Quello di Raskol'nikov è conosciuto nella letteratura come un omicidio brutale e spaventoso, compiuto con estremo cinismo e avversione verso il genere umano, il cui autore viene schiacciato - e purificato - dalla legge giuridica e divina.
La copertina di "Delitto e castigo" di Dostoevskij nella versione BUR- Rizzoli.
Lo studente russo non mostra la tempra né il carattere sufficienti ad accettare e sopportare la grandezza di quel gesto.
Ridotto all'osso, potrebbe essere questo il significato del romanzo Delitto e castigo, ma noi sappiamo che l'opera esprime molto di più.
Nel frattempo, salve a tutti ragazzi. Eccoci nuovamente attivi sulla rubrica mensile di Letture Fantastiche.
Quest'oggi, come avrete notato, parliamo di grandi classici della letteratura.
Una definizione - quella di classici - che fa riferimento non soltanto a libri che hanno impresso un segno importante nella storia della letteratura, ma che hanno costituito, soprattutto, un modello imprescindibile per opere letterarie successive.
Romanzi che, nonostante il tempo trascorso, continuano a proporre argomenti di grande attualità, come le condizioni di miseria in cui vivono i personaggi di queste pagine, situazione dalla quale provano a uscire escogitando le più disperate - e a volte discutibili - soluzioni.
Un tema di fondamentale importanza, se si pensa allo stato di povertà a cui molti, nel nostro Paese, stanno andando incontro; e anche al periodo di recessione che presto attraverseremo.
In un momento storico di ingiustificabile avversione verso la cultura russa - la letteratura ha poco a che fare con la politica - ci accingiamo proprio a parlare della letteratura di questo Paese.
Analizzeremo Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij.
Un libro così pregno di significati, che risulta addirittura difficile individuarne genere e natura.
Dal momento che molti elementi della trama sono dati per scontati, vi consigliamo di non proseguire con la lettura dell'articolo in caso non abbiate ancora letto il libro; anche se, a prescindere che la storia la conosciate o meno, varrebbe la pena immergersi in questo classico solo per adorarne la struttura.
In che genere letterario si colloca il delitto di Raskol'nikov?
Delitto e castigo è un romanzo non soltanto complesso; ma addirittura intimo e vissuto.
Il suo concepimento trova spazio in un lunghissimo periodo nel quale, a molte suggestioni letterarie, si uniscono drammatiche esperienze esistenziali dell'autore, individuabili in diverse parti del romanzo.
La natura complessa della sua stesura si manifesta immediatamente, sin dal tentativo di individuare il genere del libro.
Romanzo giallo?
Banalmente, potrebbe essere la prima definizione a venirci in mente.
Effettivamente, gli elementi ci sono tutti: un delitto, un movente, un investigatore e un'atmosfera cupa e misteriosa, che sfuma nei crocicchi suggestivi di Pietroburgo.
C'è però una sostanziale differenza: agli antipodi di quanto accade in un romanzo giallo, conosciamo dall'inizio il nome dell'omicida.
La struttura contorta e disorientante di un giallo, che si giustifica nel colpo di scena finale, dove si scopre il nome dell'assassino, viene completamente ribaltata dalla penna di Dostoevskij.
Qui è l'accettazione illuminante del castigo, il suo tramutarsi da peso a benedizione, in una narrazione d'ispirazione mistica e religiosa, a dare significato retrospettivo alla struttura. Come un fulmine la cui luce illumini il paesaggio in sottofondo, dandoci finalmente modo di ammirarlo.
Tentando di essere più analitici, ci verrebbe da chiederci se non si tratti di un romanzo sociale.
Una domanda legittima che ci porta sicuramente più lontano rispetto alla prima.
Tutto: il tema dell'ubriachezza, che trova voce nella vicenda di Marmeladov, le condizioni miserevoli in cui versano Raskol'nikov e la sua famiglia, l'ambientazione di bettole, postriboli, piazze, "camere piccole come bare" e snobismo aristocratico, sono sicuramente materia di un grande romanzo sociale alla Zola.
Tuttavia, c'è qualcosa che sfugge anche a questa definizione.
Qualcosa di politico?
Be', leggendo Delitto e castigo è molto difficile non scorgere anche l'elemento politico.
Nei discorsi di Luzin, l'alterigia aristocratica e tutta la tensione sociale che vi si respira, scorgiamo in nuce l'elemento ideologico e politico che muoverà la futura rivoluzione; ma anche questo, considerato da solo, appare oltremodo riduttivo.
Bene. Quando non si hanno più frecce da scoccare al proprio arco, di solito si arriva a menzionare la filosofia.
Delitto e castigo è un romanzo filosofico?
Come in tutti i romanzi di Dostoevskij, troviamo un'indagine profonda e quasi metafisica di quelli che sono i temi fondamentali della nostra umanità.
Anche l'idea di base, per cui un uomo geniale alla Napoleone possa violare la morale comune per un disegno più grande, per quanto scarno nella sua definizione essenziale, acquista grande risonanza al cospetto dell'illuminazione mistica finale.
Persino dando maggior risalto all'elemento filosofico, tuttavia, risulta impossibile ignorare l'insieme, ossia il fatto che Delitto e castigo sia, allo stesso tempo, un romanzo giallo, sociale e politico.
Un classico può contenere, nel suo suggestivo intreccio, tutti questi elementi.
Per capirne meglio la natura, nondimeno, occorre analizzare un attimo la storia del suo concepimento, riportata meticolosamente nel saggio della grande studiosa di autori russi Clara Strada Janovic1.
Il concepimento del delitto
Sicuramente, la parte finale della prigionia di Raskol'nikov non sarebbe risultata tanto profonda se Dostoevskij non avesse vissuto intimamente quell'ambiente.
Nel 1849, Fëdor fu arrestato per il presunto coinvolgimento in un'associazione segreta che aveva scopi sovversivi. Scampato alla pena di morte, la condanna fu commutata in un periodo di lavori forzati che egli scontò in Siberia, dove fu deportato nel 1850.
Sebbene a Delitto e castigo Dostoevskij ci stesse lavorando nel febbraio del 1866, diversi indizi lasciano pensare che lo avesse concepito molto prima, in modo totalmente diverso, quando era di ritorno dal suo periodo di detenzione.
Il 9 ottobre 1859, al fratello Michail, Dostoevskij scriveva:
«In dicembre comincerò un romanzo. Non so se ricordi che ti parlai di un romanzo-confessione, che dovevo scriverlo dopo tutti gli altri, dicendo che dovevo ancora viverlo. Giorni fa ho deciso assolutamente di scriverlo subito. (...) tutto il mio cuore col sangue entrerà in questo romanzo. L'ho concepito quand'ero in galera, sui tavolacci, in un difficile momento di tristezza e autodegradazione».
Se è vero che, entro quel lungo periodo, altre opere dalla forma narrativa molto simile furono concepite, molti elementi lasciano indubitabilmente capire come Delitto e castigo sia stato pensato e ripensato per anni, arricchendosi di suggestioni, in un recesso sconfinato dell'anima di Dostoevskij. Nel frattempo, l'autore redigeva opere come Memorie del sottosuolo e Le memorie della casa dei morti.
Durante la lavorazione, nel 1866, di Delitto e castigo, Dostoevskij confessa all'amico A. Vrangel di aver bruciato la prima stesura.
Tale stesura è stata ritrovato in tre quaderni di appunti dell'autore, relativi alla creazione del romanzo.
In questa versione Delitto e castigo appariva scritto così, in prima persona:
«Come tutto ciò è cominciato non è il caso di dirlo. Comincerò direttamente dal modo in cui tutto ciò si è compiuto. Per circa cinque giorni prima di quel giorno andavo in giro come un pazzo. Non dirò di esser stato allora completamente pazzo e non voglio giustificarmi con questa menzogna. Non voglio, non voglio! Ero nella piena facoltà di intendere. Dico soltanto che andavo in giro come un pazzo ed è la verità. Giravo sempre per la città, allora, vagabondavo, e arrivavo al punto di cadere persino in uno stato di deliquio. Ma questo era dovuto forse in parte alla fame, perché già da un mese non so davvero cosa mangiassi. La padrona di casa, visto che avevo lasciato l'università, non mi passava più i pasti. E solo Nastasja mi portava qualcosa di propria iniziativa. Ma che dico! Non sta affatto qui la causa principale! La fame era un fatto di terz'ordine e ricordo benissimo che non facevo neppure caso negli ultimissimi tempi al desiderio o meno di mangiare. Non me ne accorgevo neppure. Tutto, tutto era assorbito dal mio progetto per portarlo in esecuzione. Non lo ponderavo più, allora, negli ultimi tempi, quando vagabondavo, perché già prima tutto era stato ponderato e io avevo tutto risolto. E mi sentivo soltanto trascinato, trascinato persino in un certo modo meccanico a eseguire e risolvere tutto al più presto per disfarmene in un modo o nell'altro. Ma rinunciare non potevo... non potevo... ero diventato ammalato, e se la cosa fosse durata ancora, sarei diventato pazzo o avrei denunciato me stesso o... non so più cosa sarebbe successo».
Ma allora per quale motivo l'autore abbandonò la forma di romanzo-confessione?
Delitto e castigo: molta materia narrativa
Certamente, uno dei motivi più importanti è l'aumento di mole narrativa dell'opera.
Insieme a suggestioni e logoranti vicende esistenziali - nel periodo in cui scriveva il romanzo, Dostoevskij era braccato dai creditori - l'autore aveva altri progetti letterari, inseriti successivamente nell'enorme tomo di Delitto e castigo.
L'8 giugno 1865, a corto di denari, Dostoevskij propose al suo editore Kraevskij il progetto di uno scritto che non andò in porto:
«Il mio romanzo s'intitola Gli ubriachi e sarà legato all'attuale problema dell'alcolismo. Non si analizza soltanto il problema, ma si dà un quadro anche di tutte le sue ramificazioni, soprattutto scene di famiglie, l'educazione dei figli in questo campo, ecc. ecc. Saranno circa trecento pagine, ma forse anche di più».
È, chiaramente, la commovente vicenda dei Marmeladov che andrà a costituire una delle tante sotto-trame di Delitto a castigo.
Il passaggio dalla prima persona al narratore onnisciente, però, non fu motivato soltanto dall'aumentare del materiale narrativo; ma anche dal complicato rapporto fra delitto e castigo, il quale, dovendo essere analizzato su più piani tematici - sociale, giuridico, religioso - necessitava di una narrazione più distaccata.
Il concepimento di Raskol'nikov
L'esperienza di Dostoevskij in Siberia ebbe un grande importanza rispetto alla creazione del personaggio di Raskol'nikov.
In una lettera del 1865 a Katkov troviamo la prima descrizione di Raskol'nikov:
«Un giovane studente, espulso dall'università, di origine piccolo-borghese, in stato di estrema povertà, essendosi lasciato influenzare per leggerezza e confusione mentale da alcune strane idee "incompiute", che sono nell'aria, decide di uscire di colpo da una brutta situazione. Si risolve a uccidere una vecchia vedova di un piccolo funzionario, che fa l'usuraria».
Il periodo di detenzione permette all'autore di conoscere più intimamente il concetto di giustizia, sviluppando una sua personale idea: il condannato non risulta per nulla spaventato dalla pena; al contrario, la esige moralmente.
A dar forza a tutte le connotazioni sociali della vicenda, c'è l'attenzione di Dostoevskij verso certi aspetti di cronaca contemporanei:
«L'ho visto persino nelle persone più incolte, nei casi più grossolani. Io ho voluto esprimerlo proprio in una persona colta, della nuova generazione, per far vedere in modo più chiaro e tangibile l'idea. Alcuni casi, avvenuti negli ultimi tempi, mi hanno convinto che il mio soggetto non è affatto eccentrico. Proprio il fatto che l'assassino sia un giovane colto e persino di buone attitudini. Mi hanno raccontato l'anno scorso a Mosca (la cosa è attendibile) di uno studente espulso, espulso dall'università, dopo la storia successa all'ateneo moscovita, che decise di scassinare la carrozza postale e di ammazzare l'addetto. Nei nostri giornali ci sono ancora numerose tracce di un'estrema confusione mentale che spinge ad atti terribili (il seminarista che ammazzò una ragazza d'accordo con lei in una rimessa e che un'ora dopo fu arrestato mentre faceva colazione, ecc...) insomma sono convinto che il mio soggetto trova in parte giustificazione nel presente».
Raskol'nikov e il fascino del male
Il fatto che Delitto e castigo sia un romanzo ancora profondamente moderno è espresso in tutte le suggestioni cinematografiche moderne.
Molti i film che lo richiamano esplicitamente: il regista americano Woody Allen inserisce Dostoevskij nella sua ironia cinica e socialmente dissacrante.
Ciò che più affascina di Raskol'nikov, tuttavia, è l'aspetto cinico e spietato della sua personalità; il disprezzo per il genere umano e la morale comune.
In Nodo alla gola di Hitchcock due assassini sono convinti di agire nel giusto, poiché individui superiori e al di sopra dei valori borghesi.
La stessa cosa la vediamo in Irrational man e Match point.
Nessuno di questi personaggi cinematografici sembra subire il senso di colpa; ed è questo una aspetto importante che dovrebbe farci riflettere.
Il Raskol'nikov del nostro secolo è quello della prima parte del libro: un freddo nichilista che progetta il delitto perfetto e si ritiene al di sopra dei valori comuni.
Nessun accenno al Raskol'nikov delle ultime pagine: quello che trova redenzione in un percorso spirituale compiuto con la casta e innocente Sonia.
Un perdono che ha il sapore di un evento non soltanto sentimentale, ma anche, e sopratutto, spirituale.
Molti temi, dunque, in questo romanzo di Dostoevskij che, speriamo, per chi ancora non lo avesse fatto, di avervi incoraggiato a leggere.
Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.