli alla vita.
Un'altra stranezza della vita animale nel lago è che i pesci ritrovati non solo sono pochi, sia come specie sia come numero di individui, ma hanno anche la tendenza a vivere in profondità, lontano dalla superficie e dalla luce del sole.
In verità fu scoperta anche una forma di vita completamente sconosciuta, ma non accese affatto la fantasia dei sostenitori dell'esistenza del mostro. Infatti la nuova creatura trovata per la prima volta in questo lago è un verme di piccole dimensioni appartenente alla famiglia dei Nematodi che ora si è guadagnato un posto tutto suo nel Natural History Museum.
Nonostante l'operazione avesse finalità interamente scientifiche e non di ricerca del mostro, per ben due volte la strumentazione sonar delle navi impegnate nei rilevamenti incontrarono echi di dimensioni superiori a quelle delle creature normalmente abitanti il loch. I contatti si protrassero per alcuni minuti e non si poté determinare quale fosse in realtà l'origine.
In definitiva, dopo l'analisi del lago effettuata da questa operazione, si potrebbe assumere che nel lago non vivano sufficienti pesci per mantenere in vita una creature delle dimensioni supposte per Nessie, ma allo stesso tempo, ci sono stati contatti sonar di dimensioni e durata tali da lasciare ancora dubbi, specialmente perché il personale occupato nei rilevamenti non aveva alcun interesse nel mostro, essendo sul luogo per ricerche strettamente scientifiche.
Che il mostro di Loch Ness esista veramente oppure no è quindi difficile da provare. Assolutamente esistente è invece il suo mistero, che appassiona tanto gli entusiastici sostenitori quanto gli scettici denigratori.
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