Terrore o orrore, due reazioni a confronto - Prima parte

a cura di Maurizio Garreffa

Analisi di approfondimento per queste due reazioni umane tanto dal punto di vista filosofico e psichiatrico quanto nella loro espressione pratica in campo letterario e cinematografico.

"Se volete non aver paura di nulla, dovete credere che tutto possa farvi paura."
(Seneca)
"La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell'ignoto."
(Lovecraft)

Primo passo: il perturbante.

Qualche tempo fa mi sono chiesto: terrore o orrore? Ho cominciato a raccogliere alcune informazioni, soprattutto nei libri che avevo letto e nei manuali che avevo sfogliato, trovando in quelle pagine spunti interessanti. Alla fine, quella che vi propongo è una mia personale disamina dei due termini attraverso i tortuosi sentieri della letteratura, della psicologia e della filosofia. Questa vuol essere soltanto una chiacchierata: forse un po' noiosa, ma necessaria.

Un essere mostruoso coperto di peli, bagnato di bava filamentosa e gelatinosa e con un odore di mare in putrefazione, si stampa sulla finestra del nostro studio. Il rumore che manda è uno squasc molle e vibrante. Dalle mani spuntano unghie giallognole e rosicchiate che rigano il vetro con un assordante raschiare. Dalla sua bocca esce un urlo che è la somma di tutte le grida del mondo.

Terrore o orrore?

Facciamo un passo indietro e torniamo a parlare di paura. Quest’ultima nasce da un incontro inaspettato con qualcosa che è altro da noi, con un qualcosa che viene concepito come minaccioso dal nostro equilibrio e dunque inteso come pericoloso per la nostra esistenza. L'altro-da-noi è, quasi sempre, l'ignoto nelle sue varie forme (fisiche o psicologiche). In questo senso ci viene incontro Sigmund Freud con il suo celebre articolo "Das Unheimlich" pubblicato nel 1919, dove tratta per la prima volta il termine perturbante. Il significato che Freud conferisce alla parola "perturbante" è da rilevarsi nella paura di un elemento ben noto e radicato da tempo nella psiche e che per svariati motivi riemerge alla luce dopo che il processo di rimozione lo aveva preso e messo in un angolino nascosto della testa (spesso dovuto alla presenza di residui infantili nella psicologia dell'adulto. L'elemento infantile è infatti un frammento importante della teoria di Freud).

"Non c'è dubbio che esso (il perturbante) appartiene alla sfera dello spaventoso, di ciò che ingenera angoscia e orrore, tanto che quasi sempre coincide con ciò che è genericamente angoscioso. E' lecito tuttavia aspettarsi che esista un nucleo particolare che giustifichi l'impiego di una particolare terminologia concettuale. Ciò che vorremmo sapere è: che cos'è questo nucleo comune che consente appunto di distinguere, nell'ambito dell'angoscioso, un che di perturbante".

"È detto unheimlich tutto ciò che potrebbe restare segreto, nascosto, e che è invece affiorato" ci conferma Schelling. Freud lavora su questo termine perché insoddisfatto del precedente significato di unheimlich, da lui considerato limitativo: un certo Jentsch, infatti, concludeva il suo saggio sull'unheimlich affermando che era sinonimo di "inconsueto". Freud, invece, elabora una teoria completamente diversa e più complessa. La contrapposizione di base che propone è tra gli aggettivi heimlich o heimisch (familiare, confortevole e nativo, dalla particella heim = casa) e unheimlich (per l'appunto il perturbante che ci fa spavento perché non è familiare). È una parola strana e unica nel suo genere, per via della sua ambiguità semantica e le diverse sfumature di significato, tanto che in nessun altro vocabolario europeo si trova un termine simile da potergli accostare. Addirittura, nel vocabolario tedesco (per la cronaca, Freud fa riferimento al dizionario di lingua tedesca di Daniel Sanders), alla voce heimlich compaiono due significati principali:

  1. appartenente alla casa, non straniero, familiare, domestico, fidato e intimo.
  2. tenuto lontano da occhi indiscreti, nascosto in modo da non farlo sapere ad altri o da non far sapere la ragione per cui lo si intende celare. (Heimlich è anche avvicinato al mondo della magia e al mondo sotterraneo).

Si capisce così che il termine ha una doppia accezione, quella dell'agio e quella del nascondere.

Riassumendo, è una parola ambivalente, ambigua. Ed ecco l'affascinante sfumatura: il significato di heimlich arriva a coincidere e a sovrapporsi con il suo contrario e negazione, unheimlich, quando appunto lo si intende come "tutto ciò che dovrebbe restar segreto, nascosto e che invece è affiorato" come dice il già citato Schelling. Spaventoso e familiare sono due termini ossimorici e il perturbante scaturirebbe dal loro incontro: perturbante, però, non è equivalente a spaventoso e neppure il contrario di familiare. Pertanto: il perturbante, ciò che porta angoscia, è un non-familiare, qualcosa che assomiglia al nostro ambiente domestico ma che in realtà cela in sé un che di straniero, sconosciuto, enigmatico. Parlare di questi termini nel nostro caso è importante se ci riferiamo a storie di paura: tra i principali fenomeni che secondo Freud hanno un effetto perturbante ci sono infatti le tematiche della morte; le forme del doppio (vale a dire il bifrontismo. Freud fa sua la teoria di Otto Rank, presente in "Der Doppelgänger", secondo la quale il duplice è qualcosa che sovrasta l'io portando angoscia: di fronte ad un sosia riemerge con violenza ciò che era stato rimosso); la malattia psichica (mi vengono in mente i racconti di Edgar Allan Poe). Oppure, il perturbante sorge di fronte ad un'incertezza intellettuale, vale a dire quando ci troviamo di fronte a fenomeni per i quali in passato abbiamo avuto dubbi sulla loro natura e che avevamo risolto con spiegazioni razionalistiche, le quali in questo momento non ci danno più garanzie (Freud, 1919). Il perturbante è dunque quel qualcosa di nuovo che ci suscita diffidenza e dunque paura, appunto perché è altro da noi e da ciò che conosciamo.

È quel particolare in più che stona nel quadro generale.

Renato Barucco, che ha dedicato una tesi sul perturbante, lo descrive come "il segreto violato", con questa spiegazione: "l'unheimlich è stato in passato qualcosa di familiare (prima accezione di heimlich), poi la rimozione lo ha reso nascosto (heimlich, seconda accezione). La sua attualizzazione nell'hic et nunc genera l'effetto perturbante, l'unheimlich, il segreto violato." ("Il perturbante delle trasformazioni corporee nel cinema", R. Barucco, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 2003). Per catturare l'attenzione del lettore di oggi, in ogni caso, lo scrittore non può più ricorrere come in passato alla descrizione di luoghi orrorifici, apparizioni apocalittiche e altre mostruosità ma, come dice Henri James nel 1865, "deve giocare il suo gioco sapiente di seduzione introducendo una nuova alchimia: 'i misteri che si trovano alle nostre porte'". Più realtà dunque, più familiarità a tinte chiaroscuranti: il successo di una storia si avrà quanto più è collegata con gli oggetti quotidiani della nostra normale esistenza. D'altra parte, rendere il concetto del perturbante nella narrativa di oggi non è semplice, dipende dalla bravura dell'autore e dalla capacità (o dall'interesse) del lettore di farsi coinvolgere nell'opera: se il contesto della storia è credibile, nel momento in cui caratterizziamo un evento perturbante creeremmo un effetto paura davvero realistico (a differenza, come precisa Barucco, di ciò che accade nelle favole).

Il cinema, in questo campo, è molto vicino alla letteratura. Nel mondo del cinema esiste il cosiddetto effetto tecnico della "sutura" (Gabbard, 1999), ossia il montaggio chirurgico delle immagini del film:

"L'operazione consiste nel far vivere allo spettatore la storia rappresentata in maniera predeterminata, sfruttando la sequenza di inquadrature che limita il campo visivo a ciò che si vuole venga visto. Lo spettatore si lascia guidare senza difese in questo mondo di scorci già decisi, si abbandona alla trama tessuta dal regista." (R. Barucco, 2003)

Pertanto, il regista sa come creare un effetto perturbante nello spettatore. E parlando di storie di paura e di cinema, non posso non pensare a Stephen King e a Kubrick. Il film "The Shining" (1980) lascia sperduto il proprio spettatore senza alcuna possibilità di difesa: tutto grazie ad una serie di errori o sviste che invece errori e sviste non sono, sono scelte volute, create dal regista per smarrire il pubblico in maniera progressiva. In "Cause di errori", una tesi di Simone Parnetti, si ha un quadro generale di come si possa perturbare in maniera sapiente e di come lo abbia fatto Stanley Kubrick. E dal momento che ho visto il film (uno dei primi che ho visto del regista), posso confermare quanto segue. Nella pellicola ci sono molte inquadrature "sbagliate".

  1. L'ombra dell'elicottero che sta effettuando le riprese. Ha una durata di due secondi, difficile da notare;
  2. la successiva veduta totale dell'Overlook Hotel, in Colorado, non mostra il labirinto, che eppure c'è e lo si nota in altre vedute dal basso. La differenza è anche tra il labirinto reale e il plastico nell'albergo;
  3. durante il secondo viaggio verso l'Overlook, l'immagine è ribaltata: lo strapiombo è alla destra dell'auto e la parete di roccia a sinistra, non il contrario. Parnetti è quasi certo che questa immagine sia stata creata capovolgendo il negativo della pellicola;
  4. nel proseguo del film, la macchina da scrivere del protagonista cambia colore. I cardini delle porte cambiano lato da un'inquadratura all'altra. I personaggi modificano sensibilmente la loro posizione;
  5. dopo che Jack Torrance ha spaccato la porta del bagno con l'accetta, infila la mano nella fenditura per abbassare la maniglia. Wendy lo ferisce con un coltello e Jack grida di dolore togliendo la mano. Di seguito ci sono diverse sequenze che staccano quella scena, e hanno la durata di appena 18 secondi. Quando si ritorna all'Overlook Hotel, Wendy e Jack sono nelle stesse posizioni (ovviamente), ma la porta ha due spaccature, non una. Ora il pubblico comincia ad avvertire serio smarrimento se non un piccolo choc.
"Lo spettatore precipita, perde totalmente la certezza di una visione-controllo sul labirinto del film. Credeva di scorgerne l'uscita, o perlomeno il centro. Vi cade dentro, vi resta invischiato. Ciò che seguirà servirà solo a confonderlo maggiormente. Alla fine si sentirà in compagnia di Jack, gelato da un finale inatteso. Ci pare adesso ben evidente il motivo della scelta di accompagnare il film ad una serie di errori volontari: la crescita della loro evidenza destabilizza l'ordine ricercato dallo spettatore. Il sistema-film cede sotto il peso delle imperfezioni volute, come crolla ogni logica razionale nella ricerca di una plausibile spiegazione. E si crea terrore.." (Simone Parnetti)

Questo mi piace: e si crea terrore. Soprattutto, si produce mistero.

La prova della riuscita del regista, sta nel fatto che la paura si sperimenta soprattutto di fronte all'incomprensione, alla perdita di se stessi nel labirinto del racconto. Ho citato questo capolavoro di Kubrick, proprio perché nella sua tesi, Simone Parnetti scrive che uno dei punti di partenza nella stesura della sceneggiatura è stato il saggio sul perturbante di Freud: gli errori del film dovevano restare nascosti (dice, con un velo di ironia), invece sono apparsi con sempre maggiore evidenza, provocando smarrimento e dando vita al perturbante. Un altro motivo per cui ho voluto parlare di questo film, sta nel fatto che Kubrick (a mia avviso) ha svolto un vero e proprio lavoro di seduzione. Cioè, The Shining mette in pratica le parole di Henri James sopra citate: "(l'autore) deve giocare il suo gioco sapiente di seduzione introducendo una nuova alchimia". In fondo Kubrick non mette in scena niente di particolarmente orribile o terrificante, eppure il senso di disagio che provoca è esemplare (un po' come ne "Le iene" di Tarantino: la scena del taglio dell'orecchio non si vede eppure si percepisce così tanto che è come se si vedesse il sangue colare e la cartilagine venire via).

Tuttavia, ci sono altri esempi di cinematografia dove potremmo trovare un effetto perturbante: per esempio "Eyes Wide Shut" (dove, tra l'altro, troviamo ancora il ribaltamento speculare dell'immagine), collegato al film più recente di Marco Bellocchio dal titolo "L'ora di religione". In Eyes Wide Shut, il dottore dalla faccia da bambino William Harford (interpretato da Tom Cruise) si trova di fronte a sua moglie Alice (Nicole Kidman) che gli confessa che lo avrebbe lasciato per un altro, che avrebbe lasciato la figlia e tutto il resto. Nella sequenza con il volto cristallizzato di Bill, l'angoscia è muta: lui, infatti, non riesce a rispondere, anche perché gli squilla il cellulare; risponde invece il pittore Ernesto Picciafuoco (interpretato da Sergio Castellitto) dopo che l'enigmatico cardinale gli ha appena annunciato la canonizzazione della madre: "Lei mi ha dato una notizia incredibile, del tutto estranea alla mia vita". Da quel momento, Cruise/Bill e Castellitto/Ernesto saranno costretti a fare un viaggio nel loro inconscio: il collante, ancora una volta, è proprio Sigmund Freud.

"In questo caso, è unheimlich la famiglia. Castellitto, all'incredibile notizia che lo ha visto tenuto all'oscuro appunto dalla sua stessa famiglia si sente salire un conato di angoscia che era ormai sopito nell' "endosfera" del suo inconscio, riemergendo lo costringe a riconsiderare e a riaffrontare ciò che era stato rimosso. A riformulare e a ricercare nuove risposte a domande da tempo sdoganate: il suo ateismo, il rapporto con la religione, con la madre, con il padre. Ernesto Picciafuoco dovrà rivedere se stesso (...), ridomandarsi e dunque rispondersi."

Mi pare che l'interessante questione del perturbante sia chiara.

Il passo successivo, ossia quello a cui volevo arrivare, è: qual è la reazione di fronte al perturbante?

Per l'appunto: terrore o orrore?

Fonti e letture consigliate:

S. Freud, Il perturbante (trad. it. di Das Unheimlich a cura di Cesare L. Musatti), ed. Theoria, Roma-Napoli 1984, p.16.
G. Dello Buono, Una nota su terrore e orrore come tecniche narrative e fatti sociali, Dismisura - versione aperiodica on line, Fantasmatico, anno XXVIII, n°120.
R. Ceserani, Ernst Jentsch, La narrazione fantastica (in appendice: Sulla psicologia dell'Unheimliche, trad. di Zur Psychologie das Unheimlichen), Collez. "La porta di corno", ed. Nistri-Lischi, Pisa 1983.
D. Hendel Sanders, Handworterbuch des deutschen Sprache, Leipzig-Wigand 1878 (o cfr. dizionario Muret-Sanders).
O. Rank, Il doppio: il significato del sosia nella letteratura e nel folklore (trad. it. di Der Doppelgänger), Collez. Tasco, Carnago (Va) - Sugarco 1994.
R. Barucco, Un corpo altro - Il perturbante delle trasformazioni corporee nel cinema, tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, corso di Psicologia, 2003.
H. James, Giro di vite, ed. Newton&Compton, Roma 2004.
G. O. Gabbard, K. Gabbard, P. Pancheri, Cinema e psichiatria, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999.
S. Parnetti, The Shining e la sua organizzazione spazio temporale, tesi di laurea, Università degli studi di Siena, corso di laurea in Lettere Moderne, 2003.S. Ciaruffoli.
Stanley Kubrik - Eyes Wide Shut, ed. Falsopiano, Collez. Light, Alessandria 2003.

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