A partire dal 1500 fino alla fine della Prima Guerra Mondiale rimase in vita un Sistema Internazionale basato sull'equilibrio tra le varie potenze che non solo non servì a mantenere la pace tra le Nazioni, ma causò conflitti sanguinosi. La pace di Versailles dopo il primo conflitto mondiale lo scardinò completamente, ma invece di creare un sistema migliore, gettò le basi per la Seconda Guerra Mondiale. Approfondimento che piacerà agli appassionati di Ucronie, con punti di digressione ben determinati.
Alcuni studiosi, storici e politologi, sono concordi nel sostenere che la storia europea dal 1500 al 1945 sia caratterizzata da una stagione di conflittualità endemica circoscritta, a volte, da periodi di pace. Vengono poste queste due date perché significative per determinare la nascita e la fine di differenti sistemi internazionali; la prima è l'anno di nascita di Carlo V, sovrano di un regno "su cui non tramontava mai il sole", la seconda, molto più nota, rappresenta la fine della barbarie della Seconda Guerra Mondiale.
Carlo VIII, re di Francia, il primo che ruppe il "sistema d'equilibrio" rinascimentale che regolava i rapporti di forza europei.
Gli studiosi di vita internazionale hanno coniato per identificare questo lasso di tempo, il termine "guerra costituente" ovvero un conflitto talmente carico di importanza da creare, al suo termine, un nuovo sistema internazionale, un differente ordine mondiale. Cos'è un sistema internazionale? Quali sono le sue origini?
Per rispondere a tale quesito, bisogna tornare al 1454 quando in Italia la pace di Lodi, garantita dal prestigio e dalla forza della Toscana di Lorenzo il Magnifico, creò le basi per quello che passerà alla storia come "principio d'equilibrio". Un sistema costruito con alleanze strategiche, in modo da evitare l'egemonia di un solo Stato nella Penisola mediterranea e inoltre sancire la pace tra i vari regni italiani. L'obiettivo venne raggiunto grazie all'efficacia della novità e alla nascita di una diplomazia che divenne "stabile"; gli ambasciatori avevano l'autorità di entrare nelle città, un tempo ostili, e di monitorare i movimenti politici e governativi del Paese ospite; fungevano da tramite con la madrepatria, ma anche da vere e proprie spie in territorio straniero.
Possiamo dunque affermare che l'Italia, nella seconda metà del 1400, oltre a essere la culla di cultura e arte, fu anche madre di un efficace e vitale principio che segnerà la futura vita politica europea e mondiale. L'equilibrio italiano venne spezzato nel 1498, con la discesa di Carlo VIII; questo è un altro momento molto importante per gli studiosi, dopo questa data, infatti, quell'equilibrio nato e circoscritto alla sola Penisola venne esportato oltre i confini italiani.
Bisogna però attendere il 1559 e la pace di Cateau-Cambresis perché tale sistema entri in funzione tra le potenze del continente. E' infatti con la pace delle Due Dame che gli Stati europei si impegnarono a creare un ordine internazionale basato sull'equilibrio, onde evitare sogni egemonici come quelli dell'imperatore Carlo V. Il concetto di "bilancia dei poteri" nacque in tale contesto, col passare degli anni, a causa di altri conflitti costituenti, cambiò alcune caratteristiche, ma le sue fondamenta affondarono sempre nella teoria anti-egemonica sancita a Lodi nel 1454.
Anche se nel 1559 i vari Paesi adottarono il principio dell'equilibrio, guerre importanti e catastrofiche scoppiarono come epidemie: ricordiamo la guerra dei 30 anni (1618-1648), la guerra di successione spagnola (1701-1713), le campagne napoleoniche (1799-1815), la Grande Guerra (1914-1918) e la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Ognuna di esse sancì la nascita e la fine di un nuovo sistema. Come dimenticare la pace di Westfalia, quella di Utrecht, il famoso Congresso di Vienna, le trattative di Versailles e la Conferenza di Yalta? Tutte paci che cercarono di ridare la stabilità, tentarono, basandosi sull'antico equilibrio italiano, di riorganizzare il sistema internazionale.
Una definizione, quindi, di "sistema internazionale" potrebbe essere: quadro complesso, basato sulla spartizione della potenza fra gli Stati (equilibrio) e su reti di alleanze, impostato per garantire la pace e scongiurare guerre di conquista. Come abbiamo detto tale idea subì nell'arco degli anni, secondo la situazione, alcuni cambiamenti: l'Inghilterra, per esempio, nel 1713 con la pace di Utrecht, oltre a sancire con la potenza della Royal Navy il controllo totale dei mari, divenne il "gendarme d'Europa"; da allora fino al 1919 la politica del leone inglese ebbe come obiettivo primario evitare a ogni costo l'egemonia di una sola potenza in Europa. Pensiamo inoltre al nuovo ordine sancito nel 1815 a Vienna e ai suoi principi ispiratori, legittimità e restaurazione, che soffocarono gli ideali della Rivoluzione Francese e che animarono le scelte politiche all'indomani della sconfitta del Bonaparte. Ricordiamo infine il sistema di alleanze che ricoprì sempre un ruolo di prim'ordine nelle menti di grandi statisti: vennero siglate la Triplice e la Quadruplice Alleanza nel 1717-1718; l'unione delle tre potenze conservatrici, Austria, Prussia e Russia, avvenne nel 1815 con la Santa Alleanza e poi il delicato, ma sagace sistema bismarckiano e infine la nascita dell'Intesa e degli Imperi Centrali.
Dunque, a partire dal 1559, ogni sistema nato da una trattativa di riconciliamento ebbe determinate caratteristiche, alcune innovative, altre di "vecchio" stampo. Quello che però venne sancito a Versailles nel 1919 fu completamente rivoluzionario, sconvolse ogni tradizionale teoria politica e segnò in modo indelebile il destino dell'Europa.
La Grande Guerra aveva avuto, come sostiene E. Hobsbawn "scopi illimitati", ma anche i diplomatici delle potenze vincitrici ritennero di avere le facoltà di poter cambiare ogni cosa a loro piacimento senza regole, senza il rispetto per la pace.
La tradizione internazionale venne calpestata dalle nuove idee messe sul tavolo delle trattative dal presidente americano Wodroow Wilson, tutto si tramutò da "guerra di potenza" a "guerra ideologica" e quindi anche i metodi di fare la pace cambiarono. Sono curiosi i termini usati, nati tra il 1917 e il 1919. ma che rimangono di estrema attualità. Wilson, infatti, una volta entrato effettivamente nel conflitto (1917) iniziò la predicazione di una "guerra giusta", intervento americano necessario al fine di "rendere il mondo sicuro per la democrazia"; è in sostanza la stessa teoria che anima le menti dei falchi statunitensi di oggi.
David Lloyd George, Vittorio Orlando e George Clemenceau dovettero fare i conti con tali idee e non poterono opporvisi, in realtà non ci provarono neppure, la potenza americana era diventata enorme, nessuno osava sfidarla. Si delinea così un'ulteriore peculiarità di Versailles, ovvero la comparsa improvvisa di uno Stato rimasto fino ad allora avvolto dallo splendore dell'isolamento, cresciuto basandosi sugli ammonimenti del testamento di G. Washington e della dottrina Monroe: gli Stati Uniti d'America.
Mai prima di allora era accaduto un fatto simile, la potenza americana irruppe come un uragano sulla scena internazionale, sconvolgendone meccanismi e strutture. Ricoprì dal 1914, grazie ai copiosi crediti forniti all'Intesa, il ruolo di Nazione dominante e grazie alla vertiginosa crescita economica dettò legge durante le trattative del 1919.
Firma della Pace di Versailles al Palace des Glaces.
Dall'alto del trono finanziario e guardando il Vecchio Continente con superiorità, gli Stati Uniti vollero costruire un sistema che rispecchiasse le qualità della loro Repubblica: democrazia, giustizia, pace e autodeterminazione. Un popolo, uno stato; ecco ciò che Wilson pensava mentre scriveva i suoi 14 punti. In virtù di tale principio, sulle ceneri dell'Austria-Ungheria e dell'Impero Ottomano vennero costruite Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Iugoslavia. Si discusse a lungo sui confini geo-politici delle neo-nazioni con uno sguardo anche a un'eventuale allargamento della Russia comunista. Vennero però completamente ignorati i popoli che non ebbero alcuna voce in capitolo; la questione magiara ne è un esempio.
Questo fu un errore che ben presto si rivelò imperdonabile. Nel primo dopoguerra si accesero numerosi focolai di ribellione che divamparono in furiose crisi internazionali. Il nuovo ordine mondiale cercò di ridare stabilità all'Europa e oltre alla democratizzazione dei vinti, si mise in atto un'altra idea wilsoniana per una pace duratura: la Società delle Nazioni. Wilson la definì come "comunità di potenza, legittimata dall'opinione pubblica"; in realtà doveva essere un'organizzazione internazionale che sostituisse l'Inghilterra nel ruolo di "gendarme d'Europa" e che avesse le facoltà, grazie ai Paesi in essa riuniti, di risolvere le crisi di potenza e di evitare lo scoppio di nuove guerre. L'idea non era del tutto innovativa, già nel 1700 alcuni autori avevano scritto riguardo alla creazione di una Società Internazionale che garantisse la pace perpetua, ma solo a Versailles tale principio venne messo in atto.
I risultati furono però disastrosi, i vinti e la Russia non vennero inclusi nei primi accordi e gli Stati Uniti, con un voto contrario del Senato (1920), a causa dell'avversa opinione pubblica, si astennero dalla loro stessa iniziativa. La debolezza della Società delle Nazioni, rimasta tra le sole mani di Inghilterra e Francia, venne evidenziata nell'immediato futuro; le furono sottoposti 16 conflitti, nessuno dei quali fu risolto con un intervento deciso.
I vincitori pensarono anche al futuro della Germania. L'Austria-Ungheria e l'Impero Ottomano erano solo un ricordo, quindi la nazione tedesca fu l'unica imputata. Essa venne considerata "malvagia e dittatoriale", tutto il popolo tedesco era colpevole e quindi ogni singolo abitante del paese doveva essere punito. Questo fu del tutto nuovo alla prassi comune di fare la pace, a Vienna nel 1815 solo Napoleone fu ritenuto colpevole, la Francia come Nazione non venne accusata anzi mantenne lo status di potenza continentale e prese parte a quello che Chabod ricorda come "concerto delle grandi potenze". La Germania nel 1919 venne invece annientata, la pace punitiva promossa dal governo francese la piegò sia politicamente sia economicamente; ciò fu un ulteriore grave errore. Il Nazismo trovò numerosi elettori tra il popolo che soffriva la fame e la disoccupazione, ma che soprattutto odiava il diktat di Versailles e covava idee "revanchiste".
Se riguardiamo la definizione di sistema internazionale data all'inizio, ci accorgiamo che quello creato a Versailles non ha nessuna di quelle caratteristiche. Il "vecchio" concetto di equilibrio nato in Italia venne spazzato via dalle brame egemoniche della neo-potenza americana, il sistema delle alleanze venne sostituito dalle nuove ideologie e la stessa idea di pace venne messa da parte. Democrazia, autodeterminazione, guerra giusta, pace punitiva sono termini di attuali conflitti, sbagliati ora, male attuati nel presente e sicuramente troppo innovativi e rivoluzionari all'inizio del XX secolo, quando il mondo era forse ancora troppo conservatore e "antico nella mentalità". Purtroppo, però, come accade ancora oggi, lo strapotere americano vinse lo scontro, la novità ebbe la meglio sulla tradizione. Venne creato un sistema sbagliato che non garantì né pace né stabilità, ma che scrisse il futuro europeo, lo scrisse col sangue di 50 milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale che da esso nacque vent'anni più tardi.
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