L'evoluzione del mito dei draghi intercorsa con il lento spostamento dall'Estremo Oriente precristiano all'Europa nordica e altomedioevale.
Parlando di draghi nell'immaginario fantasy, si suole riferirsi a creature mostruose, malvagie, dotate di dimensioni notevoli e un respiro infuocato capace di incenerire un cavaliere fino all'osso, compresa armatura e destriero. Sempre nel comune bestiario di genere, essi avrebbero la pessima abitudine di pretendere sacrifici umani, solitamente ignare donzelle vergini, per non apportare distruzione sulle sfortunate terre in cui dimorano e di conservare, sotto guardia costante, le ricchezze accumulate durante la loro vita piena di efferatezza.
Drago cinese del XIX secolo, incisione a colori su legno, Bibliothèque des Arts décoratifs, Parigi - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia.
In questa descrizione, a volte ammorbidita nei toni e mutata secondo le necessità di alcuni autori, si possono già rinvenire molti elementi classici delle leggende legate ai draghi nella tradizione occidentale, basata sull'impostazione cristiana di questo essere fantastico. Infatti, il drago sarebbe l'incarnazione del Demonio (o dell'Anticristo), evoluzione medioevale del serpente tentatore nella Genesi, sempre pronto a insidiare la purezza delle giovani e peccaminoso fino all'estrema cupidigia, peccato oltremodo grave già a partire dall'Alto Medio Evo.
Tuttavia, sarebbe errato pensare che l'origine della tradizione e delle leggende legate ai draghi sia da far coincidere con l'età medioevale occidentale o, tutt'al più, ai primi secoli dell'era cristiana. Vi sono reperti archeologici che fanno risalire le prime testimonianze su questo animale mitico a periodi anteriori e a zone geografiche differenti, nel Vicino e nell'Estremo Oriente.
Per esempio i Babilonesi adoravano, quale protettore dell'antica Babilonia, un animale chiamato Mushushu, il quale richiamava un drago nei tratti della parte anteriore. È curioso notare come tale fiera avesse non solo dei tratti bonari e protettivi, ma fosse anche un essere composito, cioè fosse il risultato dell'incrocio di più animali che avevano dato le proprie caratteristiche all'insieme. Ma si può procedere ancora più indietro nel tempo.
Gli stessi elementi, bonarietà e figura composita, sono difatti caratteristici dei draghi cinesi. I primi esempi stilizzati dell'animale sono stati scoperti addirittura in terrecotte neolitiche, mentre i reperti sicuramente databili con questo soggetto sono giade e ceramiche della dinastia Shang (XVI – IX sec. avanti Cristo). Dalla testa di cammello con corna di cervo agli artigli d'aquila, i draghi dell'Estremo Oriente sono espressione della possanza del mondo animale trasmessa dalla tradizione cinese. Altre caratteristiche erano la capacità di rendersi invisibili o di potersi sottoporre a metamorfosi per aiutare gli uomini e, soprattutto, l'avere grandi e lunghi baffi.
Nella Cina arcaica si distinguevano diversi tipi di draghi:
- i long, dominatori dei cieli, erano in grado di volare. Quando non utilizzavano la magia per il volo, erano dotati di piccole ali da pipistrello;
- i li, dominatori degli oceani, erano senza corna;
- i jiao, signori delle paludi e delle grotte montane, avevano una corazza di scaglie simili a quelle delle carpe.
In tutti i casi, comunque, i draghi cinesi avevano un legame molto stretto con l'acqua, sotto forma di fiumi, mari, oceani o, come per i long, di pioggia. La visione del drago vicino all'elemento acquatico, in contrasto con i draghi occidentali legati al fuoco, ci mette di fronte alla chiara distinzione tra l'animale benigno orientale e il suo corrispondente europeo, espressione del mutamento travolgente se non della vera e propria malvagità.
Da quanto tratteggiato, è presumibile pensare, sebbene non sia provato, che la tradizione dei draghi abbia iniziato un lento spostamento da oriente a occidente, dalla Cina a Babilonia per poi arrivare in Europa. Quando si sarebbe verificata veramente la modifica del carattere dei draghi, da divinità benigna della natura a espressione del Male? Se rispondessimo col Cristianesimo, potremmo cadere nuovamente in errore.
Già nel libro di Giobbe, nell'Antico Testamento, viene descritto un coccodrillo che ha tutto l'aspetto di un drago medioevale: «Ecco, la tua speranza è fallita, al solo vederlo uno stramazza. Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo e chi mai potrà star saldo di fronte a lui? Chi mai lo ha assalito e si è salvato? Nessuno sotto tutto il cielo. Non tacerò la forza delle sue membra: in fatto di forza non ha pari. Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può penetrare? Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi denti è il terrore! Il suo dorso è a lamine di scudi, saldate con stretto suggello; l'una con l'altra si toccano, sì che aria fra di esse non passa: ognuna aderisce alla vicina, sono compatte e non possono separarsi. Il suo starnuto irradia luce e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici esce fumo come da caldaia, che bolle sul fuoco.» La comunanza tra draghi e coccodrilli era già presente tanto in Cina quanto a Babilonia, ma solo col procedere verso Occidente del loro mito, essi finiscono col divenire portatori di distruzione.
Quali legami vi siano tra la sapienza biblica e la cattività del popolo ebraico a Babilonia in questa mutata visione del coccodrillo-drago è difficile dirlo, ma si può sempre supporre che un'animale considerato sacro dagli schiavisti non fosse ben visto dagli schiavi. Gli elementi negativi del drago sono ormai delineati quando la cultura greca pone di fronte a Eracle, nelle sue fatiche, l'Idra di Lerna, un serpente-drago dalle nove teste, di cui una immortale, e dal fiato pestilenziale.
L'incontro del concetto di drago col cristianesimo è solo il colpo di grazia a una reputazione ormai in caduta libera. Così San Giovanni ce lo descrive nell'Apocalisse (12, 3-9): «Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.»
San Giorgio contro il drago, dipinto di Gustave Moreau, 1880 circa. Immagine in pubblico dominio, fonte Wikipedia.
Il passaggio definitivo al lato oscuro della forza, come si direbbe in fantascienza, si era compiuto. A rincarare la dose, anche se non sarebbe stato necessario dopo l'importante contributo dell'Evangelista apocalittico, arrivarono sia la tradizione divulgativa cristiana dell'Alto Medio Evo sia la tradizione orale anglo-tedesca dello stesso periodo.
Nella prima si erge, mischiandosi alla seconda, San Giorgio, patrono d'Inghilterra e paladino della lotta contro i draghi. Egli diviene l'archetipo del buon cristiano che lotta contro il Serpente, il Demonio appunto. Non a caso, il picco di diffusione della leggenda si avrà alla fine del XII secolo, quando Riccardo I Cuor di Leone condusse gli inglesi in Terra Santa alla testa di una crociata.
Nella tradizione orale dell'Europa settentrionale, tipicamente pagana, i draghi avevano già in ogni caso una loro fama per nulla rassicurante che fu acuita dal contributo cristiano e messa per iscritto nel periodo medievale. Beowulf, eroe di un poema epico inglese scritto agli inizi dell'VIII secolo d.C., si batte con un drago con risultati davvero insoddisfacenti, mentre è nella Nibelungenlied che l'eroe germanico Sigfrido ci dà l'esempio di un utilizzo opportunistico dei draghi. Dopo averne ucciso uno, si cosparge del suo sangue che lo rende invulnerabile tranne nei punti non raggiunti dal magico unguento; un Achille nordico, arrivato con molti secoli di ritardo.
Come si è potuto leggere, l'evoluzione della figura mitica del drago ha un'ampiezza temporale e spaziale notevole ed è assolutamente slegata dal genere fantasy e dalla sua collocazione tradizionale nel medioevo nordeuropeo.
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