Il 6 maggio 1736, l’eclettico Benjamin Franklin informò i lettori della sua Pennsylvania Gazette di un “mostro marino” recentemente avvistato alle Bermuda, “la cui parte superiore del corpo aveva la forma e la grandezza di un ragazzo di 12 anni, con lunghi capelli neri; la parte inferiore assomigliava a un pesce”. A quanto pare, le “sembianze umane” della creatura ispirarono i suoi rapitori a lasciarla vivere. Un numero del 1769 della Providence Gazette riporta che i membri dell’equipaggio di una nave inglese al largo di Brest, in Francia, osservarono “un mostro marino, simile a un uomo” che girava intorno alla loro nave, e a un certo punto videro “per un po’ di tempo la figura a prua, con le sembianze di una bella donna”. Il capitano, il pilota e “tutto l’equipaggio, composto da trentadue uomini” confermarono questo racconto.
Gli esempi sopra riportati sono abbastanza rappresentativi di ciò che un britannico della prima età moderna avrebbe trovato sui giornali. Il fatto che queste interazioni fossero riportate ci dice molto. Uomini intelligenti come Benjamin Franklin consideravano tali incontri abbastanza legittimi da spendere tempo e denaro per stamparli sui loro giornali che erano molto letti. Così facendo, editori e autori contribuirono a sostenere una narrazione di curiosità intorno a queste creature meravigliose. Quando un londinese si sedeva con il suo giornale (magari nella taverna della sirena, giustamente chiamata Mermaid Tavern) e leggeva dell’ennesimo caso di avvistamento di una sirena o di un tritone, il suo dubbio poteva trasformarsi in curiosità.
Stampa del 1817 rappresentante esemplari di sirene e tritoni.
I dibattiti dei filosofi su sirene e tritoni in questo periodo rivelano la loro volontà di abbracciare la meraviglia nella loro più ampia ricerca di comprendere le origini del genere umano. I naturalisti utilizzarono un’ampia gamma di metodologie per studiare criticamente questi strani ibridi e, a loro volta, affermare la realtà delle sirene come prova delle radici acquatiche dell’umanità. Come per altre creature incontrate nei loro viaggi globali, i filosofi europei utilizzarono varie teorie – tra cui quelle della differenza razziale, biologica, tassonomica e geografica – per comprendere il posto dei sirenetti e, per procura, degli esseri umani nel mondo naturale.
La combinazione di curiosità ed espansione imperiale degli occidentali si riflette bene nell’importanza culturale dei sirenetti. Individui facoltosi e società filosofiche finanziarono spedizioni di naturalisti, botanici e cartografi nel Nuovo Mondo nella speranza che potessero ampliare la comprensione del mondo e del proprio posto nel mondo. In un numero crescente di indagini su sirene e tritoni, i naturalisti dimostrarono un’inclinazione per il meraviglioso. Inoltre, ci hanno mostrato come il processo di ricerca scientifica fosse cambiato drasticamente nei precedenti duecento anni. Piuttosto che basarsi esclusivamente su testi antichi e dicerie, i naturalisti del XVIII secolo si avvalsero di varie risorse “moderne” – reti di corrispondenza globali, opportunità di pubblicazioni erudite, viaggi transatlantici, procedure per la raccolta di campioni e società di studiosi – per esaminare razionalmente ciò che molti consideravano fantastico. In questo modo, un corpo crescente di gentiluomini portò avanti e scansò la presunta narrazione della logica illuminata, applicando metodi di ricerca ben noti e validi ai misteriosi uomini-pesce. Così facendo, filosofi del XVIII secolo come Cotton Mather, Peter Collinson, Samuel Fallours, Carl Linnaeus e Hans Sloane complicarono le nostre – e quelle dei loro contemporanei – concezioni di scienza, natura e umanità. Gli uomini più intelligenti del mondo occidentale, in breve, trascorsero gran parte del XVIII secolo a dare la caccia ai sirenetti in giro per il mondo.
La Royal Society di Londra si rivelò fondamentale in questo sforzo, agendo sia come deposito sia come produttore di indagini scientifiche legittime. Sir Robert Sibbald, stimato medico e geografo scozzese, aveva ben compreso il desiderio della Società di effettuare ricerche innovative. Il 29 novembre 1703 scrisse a Sir Hans Sloane, presidente della Società, per informare il gentiluomo londinese che Sibbald e i suoi colleghi stavano registrando un resoconto delle creature anfibie della Scozia, corredato da immagini su rame che sperava di dedicare alla Royal Society. Rendendosi conto dell’interesse della Società per gli studi più aggiornati, Sibbald disse a Sloane di aver “aggiunto diversi resoconti e le figure di alcuni animali acquatici anfibi e di alcuni tipi misti, come le sirene o i tritoni che si vedono a volte nei nostri mari”. Ecco due pensatori di spicco del XVIII secolo che si scambiano missive erudite sulle sirene.
Il 5 luglio 1716 anche Cotton Mather scrisse una lettera alla Royal Society di Londra. Non si tratta di una stranezza, dato che il naturalista di Boston spesso illustrava le sue scoperte scientifiche. Tuttavia, l’oggetto di questa lettera era alquanto curioso: intitolata “un Tritone”, la missiva dimostrava la sincera convinzione di Mather dell’esistenza degli uomini-pesce. Il socio della Royal Society di Londra esordisce spiegando che, fino a poco tempo prima, considerava i sirenetti non più reali dei “centauri o delle sfingi”. Mather aveva trovato una miriade di resoconti storici di sirene, dall’antico greco Demostrato, testimone di un “Tritone essiccato... presso la città di Tanagra”, alle affermazioni di Plinio il Vecchio sull’esistenza di sirene e tritoni. Tuttavia, poiché “i Plinio non godono di grande reputazione ai nostri giorni”, Mather osservò che molti di questi antichi resoconti erano stati spacciati per falsi. I “sospetti” di Mather sull’esistenza di queste creature “si erano rafforzati”, tuttavia, quando lesse vari resoconti antichi attraverso pensatori europei ben noti come Boaistuau e Bellonius.
"Pesce donna" tratto da Istorica descrizione de’ tre’ regni Congo, Matamba, et Angola di Antonio Cavazzi, 1687.
Tuttavia, Mather non era del tutto convinto, almeno fino al 22 febbraio 1716, quando “tre uomini onesti e credibili, venendo in barca da Milford a Brainford (Connecticut)”, incontrarono un tritone. Avendo appreso questa notizia di prima mano, Mather non poté che esclamare: “Ora finalmente la mia credulità è completamente conquistata e sono costretto a credere all’esistenza di un tritone”. Mentre la creatura fuggiva dagli uomini, “essi ebbero una visione completa di lui e videro la sua testa, il suo viso, il suo collo, le sue spalle, le sue braccia, i suoi gomiti, il suo petto e la sua schiena, tutti di forma umana... le parti inferiori erano quelle di un pesce e colorate come uno sgombro”. Sebbene questo “tritone” fuggì, convinse Mather dell’esistenza dei sirenetti. Sostenendo che la sua storia non fosse falsa, Mather promise alla Royal Society che avrebbe continuato a riferire “tutti i nuovi avvenimenti della natura”.
Anche il famoso naturalista Carl Linnaeus si lanciò nell’indagine su sirene e tritoni. Avendo letto articoli di giornale che descrivevano avvistamenti di sirene a Nyköping, in Svezia, Linneo inviò una lettera all’Accademia svedese delle scienze nel 1749, sollecitando una caccia per “catturare questo animale vivo o conservato in spirito”. Linneo ammetteva che “la scienza non ha una risposta certa se l’esistenza delle sirene sia un fatto o una favola o un’immaginazione di qualche pesce oceanico”. Tuttavia, secondo lui, la ricompensa era superiore al rischio, poiché la scoperta di un fenomeno così raro “potrebbe portare a una delle più grandi scoperte che l’Accademia possa mai fare e per la quale il mondo intero dovrebbe ringraziare l’Accademia”. Forse queste creature avrebbero potuto rivelare le origini dell’umanità? Per Linneo – famoso in tutto il mondo per i suoi contributi alla classificazione tassonomica – questo antico mistero doveva essere risolto.
Anche l’artista olandese Samuel Fallours sostenne di aver scoperto delle sirene in una terra lontana, dando così il via a un dibattito durato decenni che ha attraversato i continenti e i media. Fallours visse ad Ambon, in Indonesia, dal 1706 al 1712 mentre prestava servizio come assistente ecclesiastico per la Compagnia olandese delle Indie orientali. Durante la sua permanenza sull’“isola delle spezie”, Fallours disegnò varie rappresentazioni della flora e della fauna locali. Una delle immagini raffigurava una sirena, o “sirenne”. La “sirena” di Fallours assomigliava molto alla classica rappresentazione di una sirena, con lunghi capelli verde mare, un viso gradevole e una pancia nuda che si trasformava in una coda blu/verde all’altezza della vita. La pelle di questa sirena, tuttavia, era scura (con una leggera sfumatura verdastra), il che implicava una somiglianza con la popolazione indigena locale.
Nelle note che accompagnavano il disegno originale di Fallours, l’artista olandese sosteneva di aver “tenuto questa sirena viva per quattro giorni nella mia casa di Ambon in una vasca piena d’acqua”. Il figlio di Fallours gliel’aveva portata dalla vicina isola di Buru “dove l’aveva acquistata dai neri per due once di stoffa”. Alla fine, la creatura piagnucolante morì di fame, “non volendo prendere alcun nutrimento, né pesci né conchiglie, né muschi o erbe”. Dopo la morte della sirena, Fallours ebbe “la curiosità di sollevare le pinne davanti e dietro e scoprii che aveva la forma di una donna”. Fallours affermò che l’esemplare fu successivamente trasferito in Olanda e fu perduto. La storia di questa sirena di Ambon, tuttavia, era appena iniziata.
Anni prima che Louis Renard, un commerciante di libri di origine francese che viveva ad Amsterdam, pubblicasse una versione della “sirena” di Fallours nei suoi Poissons, ecrevisses et crabes (1719), le immagini di Fallours avevano già avuto un’ampia diffusione. Tuttavia, a causa dei colori insolitamente vivaci e delle creature fantastiche rappresentate nei disegni di Fallours, molti dubitavano della loro accuratezza e veridicità. Renard era particolarmente preoccupato per la validità della sirena di Fallours ed esclamò: “Temo persino che il mostro rappresentato sotto il nome di sirena... debba essere corretto”.
I filosofi trovarono sia promesse sia disgusto nell’immagine realizzata da Fallours e nel successivo dialogo che Renard avviò con le sue lettere. Nella prefazione alla versione del 1754 di Poissons, ecrevisses et crabes di Renard, il collezionista e direttore dei serragli olandesi e del “Natuuren Kunstcabinetten des Stadhouders” Aernout Vosmaer definì “deboli” le obiezioni alla realtà dei sirenetti e sostenne che “questo mostro, se dobbiamo chiamarlo con questo nome (anche se non ne vedo la ragione)” era semplicemente in grado di evitare le trappole degli esseri umani meglio di qualsiasi altra creatura (a causa della sua natura ibrida) e quindi veniva visto raramente. A causa della somiglianza biologica dei sirenetti con gli esseri umani, inoltre, Vosmaer sosteneva che essi erano “più soggetti alla decomposizione dopo la morte rispetto al corpo di altri pesci”. Questa mancanza di conservazione non solo riduceva gli avvistamenti, ma spiegava anche la mancanza di esemplari completi nelle raccolte di curiosità.
La sirenne di Samuel Fallours.
Verso la metà del XVIII secolo, un numero crescente di medici non solo credeva nell’esistenza dei sirenetti, ma cominciava anche a chiedersi quali ramificazioni potessero avere tali creature per la comprensione delle origini e del futuro dell’umanità. Come notò G. Robinson in The Beauties of Nature and Art Displayed in a Tour Through the World (1764), “sebbene la maggior parte degli storici naturali consideri le sirene e i tritoni come animali favolosi... in quanto si può fare affidamento sulla testimonianza di molti scrittori sulla realtà di tali creature, ci sono molte ragioni per credere alla loro esistenza”. Il reverendo Thomas Smith, quattro anni dopo, portò la tesi di Robinson a una nota ancora più definitiva, affermando che, sebbene “ci siano molte persone che dubitano della realtà delle sirene e dei tritoni ... tuttavia sembra che ci siano testimonianze sufficienti per affermarla senza ombra di dubbio”. Ma il problema rimaneva: uomini come Robinson e Smith potevano basarsi solo su avvistamenti antichi, spesso ridicolizzati, o su ipotesi tenui come “prove”. Avevano bisogno di ricerche scientifiche a sostegno delle loro affermazioni e le ottennero.
Tra il 1759 e il 1775, il Gentleman’s Magazine pubblicò due articoli particolarmente importanti, ognuno dei quali affrontava il tema dei sirenetti con una metodologia scientifica unica. Il primo articolo, pubblicato nel dicembre 1759, accompagnava un’immagine su lastra di una “Sirena o tritone... che si dice sia stata esposta nella fiera di St. Germains [Parigi]” nel 1758. L’autore notava che questa sirena era stata “disegnata dal vivo... dal celebre Sieur Gautier”. Jacques-Fabien Gautier, tipografo francese e membro dell’Accademia di Digione, era ampiamente conosciuto per la sua abilità nello stampare immagini accurate di soggetti scientifici. L’attribuzione del nome di Gautier alla stampa conferì una credibilità immediata anche a un’immagine così strana; ma anche senza il nome di Gautier, la stampa e il testo che l’accompagnava si distinguevano per la loro moderna metodologia scientifica. Gautier aveva apparentemente interagito con la creatura vivente, scoprendo che era “lunga circa un metro e mezzo, viva e molto attiva, che si divertiva nel recipiente d’acqua in cui era tenuta con grande apparente piacere e agilità”.
Gautier registrò quindi che “la sua posizione, quando era a riposo, era sempre eretta. Era una femmina e i suoi lineamenti erano orribilmente brutti”. Come mostra in dettaglio la stampa allegata, Gautier trovò la sua pelle “dura, le orecchie molto grandi e le parti posteriori e la coda erano coperte di scaglie”. Secondo l’immagine, non si trattava della sirena che da tempo adornava le cattedrali di tutta Europa. Né corrispondeva alla descrizione fornita da tanti altri naturalisti e scopritori nel corso della storia. Laddove la maggior parte di essi aveva visto un’affascinante forma femminile, contraddistinta da fluenti capelli blu-verdi, la sirena di Gautier era completamente calva, con orecchie “molto grandi” e lineamenti “orribilmente brutti”. La sirena di Gautier era anche molto più piccola delle sirene tradizionali, con un’altezza di soli sessanta centimetri. Più di ogni altra cosa, la sirena di Gautier rifletteva l’approccio della metà del XVIII secolo allo studio degli aspetti meravigliosi della natura: il francese impiegava tecniche scientifiche ben riconosciute – in questo caso un’attenta ispezione dell’anatomia della creatura e un accurato disegno di accompagnamento (molto simile a quelli di altre creature illustrate all’epoca) – per mostrare come realtà ciò che molti consideravano ancora fantasia.
Gli studiosi utilizzarono la pubblicazione di Gautier per riflettere sulla legittimità dei sirenetti. Un anonimo collaboratore del Gentleman’s Magazine del giugno 1762 dichiarò che l’immagine di Gautier “sembra stabilire in modo incontrovertibile il fatto che tali mostri esistono in natura”. Ma questo autore aveva altre prove. Un’edizione dell’aprile 1762 del Mercure de France riportava che nel giugno dell’anno precedente due ragazze che giocavano su una spiaggia dell’isola di Noirmoutier (appena al largo della costa sud-occidentale della Francia) “scoprirono, in una specie di grotta naturale, un animale di forma umana, appoggiato sulle mani”. Con una mossa piuttosto morbosa, una delle ragazze trafisse la creatura con un coltello e l’osservò mentre “gemeva come una persona umana”. Le due ragazze procedettero quindi a tagliare le mani della povera creatura “che avevano dita e unghie abbastanza formate, con membrana tra le dita”, e chiesero l’aiuto del chirurgo dell’isola che, vedendo la creatura, registrò:
“era grande come l’uomo più grande... la sua pelle era bianca, simile a quella di un annegato... aveva i seni di una donna matura, un naso piatto, una bocca grande, il mento ornato da una specie di barba, formata da conchiglie sottili; e su tutto il corpo, ciuffi di conchiglie bianche simili. Aveva la coda di un pesce e all’estremità una specie di piedi.
Una storia del genere, se raccontata da un chirurgo esperto e fidato, non faceva che confermare ulteriormente la ricerca di Gautier. Per un numero crescente di inglesi del XVIII secolo, i sirenetti esistevano, avevano una sorprendente somiglianza con gli esseri umani e dovevano essere studiati a fondo.
La sirena di Gautier.
Nel maggio 1775 il Gentleman’s Magazine pubblicò il resoconto di una sirena “catturata nel golfo di Stanchio, nel Mar Egeo, da un mercantile che commerciava in Anatolia” nell’agosto 1774. Come la “sirena” di Gautier del 1759, anche questo esemplare era disegnato e descritto nei dettagli. Tuttavia, l’autore prese le distanze da Gautier, notando che la sua sirena “differisce materialmente da quella mostrata alla fiera di St. Germaine, alcuni anni fa”. In una svolta particolarmente interessante, l’autore utilizzò il confronto delle due stampe di sirene per speculare su questioni di razza e biologia, sostenendo che “c’è ragione di credere che esistano due generi distinti o, più propriamente, due specie dello stesso genere, l’una somigliante ai neri africani, l’altra ai bianchi europei”. Mentre la sirena di Gautier “aveva, sotto ogni aspetto, il volto di un negro”, l’autore trovò che la sua sirena mostrava “i tratti e la carnagione di un europeo. Il suo viso è come quello di una giovane donna; i suoi occhi sono di un bel blu chiaro; il suo naso è piccolo e bello; la sua bocca è piccola; le sue labbra sono sottili”.
Gli scrittori inglesi della prima età moderna si appoggiarono a due stereotipi per mercificare e denigrare i corpi femminili africani, come ha dimostrato la storica Jennifer L. Morgan. In primo luogo, “contrapponevano convenzionalmente la figura femminile nera a quella bianca – e quindi bella”. In questo caso l’autore del 1775 è perfettamente in linea, paragonando la sirena “negra” e “orrendamente brutta” di Gautier alla sua bella sirena con i “lineamenti e la carnagione di un’europea”. In secondo luogo, i primi europei moderni si concentrarono sulla presunta “barbarie legata al sesso e alla riproduzione” delle donne africane per poi rivolgersi alle “donne nere come prova di un’inferiorità culturale che alla fine venne codificata come differenza razziale”. I naturalisti non solo utilizzavano la scienza dei sirenetti per comprendere più a fondo l’ordine naturale delle creature marine, ma utilizzavano anche le loro interpretazioni di questi esseri misteriosi per riflettere sulla posizione degli esseri umani – soprattutto degli esseri bianchi – in un quadro biologico e razziale in continua evoluzione.
Carl Linnaeus e il suo allievo Abraham Osterdam complicarono ulteriormente la narrazione della classificazione e della legittimità. Sebbene l’Accademia svedese non avesse trovato nulla nella ricerca della sirena di Linneo nel 1749, Linneo e Osterdam presero in mano la situazione pubblicando nel 1766 una dissertazione sulla Sirena lacertina (la Sirena lucertola). Dopo aver fornito un lungo elenco di avvistamenti di sirene nel corso della storia nelle pagine iniziali di questa dissertazione, essi riportarono una miriade di casi di “animali e anfibi meravigliosi” che assomigliavano molto alle creature della tradizione e, di conseguenza, rendevano difficile la classificazione. Alla fine, giudicarono questa creatura simile a una sirena “degna di un animale che dovrebbe essere mostrato a coloro che sono curiosi, perché è una forma nuova”. Il “padre della classificazione” aveva apparentemente scoperto un pezzo “degno” del puzzle naturale che collegava l’uomo (anche se alla lontana) agli animali del mare. La Sirena lacertina, inoltre, confondeva ulteriormente le linee di classificazione che Linneo aveva sviluppato con tanto orgoglio, suggerendo che forse gli esseri umani potevano trovare una qualche lontana parentela con le creature anfibie.
Le indagini dei filosofi del XVIII secolo sui sirenetti rappresentano sia la resistenza della meraviglia sia l’emergere della scienza razionale durante il periodo dell’Illuminismo. Un tempo al centro del mito e ai margini della ricerca scientifica, ora sirene e tritoni attiravano costantemente l’attenzione dei filosofi. Inizialmente queste ricerche erano relegate ad articoli di giornale, a brevi citazioni nei racconti dei viaggiatori o a dicerie, ma dalla seconda metà del Settecento i naturalisti cominciarono ad avvicinarsi ai sirenetti con una moderna metodologia scientifica, sezionando, conservando e disegnando queste misteriose creature con il massimo rigore. Alla fine del Settecento, sirene e tritoni si affermarono come alcuni degli esemplari più utili per comprendere le origini marine dell’umanità. La possibilità (o, per alcuni, la realtà) dell’esistenza delle sirene costrinse molti filosofi a riconsiderare le precedenti misure di classificazione, i parametri razziali e persino i modelli evolutivi. Mentre un numero sempre maggiore di pensatori europei credeva – o perlomeno contemplava la possibilità – che “tali mostri esistono in natura”, i filosofi illuministi fondevano il meraviglioso e il razionale per comprendere il mondo naturale e il posto dell’umanità in esso.
Notizie sull'autore
Vaughn Scribner è professore associato di storia britannica e americana presso la University of Central Arkansas. È autore di Inn Civility: Urban Taverns and Early American Civil Society (2019) e Merpeople: A Human History (2020). Attualmente sta lavorando al suo terzo libro – Under Alien Skies: The Climate of War in Revolutionary America – che sarà la prima monografia di storia ambientale della Rivoluzione americana.
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