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Rieccoci qui.
Spero che la prima recensione vi abbia incuriositi al punto tale da avervi spinti a leggere il primo volume della saga, così da poter seguire con maggior facilità questa e le recensioni che verranno.
Ma veniamo subito alle cose importanti: La Dimora Fantasma.
Nel secondo volume del ciclo ci spostiamo nel sub-continente di Sette Città, all'interno (almeno inizialmente) dell'impero Malazan, poiché seguiamo nel loro viaggio il giovane ladro Crokus, la "ex-Dolente" Apsalar, il Violinista e il Caporale Kalam. Ufficialmente il quartetto dovrebbe ricondurre a casa la ragazza, ma nei libri di Erikson, come ormai avrete capito, gli obiettivi semplici nascondono scopi più complessi, che a loro volta sono la facciata di scopi segreti, che si rivelano parti di manovre segretissime, in un gioco di scatole cinesi che riesce sempre a sorprendere o, se si ha sufficiente arguzia nel comprenderli in anticipo, a divertire.
Ecco dunque che Kalam si distacca quasi subito dal gruppo, e il terzetto rimanente guidato dal Violinista si avventura invece nel Deserto di Raraku. Entrambi gli Arsori di Ponti sono infatti coinvolti in un piano di Ben lo Svelto che li condurrà alla stessa destinazione tramite vie diverse, ma di questo non vi dico di più.
Contemporaneamente il romanzo ci introduce una folla di nuovi personaggi che si muovono in questi territori. Proprio nel Deserto Sacro di Raraku, infatti, la Veggente Sha'ik sta per dare inizio alla rivolta detta "Vortice di Vento", con lo scopo di liberare Sette Città dal dominio Malazan. Buona parte del romanzo si sviluppa intorno a questa rivolta, poiché nel momento che cade la città di Hissar, il nuovo Pugno Coltaine è costretto a far ritirare le truppe a sud e, soprattutto, a scortare la popolazione Malazan che viveva in città. L'obiettivo è mettersi in salvo ad Aren, lì dove i fuggiaschi saranno al sicuro dalle armate ribelli. Ha inizio così il cammino della "Catena dei Cani", un vero e proprio esodo che il lettore vive tramite gli occhi dello storico Duiker, tra battaglie estenuanti e un percorso senza fine in territori aspri e pericolosi.
Tra le sabbie di Raraku però sono in viaggio anche Icarium e Mappo. Queste due figure sono molto particolari: il primo è uno Jhag, un mezzo-Jaghut, di enorme potenza, ossessionato dai congegni temporali e soprattutto dal proprio passato, che purtroppo non ricorda. Mappo invece è un Trell (un umanoide alto e peloso) che lo aiuta, ma per oscure ragioni cerca di evitare che l'amico riguadagni la memoria. Sono alla ricerca del misterioso Sentiero delle Mani, un cammino al cui termine si dovrebbero celare molte risposte, ma il loro percorso è costantemente assediato da Soletaken e D'ivers, trasmutatori di forma.
Scopriamo intanto che, dopo la dipartita dell'Aggiunto Lorn, la sorella Tavore del Capitano Paran ha assunto la carica di Aggiunto dell'Imperatrice in modo aspro e violento. Per dimostrare la propria forza d'animo e ripulire l'onore di famiglia (ufficialmente sporcatosi proprio con il tradimento di Paran, alleatosi con il Gran Pugno Dujek, proscritto dall'Imperatrice Laseen), Tavore, nel corso di un "pogrom" di nobili necessario per aumentare ulteriormente il potere della stessa Laseen, fa arrestare anche la propria sorella minore, Felisin. Quest'ultima viene così spedita ai lavori forzati ai margini del Deserto Otataral e qui è costretta a scendere a tristi compromessi per sopravvivere. Ma questa sfortuna è solo il principio di una parte molto importante del disegno complessivo: Felisin, infatti, durante la prigionia conosce l'ex-sacerdote Heboric e il misterioso Baudin, e con loro riesce a fuggire.
Questi quattro filoni principali, con il procedere del romanzo, si fondono tra loro, con colpi di scena non indifferenti che, per ovvie ragioni, non vi rivelo.
Cosa non ho apprezzato
Il primo volume mi era piaciuto soprattutto per la vertiginosa velocità della trama. Avevo detto nella prima recensione che Erikson non si dilunga in inutili indugi tipici del fantasy, andando invece sempre dritto al punto degli eventi. Purtroppo, al contrario, in molte parti di questo secondo libro non è così, e l'autore si concede eccessivi approfondimenti. Se da un lato i personaggi ne guadagnano in spessore, dall'altro ci si ritrova anche a leggere di eventi in cui non si può fare a meno di chiedercisi quale utilità abbiano. Soprattutto il cammino della Catena dei Cani è estenuante non solo per i personaggi, ma anche per il lettore, che nella parte centrale del testo deve sorbirsi alcune scaramucce che aggiungono quasi solo pagine e nessun reale contenuto narrativo. L'eccessivo approfondimento su quella parte di trama mi è parso inoltre molto squilibrato, poiché la prima metà della marcia prende quasi seicento pagine (mostrando appunto scontri in cui la conclusione è sempre, più o meno, scontata), mentre la seconda metà si risolve in meno di duecento pagine e accelera in vista del finale, superando in fretta battaglie che invece sarebbe stato interessante leggere con più calma.
Cosa ho apprezzato
Erikson è archeologo e antropologo, e in questo romanzo dimostra completamente il proprio spessore culturale. La visuale che ha delle battaglie e delle questioni politiche non è mai "da fantasy", non si risolve mai in semplici dispute tra "buoni e cattivi", ma lascia sempre trapelare una molteplicità di punti di vista dal sapore realistico e pienamente storico. Le guerre, nel suo mondo, non si risolvono con un singolo scontro distruttivo (in stile "Signore degli Anelli" per intenderci), bensì sono cataclismi che durano mesi e anni, e che coinvolgono migliaia di persone di posti molto distanti.
Inoltre, a differenza del primo volume in cui, pur essendoci un'ottima trama avvincente, mancavano grandi colpi di scena, stavolta il libro è cosparso di rivelazioni ed eventi sorprendenti. Alcuni sono clamorosi e fanno letteralmente balzare sulla sedia, altri invece sono molto sottili, e sono studiati per soddisfare il lettore più arguto, quello attento anche ai piccoli dettagli.
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