- Prima parte: John Dee (questa pagina);
- Seconda parte: Cacciatori di fantasmi di ieri e di oggi
John Dee fu astronomo, cartografo, matematico, consigliere di stato della Regina Elisabetta I d'Inghilterra, esperto di problemi coloniali e della marina da guerra inglese a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Tuttavia, la sua maggior fama, per non dire famigeratezza, è dovuta alla sua ossessione per la parapsicologia. La comunicazione con il mondo degli spiriti e la chiaroveggenza in generale, nel tentativo di acquisire il segreto della pietra filosofale, furono al centro delle sue ricerche praticamente per la sua intera vita, procurandogli gioie, ma soprattutto dolori, disavventure tragicomiche, un pericoloso processo e persino un assalto contadino alla propria casa, al grido di "Al rogo lo stregone!".
Ritratto anonimo di John Dee, attualmente conservato nell'Ashmolean Museum, Oxford, Regno Unito.
Il nome del dottor John Dee (1527-1608) è oggi scarsamente conosciuto, ma egli ha ben precisi motivi per essere ricordato. Fu uno dei primi scienziati del periodo Tudor nella storia inglese. Fu famoso come matematico, astronomo e filosofo non solo nella sua terra natia, ma anche in tutti i centri europei di sapere. Prima dei vent'anni aveva concluso un notevole trattato di logica e lasciò dietro di sé dopo la propria morte un totale di quasi cento lavori sui più disparati soggetti. Fu il tramite per l'introduzione in Inghilterra di strumenti astronomici prima inutilizzati in quel paese. Le sue lezioni sulla geometria furono la delizia di tutti coloro che le ascoltarono. Durante il regno di Elisabetta I fu frequentemente consultato dai più importanti ministri della Corona in merito agli affari di Stato e fu confidente della regina stessa che più di una volta lo impiegò in missioni segrete. Si occupò di faccende quotidiane come di questioni teoretiche.
La riforma del calendario ebbe lungamente la sua attenzione. Mappò per conto di Elisabetta i suoi distanti domini coloniali. Predicò inoltre la dottrina della potenza navale e, come Hakluyt, perorò la costituzione di una forte marina. Egli fu, in qualche modo, partecipe nello schema di Sir Humphrey Gilbert per la colonizzazione del Nuovo Mondo.
In una parola, John Dee fu un uomo straordinariamente eclettico in un'epoca particolarmente feconda di uomini eclettici. Detto ciò, il catalogo dei suoi interessi e conseguimenti non è affatto esaurito. In verità, il principale motivo di fama - e, abbastanza paradossalmente, la principale ragione per cui la sua reputazione praticamente morì insieme a lui - risiede nel fatto che fu uno dei primi ricercatori parapsicologici, in un tempo in cui tutti gli uomini possedevano senza esitazioni la fede nell'imponente presenza degli spiriti e del loro costante intervento. A incoraggiarlo nel suo zelo alla caccia dei fantasmi fu la speranza che gli spiriti, se effettivamente individuati, potessero ricompensare la sua impresa svelando un segreto che era stato a lungo la disperazione degli scienziati medievali, il segreto della pietra filosofale, della preziosa formula per cui i metalli più vili potevano essere trasformati in scintillante oro. Col più vigoroso entusiasmo, perciò, Dee si mise al lavoro e sebbene gli spiriti con cui in definitiva fu in costante comunicazione non gli portarono alcun oro, ma molte tribolazioni, egli rimase un ardente ricercatore parapsicologico fino al giorno della sua morte.
E' impossibile dire quando iniziò l'esplorazione del mondo invisibile, ma dovette essere a un'età molto giovane, perché era a malapena venticinquenne quando si diffuse la diceria che si dilettasse nella magia nera. Due anni più tardi, nel 1554, fu accusato di aver attentato alla vita della Regina Mary tramite incantesimi e fu gettato in prigione per quest'accusa. Come compagno di cella ebbe Barthlet Green che si separò da lui solo per incontrare un'atroce morte tra le fiamme come arci-eretico. Dee stesso fu minacciato col rogo e fu messo veramente sotto processo con in gioco la sua vita davanti alla temuta Corte della Camera Stellata, ma sembra aver avuto, nel corso della sua intera carriera, una personalità magnetica e vincente. Riuscì a convincere i suoi giudici sia della propria innocenza da disegni cospiratori sia della sua ortodossia religiosa e gli fu perciò permesso di ritornare in libertà. Elisabetta, alla sua ascesa al trono, naturalmente lo guardò con favore, in quanto perseguitato dalla sorella e ancora con più favore in quanto era ampiamente risaputo che fosse sul punto di fare la grande scoperta per cui altri alchimisti avevano lavorato invano. Un uomo che un giorno avrebbe potuto creare oro a volontà non si poteva certo disprezzare; piuttosto, se ne doveva coltivare l'amicizia. Né la sua stima per Dee fu diminuita dal successo con cui, tramite calcoli astrologici, egli nominò un giorno favorevole per la sua incoronazione e, poco più tardi, con un solenne controincantesimo, evitò gli effetti malefici dell'incidente di Lincoln's Inn Fields, quando una bambola di cera, rappresentante Elisabetta, fu trovata a terra con un lungo spillo infisso nel petto.
Nei fatti, comunque, Dee non fece passi avanti né nella sua ricerca della pietra filosofale né nei suoi sforzi di provare l'esistenza di un mondo spirituale. Invano si concentrò su qualsiasi lavoro di occultismo su cui potesse mettere le mani e provò tutti i mezzi conosciuti di incantesimo. Gli anni passarono senza risultati, finché non si imbatté nell'espediente della sfera di cristallo. Come qualsiasi studente di parapsicologia sa, se si prende un cristallo o un bicchiere d'acqua o altro corpo con una superficie riflettente e lo si osserva fermamente, potrebbe essere possibile percepire, dopo un tempo più o meno lungo, vaghe immagini di persone o scene dentro la sostanza che possono attrarre l'attenzione. Fu così che Dee, non avendo alcuna comprensione delle leggi dell'azione del subconscio mentale, arrivò presto alla conclusione che quelle vaghe figure che vedeva nel cristallo fossero veri spiriti. Da ciò fu un passo semplice immaginare che essi gli parlassero realmente e che cercassero di trasmettergli la conoscenza di grandi segreti di questo mondo e del prossimo.
La sola difficoltà consisteva nel non comprendere ciò che dicevano o, piuttosto, cosa si immaginava gli dicessero. L'ovvia cosa da fare fu trovare un chiaroveggente col dono del linguaggio spirituale e indurlo a interpretare a beneficio di Dee le rivelazioni delle immagini nel vetro. Tale chiaroveggente si presentò nella persona di un giovane chiamato Edward Kelley. Tra le persone comuni, come Dee ben sapeva, Kelly aveva la reputazione di essere un audace e temibile mago. Era nato a Worcester e si era specializzato in farmacia, ma tentato dalla prospettiva di assicurarsi grandi ricchezze col minimo sforzo, si era trasformato in alchimista e mago. Si vociferava che almeno in un'occasione avesse disotterrato un cadavere da poco sepolto e che tramite i suoi incantesimi avesse obbligato lo spirito dell'uomo morto a parlargli. E' sicuramente più vero il resoconto che indossasse uno stretto zucchetto per nascondere la perdita delle orecchie, lasciate in pegno al Governo d'Inghilterra per la sua condanna per falso. Di quest'ultimo spiacevole incidente, pare che Dee non abbia mai saputo niente. A ogni modo, con fiducia fanciullesca, egli andò da Kelley e gli disse delle proprietà della sua sfera magica che l'ormai infatuato dottore rappresentò come conferitagli dall'angelo Uriel. E domandò a Kelley se potesse interpretare per lui le meravigliose parole degli spiriti.
Kelly, da uomo scaltro e senza scrupoli come qualunque altro negli annali degli impostori, prontamente acconsentì, ma in base a termini piuttosto gravosi. Egli doveva essere assunto come fosse un membro della famiglia Dee, mantenuto a contratto, e pagato con una rendita annua di cinquanta sterline, una cifra abbastanza ingente per quei tempi. Dopo questo accordo, egli si mise al lavoro e, giorno dopo giorno, per anni, regalò al credulone Dee monologhi appositamente consegnati dagli spiriti della sfera. Dee annotò fedelmente tutto ciò che Kelly gli disse e molti anni più tardi, molto dopo che Dee e Kelly era finiti nelle loro tombe, queste note manoscritte delle sedute spiritiche furono pubblicate. Il volume che le conteneva - un folio massiccio e fittamente stampato intitolato "Una fedele e vera relazione di ciò che accadde per molti anni tra il Dr. John Dee e alcuni spiriti" - è una delle più grandi curiosità della letteratura.
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Edward Kelly e John Dee nell'atto di evocare una persona deceduta. Disegno originale di Ebenezer Sibly in "Astrology, A New and Complete Illustration of the Occult Sciences" dello stesso autore, M.D. F.R.H.S, Londra, 1806.
A fianco delle esoteriche e trascendentali dichiarazioni che Kelly accreditò agli spiriti, egli introdusse intelligentemente sufficienti riferimenti all'elisir di lunga vita e alla trasmutazione dei metalli per tenere viva in Dee la speranza di risolvere alla fine i problemi cruciali della scienza medievale. Tutto il denaro che Dee poteva procurarsi fu speso in ingredienti per formule magiche e il suo entusiasmo lo portò così lontano da ridursi in povertà. Divenne così povero, in effetti, che quando, nell'estate del 1583, il Conte di Leicester annunciò la sua intenzione di portare un nobile visitatore straniero, il Conte Albert Lasky di Boemia, a cenare da Dee, l'infelice dottore fu costretto a far dire che non poteva provvedere a un'adeguata cena. Leicester, mosso a compassione, riportò tale condizione alla regina che subito sconfessò la sua reputazione d'avarizia conferendo un dono al Saggio di Mortlake, come Dee era ora conosciuto a Corte. La cena ebbe quindi luogo e fu un grande successo, in molti sensi.
Lasky risultò essere un uomo eccessivamente eccitabile e impressionabile, e la sua curiosità fu tanto stimolata dai discorsi occulti del suo ospite che egli lo pregò di essere ammesso alle sedute spiritiche. Sempre aperto alle occasioni, Kelley, dopo alcune sedute preliminari alquanto pittoresche, inspirò gli spiriti a predire che Lasky sarebbe stato un giorno eletto Re di Polonia. Non ci volle altro per indurre il felice e speranzoso Conte a invitare Dee e Kelly a ritornare con lui in Boemia. Egli promise che li avrebbe protetti e mantenuti. Avrebbero vissuto con lui nel suo turrito castello, in cambio di nulla. Essendo questa, in verità, una piacevole via d'uscita dalla loro presente povertà, Dee e Kelly acconsentirono prontamente. Né lasciarono l'Inghilterra troppo presto. Si erano da poco imbarcati quando una folla, indotta alla furia da timori superstiziosi, si introdusse nella casa del filosofo a Mortlake e distrusse quasi tutto ciò che non venne rubato: mobili, libri, manoscritti e costosi apparati scientifici.
Di questo, comunque, Dee per il momento non ne seppe nulla. Né, nonostante i lunghi rapporti con gli spiriti, fu capace di prevedere che si stesse imbarcando in una carriera di tragica avventura capitata a pochi scienziati. All'inizio, comunque, tutto andò abbastanza bene. Lasky intrattenne i suoi dotti ospiti in maniera sontuosa e indossando il loro abbigliamento costituito da una lunga e fluente toga, si unì a loro nelle cerimonie della stanza degli spiriti. Ma col passare del tempo e il mancato ritorno a suo favore dei loro incantesimi, egli perse gradualmente pazienza e suggerì sommariamente che fosse meglio trasferire i loro servizi presso un altro mecenate. Al che, seguito da vicino dall'irreprensibile Kelley, Dee si spostò alla corte dell'imperatore, Rodolfo II, a Praga. Aveva dedicato uno dei suoi trattati scientifici al padre dell'imperatore e nella sua semplicità pensava che ciò gli avrebbe assicurato un caldo e duraturo benvenuto. Ma Rodolfo, dall'inizio, si mostrò lontano dall'essere bendisposto verso Dee, Kelley e il loro connesso seguito di spiriti invisibili. Quando Dee si presentò magniloquentemente, in un'orazione latina, come messaggero del mondo invisibile, l'imperatore lo richiamò bruscamente con l'osservazione che lui non comprendeva il latino. E il giorno seguente, dietro richiesta del nunzio papale, fu dato ordine che Dee e Kelley fossero arrestati e inviati a Roma per essere processati come negromanti. Prima del calare della sera, essi erano in piena fuga e rimasero vagabondi senza casa finché un altro conte boemo, sentito della loro presenza nei suoi domini, li prese sotto la sua protezione alla condizione che essi rifornissero il suo tesoro convertendo dell'umile peltro in argento e oro.
Elisabetta I d'Inghilterra fu grande protettrice di John Dee per poi disinteressarne quasi completamente nell'ultima parte della sua vita.
In ciò, naturalmente, essi fallirono e i successivi anni della loro vita furono anni di grande miseria. Questo, almeno, per quel che riguarda Dee. Kelly, con impietosa insistenza, prelevò la sua paga regolarmente e quando i fondi non erano disponibili, si rifiutava di agire come chiaroveggente e interprete degli spiriti. In una di quelle occasioni, Dee tentò di rimpiazzarlo addestrando suo figlio, Arthur Dee, come chiaroveggente. Provando per quanto poté, il ragazzo disse che non era capace di vedere nulla nella sfera tranne nuvole senza significato e puntini. Se Dee non fosse stato infatuato, tutto ciò l'avrebbe disilluso e convinto che Kelly aveva semplicemente sfruttato la sua credulità. Ma il vecchio uomo - era ormai molto avanti con gli anni - vide nel fallimento di suo figlio solo una prova dei doni superiori di Kelley e grazie a grandi sacrifici riuscì a trovare il denaro necessario a persuaderlo a ritornare al suo posto. Alla fine giunse il giorno in cui non vi fu più denaro e allora Kelly decise definitivamente di sciogliere la società. In base a un resoconto, egli informò Dee che, per il bene della sua anima immortale, non poteva più fare accordi con gli spiriti e che essi erano spiriti del male e non del bene, e Mefistofele era il loro signore; e che, avesse continuato a trafficare con loro, Mefistofele lo avrebbe presto posseduto, anima e corpo. Un'altra versione - data dall'astrologo William Lilly che si dice sia stato consultato dagli amici di re Carlo I in merito a quale fosse il miglior tempo per quello sfortunato monarca per tentare di fuggire di prigione - dice che una bella mattina Kelly se la svignò alla chetichella, fuggendo con un frate propenso all'alchimia, il quale gli aveva promesso buone entrate. Quali siano i fatti di questa separazione finale dal suo sofferente padrone, è certo che, dopo una romantica carriera, in cui guadagnò il titolo di baronetto in Germania, Kelly fu schiaffato in prigione con l'accusa di frode e si ruppe il collo in un tentativo di fuga.
Dee, nel frattempo divenuto un uomo più triste sebbene non più saggio, era ritornato in Inghilterra, dove cominciò il difficile compito di recuperare le sue perdute fortune. Elisabetta gli sorrise come sempre e un Natale gli mandò un dono reale di duecento angeli in oro. Ma egli aveva bisogno più di una ricompensa occasionale; gli serviva l'assicurazione di un'entrata fissa e la possibilità di proseguire i suoi studi indisturbato dai fantasmi di lancinanti bisogni. Così, in un memoriale, "scritto con lacrime di sangue", come disse egli stesso, Dee supplicò la regina di incaricare una commissione affinché investigasse sul suo caso e analizzasse le prove che avrebbe prodotto per supportare il fatto che i suoi servizi alla nazione valessero una rendita. Prontamente la commissione fu incaricata e altrettanto prontamente iniziò il suo lavoro. Questo portò a ciò che Isaac Disraeli, forse il miglior biografo di Dee, ha descritto come "una scena letteraria di singolare novità".
Lasciatemela descrivere nelle poco note parole di Disraeli:
"Dee, seduto nella sua biblioteca" dice Disraeli, "ricevette i commissari reali. Furono preparate due tavole; su una giacevano tutti i libri che aveva pubblicato, compresi i suoi manoscritti incompiuti; il più straordinario era un'elaborata narrazione delle traversie della sua vita. Questo manoscritto fu letto dal suo segretario e mentre si procedeva, dall'altro tavolo Dee presentava ai commissari ogni prova. Esse consistevano nelle lettere reali ricevuto dalla Regina e da principi, ambasciatori e dalle più illustre persone d'Inghilterra e d'Europa; passaporti che tracciavano i suoi spostamenti e diari che annotavano i suoi arrivi e le sue partenze; concessioni, incarichi e altre rimarchevoli prove. E quando queste erano mancanti, si appellò a testimoni oculari.
Tra gli incarichi che aveva ricoperto, alluse particolarmente a un doloroso viaggio invernale, di più di millecinquecento miglia, per conferire con dotti medici sul Continente in merito alla salute di Sua Maestà. Egli mostrò le offerte di molti principi al filosofo inglese di ritirarsi presso le loro corti e la principesca sistemazione a Mosca offerta dallo zar; ma non aveva mai vacillato nella devozione verso il suo sovrano... Si lamentò che la sua casa a Mortlake fosse troppo pubblica per i suoi studi e scomoda per ricevere i numerosi letterati stranieri che si rivolgevano a lui. Di tutte le promozioni offerte, egli avrebbe scelto la signoria di St. Cross per il suo ritiro. Eccoci di fronte a un grande uomo che faceva grandi richieste, ma che riponeva dignità nelle sue pretese; le sue necessità erano urgenti, ma l'indigenza non apparteneva al suo spirito. I commissari, nell'ascoltare la sua biografia, devono aver spesso alzato gli occhi per la meraviglia sul venerabile e dignitoso autore davanti a loro."
Il loro rapporto fu conciso, diretto e completamente favorevole, inspirando la regina a dichiarare che Dee dovesse avere immediatamente la signoria di St. Cross. Ma i giorni si trasformarono in mesi, i mesi in anni e l'"immediatamente" di Elisabetta accora apparteneva al futuro. Per qualche ragione aveva perso ogni interesse nel ritornato Saggio di Mortlake. Ancora e ancora, Dee le inviò dei memoriali, una volta con una lettera per difendersi dall'accusa di praticare la stregoneria. La sua sola risposta fu di concedergli alla fine il non congeniale posto di Guardiano del Manchester College, da cui egli si ritirò dopo alcune mortificanti esperienze con funzionari minori. Né egli fece molto meglio col successore di Elisabetta. Precipitò sempre più in basso nella scala sociale, finché non fu costretto a vendere i suoi libri, uno a uno, per comprare il pane. E ancora, a causa della povertà, si spinse sempre avanti nelle sue avventure nel mondo invisibile. Se i suoi amici lo avevano abbandonato, avrebbe almeno avuto la compagnia degli "angeli". Man mano che le sue allucinazioni crescevano, il suo giovanile ottimismo ritornò. Avrebbe lasciato l'Inghilterra, avrebbe viaggiato attraverso il Continente e là avrebbe cercato uomini di mente come la sua. Con gioia, si preparò per il viaggio, ma mentre sistemava i bagagli e pianificava, venne la chiamata per un altro e più lungo viaggio. Nell'ottantunesimo anno della sua vita, il 1608, l'anziano sognatore divenne davvero un abitante del mondo degli spiriti.
Del suo posto nella storia dell'umanità non è facile scrivere in modo perentorio. Non ci sono dubbi che fosse completamente ossessionato da un'idea fissa. E non è possibile indicare un qualsiasi specifico contributo che egli fece all'avanzamento del sapere, a livello mondiale o altrimenti. Tuttavia è altrettanto certo che egli fu tutto tranne che negativo, in un'epoca risplendente per i suoi grandi uomini. Recitò la sua parte, per quanto erroneamente, nel risveglio intellettuale che diede tanto lustro ai tempi di Elisabetta e, per la sua sola prepotente curiosità e il suo inteso e infallibile ardore nel ricercare la verità di tutte le cose, naturali o soprannaturali, egli merita rispetto come precursore dello spirito scientifico che ai suoi giorni era flebilmente proteso a liberarsi dalla schiavitù della bigotteria e dell'intolleranza.
Note
Il testo riportato in questa pagina è stato estratto e tradotto dall'opera in pubblico dominio "Historic Ghosts And Ghost Hunters" di H. Addington Bruce, Edizioni Moffat, Yard & Company, New York, 1908. Traduzione italiana © 2013 Gianluca Turconi. Tutti i diritti riservati.
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