The king - Il re nero

Recensione a cura di Francesco Riva, Elisabetta Torrisi, Giuseppe Fortini

The king - Il re nero, romanzo fantasy di Marco Menozzi - Immagineriprodotta su autorizzazione dell'editore

Analisi sintetica: Aquisto consigliato
Costo: Euro 19,50

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Analisi approfondita: The king - Il re nero di Mark Menozzi è un romanzo rivoluzionario destinato a stravolgere il genere fantasy? No, non ci spingeremo ad affermarlo. L'opera è capace di farsi apprezzare e vale, in definitiva, il denaro speso per acquistarla? La risposta è altrettanto netta: sì, senza alcun dubbio.

Le due risposte, solo in apparenza contraddittorie, meritano una giustificazione.

Spesso, forse troppo, all'uscita di una nuova opera di narrativa fantastica, il battage pubblicitario che la circonda è costretto a vivere di iperboli ed espressioni assolute, tanto che gli stessi lettori sono portati ad avere aspettative eccessive. Altrettanto spesso, esse rimangono insoddisfatte dopo la lettura. Abbiamo parlato di necessità di iperboli in quanto ogni nuovo autore del fantastico deve confrontarsi con nomi quali Lovecraft, Asimov e, nello specifico del fantasy, con le altissime vette letterarie e il clamoroso successo della trasposizione cinematografica dell'opera principale di uno scrittore quale J.R.R. Tolkien. Il confronto con tali autori può spesso risultare impari e, allo stesso tempo, ingiusto.

Infatti, come gli scrittori di narrativa main stream non sono tutti degli Hemingway, dei Salinger o dei Moravia, pur avendo un proprio messaggio da trasmettere, così chi si cimenta nella costruzione di un mondo fantasy e nella narrazione delle sua storia e delle sue cronache non deve necessariamente subire da subito confronti tanto impegnativi.

Se un romanzo riesce a "farsi leggere" - situazione sempre più rara nel panorama letterario del fantastico moderno - e a condurre diligentemente per mano il lettore nel suo viaggio nell'immaginario proposto, ha già raggiunto un obiettivo non indifferente. E The king - Il re nero ha un successo pieno nell'ottenere questo risultato.

Mark Menozzi vi riesce in modo semplice eppure completo. Per cominciare, mette a proprio agio il lettore immergendolo in un fantasy classico, con razze ben conosciute, tra le quali spiccano, solo per citarne alcune, gli Alti Elfi, gli Elfi Oscuri, i Goblin, gli Uomini nonché Dei e Demoni, per descrivere appieno il mondo di Valdar, vero protagonista del romanzo. Altrettanto conosciute, soprattutto ad assidui fruitori dei giochi di ruolo, sono le classi in cui tali razze si suddividono. Infatti, si troveranno Guerrieri, Maghi, Stregoni, Assassini, Negromanti, Sciamani e molti altri personaggi che rientrano in una suddivisione tipica dell'Umanità (e Non Umanità) del fantasy classico, nello specifico di quest'opera più eroico che non epico, volendo utilizzare anche noi delle classificazioni standard del genere.

Sebbene il lettore non si senta mai confuso o disorientato grazie a questo approccio, il romanzo non scade neppure nello scontato o nel noioso, nel déjà vu, nemmeno nella partenza lenta, necessaria per l'introduzione dei diversi personaggi e dell'ambientazione in un'opera lunga più di cinquecento pagine. Le descrizioni che accompagnano razze e classi sono abbastanza particolareggiate là dove altri autori danno per scontata la conoscenza di anatomia o temperamento di questa o di quella creatura fantastica, tralasciando completamente ed erroneamente quella facilitazione del passaggio dalla lettura alla rappresentazione mentale che invece contribuisce al coinvolgimento nella narrazione.

Tutto ciò, comunque, non sarebbe sufficiente a giustificare il positivo giudizio iniziale se non ci fosse l'introduzione nel romanzo delle genti del Warantu e del loro Principe Manatasi.

Per chi abbia una qualche conoscenza delle guerre coloniali inglesi in Africa nel XIX secolo, questo personaggio e il suo popolo non potranno che richiamare figure quali Shaka degli Zulu o qualche altro fiero regnante indigeno del Basutoland o della Rodhesia. Portamento regale per natura, sempre accompagnato dal proprio rudimentale scudo ovale e dalla fidata assegai, la corta lancia tribale, Manatasi è un eroe orgoglioso non soltanto di sé stesso - e lo è molto, fidativi, dal momento che la modestia non è certo la sua qualità migliore - ma in particolare della propria pelle nera, della negritudine che lo caratterizza e che, se non ci trovassimo alle prese con un romanzo fantasy, ci verrebbe voglia di collegare al Black Power statunitense degli anni sessanta del secolo scorso.

Questa differenziazione subraziale tra gli Uomini, la quale va oltre le differenze culturali e religiose che solitamente caratterizzano il genere, si percepisce appieno nel corso dell'intero romanzo e lo impreziosisce, lo specifica appieno nell'approccio alla vita e, di conseguenza, alla storia che vivrà il nostro eroe.

Abbiamo parlato di eroi, perché pur sempre di heroic fantasy si tratta, ma sono eroi del tutto particolari quelli presenti in The king - Il re nero. Peccano d'orgoglio e uccidono senza ripensamenti quando serve (Manatasi), mentono con una certa facilità (il suo Sciamano Sirasa), hanno tremende colpe passate ancora da scontare (l'Elfo Oscuro, lo Shaziro Gulneras) e mostrano altre sfaccettature di sentimenti e approcci ambivalenti che mal si conciliano con l'eterna lotta tra Bene e Male, tanto che non sono poi così diversi dai loro antagonisti, quali l'Assassino Jagred e lo Stregone Egenrauch o altri Elfi Oscuri e Goblin. Sono personaggi che si avvicinano più alla Luce o all'Oscurità, secondo le vicende della vita, senza essere veramente divisi da quella muraglia impenetrabile presente in altri romanzi o saghe.

Naturalmente non poteva mancare un occhio di riguardo alla magia e alle differenze culturali e di religione sul mondo di Valdar. Anche in questo caso, pur con alcuni richiami classici alla tradizione norrena - la presenza degli Elfi lo rende necessario - è lo spiritismo africano a fare da padrone. Soluzione gratificante e avvincente per chi non lo ha mai conosciuto, piacevole sorpresa per chi invece ha un'infarinatura culturale adatta a riconoscerlo.

In ultima analisi, la trama e l'intreccio del romanzo, pur essendo gradevoli, passano quasi in secondo piano davanti alla costruzione originale del mondo di Valdar e della magia che lo governa. Anche a Mark Menozzi, tuttavia, nella narrazione sono scappati alcuni anacronismi, come la presenza di prostitute minorenni (davvero esiste una minore età per le donne in un romanzo fantasy con un'ambientazione medieval-tribale?) e citazioni contraddittorie della tradizione nordica, ma sono piccolezze di nessun conto nell'insieme narrativo. Il fantasy, dopo tutto, non appartiene al filone del romanzo storico, nonostante la documentazione di base possa essere largamente coincidente.

Sì, The king - Il re nero riesce proprio a farsi leggere e apprezzare, e a non far rimpiangere il suo acquisto, a differenza di altro fantasy nazionale. Con le parole del suo protagonista è un bene che "il mondo conosca Manatasi Principe delle Quattordici Tribù e, con me, tutte le genti del Warantu. Voglio che, una volta conosciuti, ci rispettino. E se per farlo dovrò parlare con quel loro dio Dayros e far scrivere il mio nome sulla Ruota del Fato, ebbene giuro che lo farò."

In tutta sincerità, da lettori, come si può resistere a tale forza di volontà?

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