OScar Wilde.
L'unico romanzo di Oscar Wild, Il ritratto di Dorian Gray (1891), è un superbo esempio di narrativa gotica tardo-vittoriana. Si colloca al fianco de Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde (1886) di Robert Louis Stevenson e Dracula (1897) di Bram Stoker come rappresentazione dei modi in cui la letteratura di fine secolo esplorò i più oscuri recessi della società vittoriana e i spesso disturbanti desideri privati che si nascondevano dietro accettabili facciate pubbliche. Il romanzo esamina anche la relazione tra arte e realtà, evidenziando l'inquietante interazione tra etica ed estetica così come i legami tra l'artista, il suo soggetto e l'immagine risultante sulle tele.
Il terribile piacere di una doppia vita
L'idea di una doppia vita - recitare un ruolo esternamente rispettabile mentre internamente si persegue un'esistenza che oltrepassa i confini del comportamento accettabile - è centrale nella trama del romanzo. Dorian Gray, una volta divenuto cosciente che il suo ritratto porterà i segni della sua corruzione - lasciando perciò intatto il suo reale aspetto - si sente libero di ignorare la pia moralità che pervadeva l'era vittoriana. Come il Dr. Jekyll ne Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Stevenson, Dorian è capace di dedicarsi alle sue corrotte attività sapendo che la sua rispettabile reputazione e l'aspetto senza difetti lo proteggeranno dalle accuse di depravazione. La sua abilità di avere il meglio di entrambi i mondi - la persistente approvazione dei suoi pari e la capacità di soddisfare i suoi più bassi desideri - diventano un'importante parte del suo fascino agli eventi mondani. Quando partecipa a un ritrovo sociale solo poche ore dopo aver commesso un omicidio, ci viene detto che Dorian "sentiva intensamente il terribile piacere di una doppia vita" (cap. 15).
L'amico di Dorian, Lord Henry, chiarisce questo legame tra il cittadino rispettabile e il criminale quando osserva: "Il crimine appartiene esclusivamente alle classi inferiori. Non li incolpo affatto. Devo ammettere che il crimine è per loro ciò che l'arte è per noi, semplicemente un metodo di procurarsi sensazioni straordinarie" (cap. 19). Dorian, con le sue visite alle fumerie di oppio e il deliziarsi dell'alta cultura, combina il criminale e l'esteta, la vera definizione di "decadenza" distillata in una singola persona e un disturbante esempio di divisione tra una sana immagine pubblica e una furtiva vita privata.
Etica ed estetica
Mentre molta parte de Il ritratto di Dorian Gray si diletta del bello e dell'intossicante indulgenza dei sensi - per esempio il paragrafo d'apertura del romanzo descrive gli inebrianti piaceri derivanti dai profumi delle rose e dei lillà si può sostenere che Wilde non intendesse il suo libro come una celebrazione della decadenza o una favola sui pericoli dei suoi eccessi. Come Wilde affermò nella prefazione al suo romanzo "Non esiste un libro morale o immorale. I libri sono scritti bene o male. Questo è tutto". In altre parole, qualsiasi disgusto morale o piacere indiretto derivante dal libro si riflette più su noi lettori che non sul romanzo stesso. Il libro è un racconto, puro e semplice. Siamo noi lettori che lo forziamo a portare il peso di una dimensione morale.
L'idea che riposava dietro l'Estetica, la controversa teoria dell'arte appena divenuta di moda a quel tempo, era che l'arte dovesse essere giudicata puramente per la sua bellezza e forma piuttosto che per un sottostante messaggio morale ("l'arte per amore dell'arte"). Ciò è esemplificato nel romanzo dal dandy Lord Henry Wotton. Lord Henry sostiene che la ricerca edonistica di nuove esperienze sia il primo obbiettivo della vita. Dal suo punto di vista "non esiste prezzo troppo alto per qualsiasi sensazione" (cap. 4). Dorian, sebbene sedotto dai bisbigli velenosi di Wotton, è sempre più interessato alle conseguenze morali del suo comportamento. Rimane in piedi davanti al suo ritratto decadente, a comparare la degradazione morale rappresentata nel dipinto a olio con l'incontaminata innocenza riflessa dallo specchio. Il contrasto gli dà un brivido di piacere: "Egli divenne sempre più innamorato della sua bellezza, sempre più interessato alla corruzione della propria anima" (cap. 11). Dorian - attraverso il suo desiderio di rimanere bello mentre il dipinto porta il peso della sua corruzione - confonde i confini tra arte e vita, estetica ed etica. Il dipinto è fatto per servire a scopo morale, venendo trasformato da un oggetto di bellezza in una vile testimonianza di colpa, qualcosa di "bestiale, fradicio e impuro" (cap. 10). Questa corruzione della figura forse costituisce, per l'esteta, il più grande crimine di Dorian, vale a dire la distruzione di una bella opera artistica.
La prima "scandalosa" edizione de "Il ritratto di Dorian Gray".
Dipinti e origini
I dipinti giocano spesso un ruolo sinistro nella narrativa gotica. Il primo romanzo gotico, Il castello di Otranto (1764) di Horace Walpole, include una figura che esce da un dipinto ed entra nella realtà, mentre Melmoth il vagabondo (1820) scritto da Charles Maturin, prozio di Oscar Wilde, descrive l'inquietante sguardo di un ritratto che segue lo spettatore attraverso la stanza. Il quadro nascosto nella soffitta di Dorian può essere il più disturbante ritratto nel libro di Wilde, ma non è la sola tela che fornisce un'indicazione del comportamento di Dorian. A un certo punto Dorian attraversa la galleria di quadri della sua casa di campagna, guardando i ritratti dei suoi antenati: "il cui sangue scorreva nelle sue vene". Le facce tetre e voluttuose ricambiano il suo sguardo, facendo domandare a Dorian se "qualche strano germe velenoso avesse strisciato di corpo in corpo fino a raggiungere il suo" (cap. 11). Ciò pone la questione se Dorian sia libero di determinare le proprie azioni e quindi sia interamente responsabile per il proprio comportamento, o se le sue azioni siano dettate dall'eredità genetica. Un'eredità, come indicano le facce dei suoi antenati, "di peccato e vergogna". L'eminente patologo mentale Henry Maudsley scrisse nel suo libro Patologia della Mente (1895): "Dietro ogni faccia ci sono le facce latenti degli antenati, dietro ogni carattere i loro caratteri". Quest'idea sembra essere già presente in molta narrativa gotica, incluso il romanzo di Wilde.
Il ritratto di Dorian Gray fornisce un resoconto "gotico" standard della azioni di Dorian - il ritratto sovrannaturale e i lascivi antenati che lo fissano dai loro quadri - ma anche una giustificazione scientifica all'avanguardia per i suoi desideri depravati, cioè l'importanza del retaggio nel determinare il comportamento. Dorian assomiglia fisicamente alla madre, ha ereditato da lei "la sua bellezza e la sua passione per la bellezza degli altri" (cap. 11), mentre quando la sua corruzione accelera, il contorto ritratto nella soffitta di Dorian rassomiglia sempre più al suo malvagio nonno. Quest'ultima idea suggerisce che Dorian sia tanto un caso di studio scientifico quanto uno morale. In tutto il libro Lord Henry tratta Dorian come un bel soggetto su cui sperimentare - parzialmente attraverso il suo incoraggiamento di Dorian a perseguire una filosofia del piacere e parzialmente tramite un richiamo all'evoluzione sociale - un desiderio di abbandonare i vincoli della moralità vittoriana sulle basi che il peccato e la coscienza sono sorpassati concetti primitivi da spazzare via nella ricerca di nuove sensazioni. Lord Henry colloca il progresso nel superamento dei timori ereditari: "Il coraggio non appartiene più alla nostra razza... Il terrore della società, che è alla base della morale, il terrore di Dio, che è il segreto della religione, queste sono le due cose che ci governano" (cap. 2). Il suo richiamo alla gioventù è un richiamo al coraggio. Il fallimento finale di Dorian nell'essere all'altezza degli ideali di Lord Henry è dovuto alla sua incapacità di sfuggire alla sua coscienza rappresentata nel ritratto. Tentando di distruggere il dipinto e quindi di liberare se stesso dal costante ricordo della propria colpa, egli, in definitiva, riesce solo a distruggere se stesso.
Oscar Wilde e Dorian Gray
Il ritratto di Dorian Gray apparve per la prima volta nel numero di luglio 1890 del Monthly Magazine di Lippincott e immediatamente causò una protesta dovuta ai percepiti riferimenti al desiderio omosessuale. La recensione sullo Scot's Observer descrive memorabilmente il libro come essere stato scritto per "nobili fuorilegge e pervertiti telegrafisti" - un riferimento a un recente scandalo che coinvolgeva un bordello omosessuale in Cleveland Street, a Londra. In risposta a tale critica ostile, Wilde modificò considerevolmente il testo e una più lunga versione del libro, dai toni notevolmente abbassati, fu pubblicata da Ward Lock and Co. nell'aprile 1891. È questa versione successiva che forma il testo standard del romanzo. Anche così, la versione di Lippincott fu usata dal legale dell'accusa come prova contro Wilde in due dei suoi processi, nel tentativo di mostrarlo colpevole di "una certa tendenza". Per molte persone Oscar Wilde l'artista - con la sua appariscente immagine pubblica e la sua vita privata segreta - e il suo romanzo con le due differenti versioni e il suo duplice personaggio centrale, si rispecchiavano l'un l'altro dall'inizio.
Notizie sull'autore
Greg Buzwell è curatore delle Printed Literary Sources, 1801 - 1914 alla British Library; è stato anche co-curatore di una grande mostra sulla letteratura gotica, Terror and Wonder: The Gothic Imagination, che si è tenuta dall'ottobre 2014 al 20 gennaio 2015. La sua ricerca si focalizza principalmente sulla letteratura gotica vittoriana della fine del XIX secolo. Ha anche curato una collezione delle storie di fantasmi scritte da Mary Elizabeth Braddon, The Face in the Glass and Other Gothic Tales, pubblicate nell'autunno 2015.
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Il testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0 International, © Greg Buzwell. Traduzione italiana © 2016 Gianluca Turconi.Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.